Global Sumud Flotilla: Verso il punto di non ritorno
Scritto da Barbara Schiavulli in data Settembre 30, 2025
La barca ci ha tradito. I nostri strumenti hanno tremato, un guasto ha separato il cuore di Morgana dal resto della flottiglia.
Abbiamo navigato nel buio, inseguendo segnali che svanivano, con Marco che controllava se ci fossero i droni e Carlo Alberto che teneva la rotta come poteva per ore e ore.
Poi, all’alba sono arrivati i tecnici da un’altra barca e passo dopo passo, stiamo ricucendo la distanza con gli altri, ricominciamo a riunirci sotto un’unica flottiglia.
Verso il punto di non ritorno
Siamo vicini al luogo dove le flottiglie precedenti sono state intercettate — a circa 120 miglia da Gaza — e sappiamo, con un dolore freddo, che quel tratto il mare diventa trappola, che lì molti sono stati catturati come se fossero pirati e invece portiamo solo aiuti a chi ha bisogno, abbiamo un carico di speranza incelofanato dall’impotenza che tutti noi abbiamo vissuto negli ultimi due anni.
Tutte le navi militari, italiana, spagnola, turca che nelle notti scorse abbiamo visto al largo ritorneranno indietro — forse per non indispettire Israele, per non dare ad occhi indiscreti un pretesto per dovere agire.
I nostri corpi saranno abbandonati alla marea e alle mani di chi ha compiuto un genocidio.
Chi sono i buoni di questa storia, noi o loro? La gente ha già deciso mentre i governi rotolano nel loro imbarazzo.
É la politica, bellezza.
Mattarella ha parlato come un padre — «non rischiate l’incolumità», accogliete la mediazione del Patriarcato Latino per portare gli aiuti in sicurezza». E Crosetto, con tono duro, ha ammonito che una volta in acque israeliane la nostra missione potrà essere equiparata a un atto ostile .
Ma se gli aiuti si potevano portare perché non é accaduto prima che noi ci mettessimo in barca?
Nel frattempo, da Washington a Gerusalemme, si stringe un accordo in 20 punti proposto da Trump che Netanyahu avrebbe accettato: ostaggi liberati in 72 ore, Gaza smilitarizzata, Hamas esclusa dal governo futuro.
Tajani rivendica che un’intesa è possibile, purché Hamas si faccia da parte .
E nelle piazze italiane, la gente protesta, spinge, contesta l’inerzia del governo, invoca una voce forte contro gli atti umanitari soffocati dal potere.
Navigare con le ombre
Stiamo risalendo la corrente ostile, le antenne di ferro e i circuiti gracili sussurrano di tensioni imminenti.
Sappiamo che le navi militari volteranno il muso e noi verremo colpiti quando saremo più isolati.
Ma vogliamo più del silenzio: vogliamo rompere il muro del mare, abbattere la frontiera invisibile che impedisce la consegna, essere presi — sì — ma non piegati.
Perché a terra c’è un mondo che freme e vuole dire basta per noi e per i palestinesi.
Per questi matti buoni che da 12 giorni non si lavano, ma luccicano di dignità ritrovata, e per i palestinesi, che ci guardano con tenerezza e ci mandano messaggi che riempiono il cuore.
Innesco di luce
Quando le nostre luci si intrecceranno con quelle delle altre navi, sapremo che la flottiglia si é ritrovata. Senza essersi mai persa.
E quando sfioreremo quel tratto micidiale a 120 miglia, non saremo soli: porteremo con noi la voce delle piazze, la pressione di chi non accetta che gli aiuti diventino bersaglio.
Ci fermeranno e noi non resisteremo, perché nessuno deve farsi male.
A resistere ci saranno tutte quelle persone pronte a bloccare l’Italia.
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