13 ottobre 2025 – Notiziario Mondo
Scritto da Radio Bullets in data Ottobre 13, 2025
- Israele e Palestina: Il giorno dei prigionieri, Trump dice che la guerra è finita. Ucciso un altro giornalista a Gaza.
- Afghanistan: decine di morti per scontri al confine con il Pakistan.
- Madagascar: il ritorno dei fantasmi del golpe.
- Camerun: Paul Biya cerca il settimo mandato a 92 anni.
- Messico: 44 morti per le alluvioni dopo giorni di piogge torrenziali.
Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets a cura di Barbara Schiavulli.
Introduzione: Venezuela, il Nobel scomodo della libertà
C’è un paradosso che attraversa la storia.
E oggi… ha il volto di una donna venezuelana.María Corina Machado ha vinto il Premio Nobel per la Pace.
Per la sua lotta instancabile in nome della libertà e della democrazia.
Una donna perseguitata, costretta a nascondersi, che ha sfidato una delle dittature più dure dell’America Latina.Eppure… invece di unirsi in un applauso, il mondo si divide.
La sinistra la guarda con sospetto, perché ha ringraziato Donald Trump,
perché non corrisponde all’immagine del rivoluzionario che piace alle piazze.
Ma davvero — davvero — la libertà ha un colore politico?La libertà non è né di destra né di sinistra.
È un diritto umano.
È ciò che resta quando tutto il resto è stato tolto.Mentre Nicolás Maduro la insulta, la chiama “strega demoniaca”,
María Corina Machado risponde con il silenzio di chi non si piega.
Nel suo Nobel non c’è solo il Venezuela,
ma tutte le donne e gli uomini che — in ogni parte del mondo —
continuano a scegliere la libertà.Questo è il nostro tempo:
un tempo in cui perfino la pace divide.
Israele e Palestina
■ CESSATE IL FUOCO A GAZA: Il rilascio di tutti i 20 ostaggi viventi trattenuti a Gaza inizierà verso le 8 di stamattina , aggiungendo che i prigionieri palestinesi saranno rilasciati una volta che tutti gli ostaggi saranno stati ricevuti da Israele.
Hamas ha informato Israele di essere pronta a rilasciare gli ostaggi già da domenica, ha riportato il Wall Street Journal , citando fonti della sicurezza israeliana che hanno affermato che l’organizzazione ha iniziato a trasportare gli ostaggi nei punti di raccolta a Gaza .
Una fonte di Hamas ha dichiarato ad Al Jazeera che gli ostaggi saranno rilasciati da tre località della Striscia . Una fonte ha dichiarato al canale televisivo qatariota Al Araby che i corpi degli ostaggi deceduti saranno consegnati questa sera .
Il presidente degli Stati Uniti Trump dovrebbe atterrare in Israele oggi alle 9:20 ora locale. La sua visita includerà un incontro con le famiglie degli ostaggi e un discorso alla Knesset.
Il vicepresidente Vance ha dichiarato alla CBS che Trump “si sta effettivamente recando in Medio Oriente” per incontrare gli ostaggi dopo il loro rilascio da parte di Hamas e ” salutarli di persona “.
Trump volerà poi a Sharm el-Sheikh per il vertice sul cessate il fuoco a Gaza.
Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha dichiarato alla CBS di essere ” fiducioso che la prima fase del piano di pace di Trump sarà completata “. Secondo Abdelatty, l’Egitto sta collaborando con la Giordania su accordi di sicurezza, tra cui l’addestramento e il coordinamento di un massimo di 5.000 membri del personale palestinese da schierare a Gaza.
L’Egitto non ha invitato l’Autorità Nazionale Palestinese a partecipare al vertice, ha riferito una fonte all’emittente qatariota Al-Araby Al-Jadeed, perché l’Autorità Nazionale Palestinese non è inclusa nel piano di Trump. Al vertice parteciperanno oltre 20 leader europei e arabi , tra cui Trump, il Primo Ministro britannico Starmer, il Presidente francese Macron, il Cancelliere tedesco Merz, il Presidente turco Erdogan e il Presidente del Consiglio europeo Antonio Costa.
Il vicepresidente dell’OLP, Hussein al-Sheikh, ha incontrato in Giordania l’ex Primo Ministro britannico Tony Blair , il cui nome è stato proposto per un possibile ruolo di primo piano nell’amministrazione postbellica di Gaza.
Un alto funzionario dell’Autorità Nazionale Palestinese ha dichiarato ad Haaretz che non è chiaro quando l’Autorità Nazionale Palestinese sarà coinvolta nei piani postbellici per l’amministrazione di Gaza e che al-Sheikh sta incontrando Blair per ottenere maggiori informazioni sulla questione.
Dopo l’incontro, al-Sheikh ha pubblicato su X: “Abbiamo confermato la nostra disponibilità a collaborare con il Presidente Trump, il signor Blair e i partner per consolidare il cessate il fuoco, l’invio di aiuti, il rilascio di ostaggi e prigionieri, e poi iniziare con la ripresa e la ricostruzione”.
Il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha dichiarato all’ABC che avere truppe statunitensi sul territorio di Gaza e in Israele ” non rientra nei nostri piani “, aggiungendo che “abbiamo già truppe al Comando Centrale [CENTCOM]. Monitoreranno i termini del cessate il fuoco”.
■ GAZA: Il Ministero della Salute guidato da Hamas ha dichiarato che sette palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano a Gaza nelle ultime 24 ore.
Secondo il Ministero, 67.806 persone sono state uccise a Gaza dall’inizio della guerra il 7 ottobre 2023.
Il giornalista palestinese Saleh Al Jafarawi, noto per aver documentato la guerra di due anni condotta da Israele nella Striscia di Gaza, sarebbe stato ucciso durante gli scontri nella città di Gaza domenica sera, pochi giorni dopo aver festeggiato l’annuncio di un cessate il fuoco .
I media locali palestinesi hanno riferito che è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco da membri di una milizia armata , il clan Doghmush, accusato di collaborare con Israele.
Secondo quanto riferito, Al Jafarawi stava documentando gli scontri tra il gruppo e Hamas nel quartiere di Sabra. Gli scontri non sono stati confermati dalle autorità locali.
Circa 400 camion carichi di aiuti umanitari sono radunati sul lato egiziano del valico di frontiera di Rafah, prima di entrare nella Striscia, hanno riferito i media egiziani.
Il ministro della Difesa Israel Katz ha dichiarato su X che “la sfida principale per Israele dopo il ritorno degli ostaggi sarà la distruzione di tutti i tunnel terroristici di Hamas a Gaza , effettuata direttamente dalle IDF e attraverso un meccanismo internazionale che sarà istituito sotto la supervisione degli Stati Uniti”.
■ RILASCIO DEI PRIGIONIERI: La maggior parte dei prigionieri palestinesi che dovrebbero essere rilasciati nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco non sono affiliati ad Hamas , secondo un’indagine condotta da avvocati palestinesi.
Dei circa 250 prigionieri destinati al rilascio, solo 63 sono identificati come membri di Hamas, tra cui 18 condannati all’ergastolo, 29 detenuti e 16 condannati a pene più brevi.
Tra i 191 prigionieri condannati all’ergastolo, 150 appartengono a Fatah, 18 ad Hamas e 23 al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e la Jihad Islamica.
■ ISRAELE-STATI ARABI:: Gli stati arabi hanno ampliato la loro cooperazione con le IDF durante la guerra di Gaza , come dimostrano documenti statunitensi trapelati ottenuti dal Washington Post .
I documenti indicavano che il Qatar era tra i paesi che hanno rafforzato i loro legami con Israele e che funzionari israeliani e arabi si sono incontrati in una base militare statunitense in Qatar nel maggio 2024.
Secondo il rapporto, il rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza ha coinvolto Bahrein, Egitto, Giordania, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
I documenti descrivevano anche Kuwait e Oman come “potenziali partner”, suggerendo che il principale motore del dialogo rafforzato fosse la minaccia rappresentata dall’Iran.
I documenti affermano che le relazioni con questi paesi sono entrate in crisi dopo il tentato assassinio dei leader di Hamas da parte di Israele a Doha, ma aggiungono che il Qatar può ora svolgere ” un ruolo chiave ” nel monitoraggio del cessate il fuoco a Gaza.
■ LIBANO: Le IDF hanno dichiarato di aver ucciso un membro di Hezbollah coinvolto negli sforzi per ricostruire l’infrastruttura militare del gruppo nel Libano meridionale e di aver colpito anche un veicolo di ingegneria di Hezbollah nella stessa zona.
Flotilla: Sono in viaggio verso un valico della Cisgiordania gli attivisti italiani della flottiglia Thousand Madleens trattenuti dalle autorità israeliane dopo l’abbordaggio nella notte fra il 7 e l’8 ottobre.
Lo si apprende da fonti vicine agli attivisti.
Al valico sono attesi da funzionari del consolato italiano. Gli italiani sono Vincenzo Fullone e Beatrice Lio.
Secondo quanto viene comunicato, un terzo attivista di nome Omar, con passaporto israeliano, è ancora trattenuto.
GSF, Schiavulli: “Occhi su Gaza. Non siamo complici. Lo è la politica” – Il podcast
Madagascar
Un colpo di Stato “in corso” — così lo ha definito il presidente del Madagascar, Andry Rajoelina, dopo che sabato un’unità d’élite dell’esercito, la CAPSAT, ha annunciato di aver preso il controllo delle forze armate e di aver installato un nuovo capo militare, il generale Demosthène Pikulas.
Sui social e nelle strade della capitale Antananarivo la tensione resta alta, ma non si registrano scontri diffusi. Il comando CAPSAT, per bocca del colonnello Michael Randrianirina, nega si tratti di un colpo di Stato e parla piuttosto di una risposta “alla chiamata del popolo”, in riferimento alle proteste giovanili del movimento “Gen Z Madagascar” che da tre settimane chiedono le dimissioni del presidente.
Secondo le Nazioni Unite, le manifestazioni – le più imponenti dal 2009 – hanno già causato almeno 22 morti e decine di feriti, numeri che il governo contesta. Sabato, quando i soldati del CAPSAT si sono uniti ai manifestanti, gli scontri con le forze di sicurezza hanno provocato la morte di un militare.
Dal palco improvvisato di un blindato, Randrianirina ha chiesto le dimissioni di Rajoelina e dei vertici della gendarmeria, dichiarando: “Devono lasciare il potere. Tutto qui.”
Il dettaglio più inquietante è che la stessa unità CAPSAT aveva già giocato un ruolo decisivo nel colpo di Stato del 2009, quello che portò proprio Rajoelina al potere come capo di un governo di transizione. Oggi, la storia sembra ribaltarsi: il suo vecchio alleato militare è ora il principale artefice della sua possibile caduta.
La presidenza ha parlato di un “tentativo illegale di presa del potere”, invitando “tutte le forze della nazione a difendere l’ordine costituzionale e la sovranità nazionale”. Ma il luogo in cui si trova Rajoelina non è noto, e il silenzio del governo alimenta i timori di una spaccatura profonda nell’esercito e nelle istituzioni.
Il Madagascar — 31 milioni di abitanti, una delle nazioni più povere del mondo — vive un ciclo ricorrente di crisi politiche e colpi di Stato dalla fine del dominio coloniale francese nel 1960. Le tensioni attuali riflettono un malessere sociale profondo: disoccupazione giovanile, corruzione diffusa e un’élite percepita come distante e autoreferenziale.
Il movimento “Gen Z Madagascar” segna però una novità: è una rivolta generazionale, spontanea e decentralizzata, che si oppone non solo a Rajoelina ma all’intero sistema di potere.
Se il CAPSAT riuscirà a consolidare il controllo, il paese rischia di tornare in uno stato di sospensione democratica, mentre se fallisse, la repressione potrebbe essere brutale. In entrambi i casi, la stabilità dell’isola è di nuovo appesa a un filo — e la comunità internazionale osserva, distratta, un altro tassello dell’instabilità africana riaccendersi nell’Oceano Indiano.
Camerun
In Camerun, il presidente Paul Biya, al potere da 42 anni, si ricandida a 92 anni per un nuovo mandato di sette anni, mentre il Paese affonda in una crisi economica e sociale sempre più profonda.
Alle elezioni di domenica non parteciperà Maurice Kamto, principale rivale di Biya, escluso dalla commissione elettorale. L’assenza dell’opposizione più forte rende il voto poco competitivo, in un contesto dove gli osservatori denunciano istituzioni costruite per garantire la vittoria del presidente.
Biya promette di rilanciare l’economia e combattere la disoccupazione giovanile, ma la realtà è di prezzi alle stelle, povertà crescente e una generazione di giovani in rivolta ispirata dalle mobilitazioni “Gen Z” che attraversano l’Africa.
Nonostante l’età e le accuse di autoritarismo, Biya resta il favorito. Se vincerà, guiderà il Camerun fino a quasi cent’anni, in un Paese dove la stanchezza del potere si misura ormai in decenni.
Francia
In Francia, il presidente Emmanuel Macron ha varato un nuovo governo guidato da Sébastien Lecornu, nel tentativo di uscire da una crisi politica che paralizza il Paese da mesi. È il secondo esecutivo in appena una settimana per l’ex ministro della Difesa, dopo che il primo era caduto sotto le critiche per mancanza di rinnovamento.
La nuova squadra, un mix di fedelissimi e tecnocrati, dovrà presentare entro martedì il bilancio 2026, ma rischia di essere bocciata da un Parlamento spaccato e ostile.
Restano ai loro posti il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot e quello della Giustizia Gérald Darmanin, mentre Catherine Vautrin passa alla Difesa e Roland Lescure assume l’Economia.
Macron, che non ha ancora parlato pubblicamente, parte per l’Egitto per sostenere i negoziati sul cessate il fuoco a Gaza, lasciando a Lecornu il compito di gestire un Paese in stallo e un’opposizione che promette di far cadere il governo alla prima occasione.
Spagna
Piogge torrenziali hanno colpito la Catalogna, nel nord-est della Spagna, intrappolando persone nelle auto e nelle case e trasformando le strade in fiumi di fango. Le autorità hanno dichiarato allerta rossa nella provincia di Tarragona, dove in 12 ore sono caduti fino a 180 millimetri di pioggia, e oltre 270 millimetri nel weekend in alcune località.
Interi paesi come Santa Bárbara e Godall sono stati sommersi: auto trascinate via, centri abitati invasi dall’acqua, e centinaia di interventi dei vigili del fuoco. Non si registrano vittime, ma il caos è stato totale: bloccati i treni lungo il corridoio mediterraneo tra Barcellona e Valencia, e sospese per oggi scuole e attività sociali nelle aree più colpite.
Solo un giorno prima, piogge intense avevano già provocato disagi sull’isola di Ibiza, segno di un Mediterraneo sempre più instabile. Gli esperti avvertono: il riscaldamento climatico e l’aumento della temperatura del mare stanno amplificando la frequenza e la violenza di questi fenomeni estremi.
Messico
In Messico, almeno 44 persone sono morte dopo giorni di piogge torrenziali e inondazioni causate dalle tempeste tropicali Priscilla e Raymond. Le vittime si registrano in cinque stati: 18 a Veracruz, 16 a Hidalgo, 9 a Puebla e una a Querétaro.
Il governo della presidente Claudia Sheinbaum ha avviato un piano d’emergenza per 139 comuni colpiti, con l’esercito impegnato nei soccorsi. Le immagini diffuse mostrano città sommerse dal fango, evacuazioni con gommoni e interi quartieri senza elettricità.
Il Comitato nazionale per le emergenze resta in allerta permanente, mentre le autorità temono nuove frane e allagamenti nelle prossime ore.
Venezuela
In Venezuela, il presidente Nicolás Maduro ha definito l’oppositrice María Corina Machado una “strega demoniaca”, due giorni dopo che la leader dell’opposizione ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace.
Il Comitato di Oslo ha premiato Machado, 58 anni, per la sua “lotta instancabile in favore dei diritti democratici del popolo venezuelano e per una transizione pacifica dalla dittatura alla democrazia”.
Maduro, che evita di citarla direttamente, accusa da tempo Machado di voler provocare un’invasione straniera con l’appoggio degli Stati Uniti, che sotto la presidenza di Donald Trump hanno dispiegato navi militari nei Caraibi.
Durante un intervento su Fox News, Machado ha dedicato il Nobel “al popolo sofferente del Venezuela” e a Trump, definendolo “meritevole del premio” per il suo ruolo nel favorire la libertà nel Paese.
L’attacco di Maduro conferma la profonda frattura politica in un Venezuela dove la crisi economica, le sanzioni internazionali e la repressione continuano a minare ogni prospettiva di riconciliazione nazionale.
Afghanistan e Pakistan
L’Afghanistan ha annunciato di aver ucciso 58 soldati pakistani e conquistato 25 postazioni militari lungo il confine, in risposta a quella che definisce una serie di violazioni del proprio territorio e dello spazio aereo. Il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha parlato di “operazioni di rappresaglia riuscite” e di “confini ora sotto controllo”.
Islamabad conferma gli scontri ma ridimensiona le perdite: secondo l’esercito pakistano, i morti sarebbero 23. Le tensioni sono esplose dopo che Kabul aveva accusato il Pakistan di aver bombardato la capitale e un mercato nell’est del Paese, accuse che Islamabad non ha commentato.
Il ministro degli Esteri afghano, Amir Khan Muttaqi, in visita in India, ha parlato di “elementi speciali in Pakistan che vogliono destabilizzare la regione”, ribadendo che Kabul “non ha problemi con il popolo pakistano” ma è pronta a difendere la propria sovranità.
I valichi di Torkham e Chaman, principali punti di scambio commerciale e transito dei rifugiati, sono stati chiusi. Intanto, Qatar e Arabia Saudita hanno invitato entrambe le parti alla calma.
Ma lo scontro, il più grave degli ultimi anni, rischia di riaccendere la polveriera dell’Asia meridionale, già segnata dalle tensioni tra Islamabad e Nuova Delhi.
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