Chi trasforma i giornalisti in terroristi

Scritto da in data Agosto 20, 2025

Secondo tre fonti dell’intelligence, scrive  Yuval Abraham su +972 Magazine in collaborazione con Local Call, l’esercito israeliano ha creato e gestito un’unità speciale chiamata “Cellula della Legittimazione”, incaricata di raccogliere informazioni da Gaza per rafforzare l’immagine di Israele sui media internazionali.

Fondata dopo il 7 ottobre, la cellula ha il compito di cercare prove sull’uso da parte di Hamas di scuole e ospedali per fini militari, e di documentare i lanci falliti di razzi da parte di gruppi palestinesi che colpivano civili.

Tra le sue missioni, anche quella di identificare giornalisti a Gaza da dipingere come agenti sotto copertura di Hamas, nel tentativo di smorzare lo sdegno internazionale per l’uccisione di reporter da parte dell’esercito israeliano — l’ultimo dei quali è stato Anas Al-Sharif di Al Jazeera, ucciso in un raid aereo la scorsa settimana.

Non sicurezza, ma propaganda

Le fonti hanno chiarito che la motivazione della Cellula non è legata alla sicurezza, ma alle pubbliche relazioni. Spinti dalla rabbia per i giornalisti di Gaza che “sporcavano il nome di Israele davanti al mondo”, i membri dell’unità sono ansiosi di trovare un reporter da collegare a Hamas per giustificarne la messa nel mirino.

Un ex agente ha spiegato che il modello è sempre lo stesso: ogni volta che sui media internazionali si intensificano le critiche contro Israele, la Cellula viene incaricata di individuare materiale declassificabile da diffondere per contro-narrare.

“Se i media parlano di Israele che uccide giornalisti innocenti, subito si cerca un giornalista che forse non è così innocente — come se questo rendesse accettabile l’uccisione degli altri venti”, ha detto una fonte.

L’input politico e i canali con Washington

In più di un’occasione, a orientare il lavoro della Cellula è la leadership politica israeliana, che indica le aree d’interesse da privilegiare. Le informazioni raccolte vengono trasmesse regolarmente anche agli Stati Uniti.

Secondo le fonti, l’idea è di raccogliere intelligence utile per la hasbara — ad esempio un deposito di armi nascosto in una scuola — così da garantire a Israele la legittimità internazionale per continuare la guerra e assicurarsi che paesi come gli USA non interrompano la fornitura di armi.

Manipolazioni e falsi bersagli

Almeno in un caso, la Cellula avrebbe distorto prove di intelligence per dipingere un giornalista come membro dell’ala militare di Hamas. “Volevano etichettarlo come terrorista, dire che era giusto attaccarlo. Ma alla fine si è scoperto che era davvero un giornalista”, ha raccontato una fonte.

Un modello simile sarebbe stato usato anche nei casi di Anas Al-Sharif e di Ismail Al-Ghoul, entrambi uccisi in raid israeliani, giustificati con documenti militari mai verificati e pieni di incongruenze (come l’attribuzione di un grado militare a Al-Ghoul all’età di 10 anni).

L’ospedale Al-Ahli e la “vittoria” della Cellula

Uno dei primi interventi di rilievo della Cellula è stato dopo l’esplosione del 17 ottobre 2023 all’ospedale Al-Ahli di Gaza City.

Mentre i media internazionali riportavano centinaia di vittime palestinesi a causa di un raid israeliano, le autorità militari diffusero una registrazione intercettata — presentata come una conversazione tra membri di Hamas che attribuivano l’incidente a un razzo difettoso della Jihad islamica.

La diffusione del file, celebrata come un successo dall’esercito, compromise la credibilità del ministero della Sanità di Gaza. Ma successivamente un attivista palestinese ha riconosciuto la sua voce nella registrazione, spiegando che era solo una banale conversazione privata e negando qualsiasi legame con Hamas.

I giornalisti come bersaglio

Il 10 agosto l’esercito israeliano ha ucciso sei giornalisti in un attacco mirato, dichiarando esplicitamente che il bersaglio era Anas Al-Sharif.

Già due mesi prima, il Committee to Protect Journalists (CPJ) aveva lanciato l’allarme, temendo per la sua vita e denunciando una campagna di delegittimazione orchestrata dall’esercito israeliano come preludio al suo assassinio.

Al-Sharif stesso aveva dichiarato: “La campagna di Adraee (portavoce dell’esercito) non è solo una minaccia mediatica, ma una minaccia reale alla vita”. Pochi giorni dopo, è stato ucciso, con Israele che ha diffuso “prove declassificate” del suo presunto legame con Hamas per giustificare il raid.

La versione ufficiale dell’IDF

Interpellato da +972 Magazine, il portavoce dell’IDF ha ribadito che Al-Sharif era un terrorista di Hamas che operava sotto la copertura di giornalista, e che l’esercito non colpisce intenzionalmente civili o reporter.

Ha inoltre sostenuto che, prima dello strike, sono state adottate “misure per ridurre il rischio di colpire civili, incluse armi di precisione, osservazioni aeree e altre informazioni di intelligence”.

Foto di copertina di Nik su Unsplash

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