22 marzo, World Water Day: diritto e sicurezza in gocce
Scritto da Raffaella Quadri in data Marzo 22, 2024
Sono trascorsi oltre trent’anni da quando, nel 1992, le Nazioni Unite istituirono una ricorrenza che celebra l’elemento più prezioso del pianeta. Una risorsa preziosa per tutti noi, preziosa per la vita: l’acqua.
Da allora, il 22 marzo di celebra il World Water Day, la Giornata mondiale dell’acqua, che quest’anno è dedicata al tema “Sfruttare l’acqua per la pace”.
Acqua potabile: un diritto a rischio
Il tema dell’acqua e dell’accesso alle risorse idriche è quanto mai attuale.
Dalla Conferenza sull’acqua delle Nazioni Unite del 2023 era emersa la necessità di accelerare i progressi sull’SDG 6, l’obiettivo di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 che prevede di «garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie».
Un obiettivo raggiungibile − secondo le UN-Water, il meccanismo di coordinamento delle Nazioni Unite su acqua e servizi igienico-sanitari – in quanto il pianeta ha sufficienti risorse per permettere a tutti di poter avere acqua potabile.
Tuttavia per diverse ragioni – alcune economiche, altre politiche – ancora oggi milioni di persone non hanno accesso sicuro a questa preziosa risorsa.
Addirittura, l’ONU stima che entro il 2050 possa soffrire di carenza duratura o ricorrente di acqua potabile ben una persona su quattro.
Tra i problemi evidenziati dalle Nazioni Unite c’è anche la questione delle acque di scarico prodotte da attività umane che sono immesse, per ben l’80% del totale, nei fiumi o nei mari senza che siano state trattate da sistemi di depurazione. Senza contare che il 70% circa delle acque estratte proprio da fiumi, laghi e acquedotti è utilizzata per irrigare i campi.
I dati dell’ONU sull’acqua:
- 80% di acque di scarico sono riversate in fiumi e mari
- 70% di acque per irrigare provengono da fiumi, laghi, acquedotti
- milioni di persone non hanno accesso ad acqua potabile
- una persona su quattro nel 2050 soffrirà carenza di acqua
Acque reflue urbane per irrigare? Sì, monitorandole in real-time
Proprio su questo tema Enea, in collaborazione con il Gruppo Hera, ha ideato e installato un nuovo sistema di monitoraggio delle acque reflue depurate che permette di verificarne l’idoneità all’irrigazione.
Il sistema – che rientra nell’ambito dei progetti PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) – è in grado di agire in tempo reale verificando la carica batterica dell’acqua.
Poter monitorare e misurare così rapidamente le condizioni delle acque usate per l’irrigazione, permette un altrettanto immediato intervento in caso di anomalie.
Basti pensare che può individuare batteri come Escherichia coli per via enzimatica in meno di due ore. Come spiegano all’Enea, generalmente le procedure ufficiali richiedono per la stessa individuazione almeno ventiquattro ore.
Non solo, il sistema di monitoraggio di Enea permette anche di stimare la quantità dei nutrienti che l’irrigazione apporta ai campi, in questo modo si può razionalizzare e ottimizzare anche il ricorso ai concimi sintetici.
Installazione a Cesena
Il nuovo sistema è stato installato presso l’impianto di trattamento delle acque reflue urbane di Cesena, in Emilia Romagna, del Gruppo Hera: permetterà di utilizzare queste acque in sicurezza per scopi agricoli, tutelando la salute pubblica.
«Il riutilizzo irriguo delle acque reflue depurate rappresenta una pratica da perseguire in ottica di chiusura del ciclo della risorsa idrica come misura di contrasto alla riduzione della disponibilità di acqua, soprattutto in corrispondenza dei sempre più frequenti periodi di siccità», dichiara Luigi Sciubba del Laboratorio Enea di Tecnologie per uso e gestione efficiente di acqua e reflui, in una nota stampa dell’agenzia.
Un passo in più verso la chiusura dei cicli, che permette il riutilizzo delle risorse evitando gli sprechi, e per il contrasto alla siccità.
Foto in copertina: Dulce – Pixabay
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