15 maggio 2025 – Notiziario Mondo

Scritto da in data Maggio 15, 2025

  • Gaza ha fame e sete mentre muore sotto le bombe.
  • El Salvador: Bukele propone una tassa del 30% sulle ONG finanziate dall’estero.
  • Iran: il rapper Tataloo si è sposato in carcere. E la sua condanna a morte è stata revocata.
  • Haiti: In una fabbrica alimentata a energia solare, si produce speranza e si nutrono i bambini.
  • Introduzione al notiziario: L’eco dei dimenticati

Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets a cura di Barbara Schiavulli

Israele e Palestina

■ GAZA: Il Ministero della Salute di Gaza ha avvertito che il 90 percento dei residenti soffre di insicurezza idrica, con più di un quarto dei campioni d’acqua ora contaminati, aggiungendo che ciò contribuisce alla diffusione di malattie.

Secondo il ministero, quasi tutti gli impianti di desalinizzazione di Gaza sono fuori servizio . L’UNRWA ha riportato risultati simili, affermando che il 75% delle famiglie ha avuto difficoltà ad accedere all’acqua nell’ultimo mese, aggiungendo che attualmente sta gestendo cinque pozzi d’acqua a Gaza e sta lavorando per ripararne altri.

Ufficiali delle IDF hanno avvisato privatamente i loro superiori di una imminente crisi di carestia diffusa a Gaza se non verranno immediatamente ripristinate le consegne di aiuti, ha riferito il New York Times , citando tre funzionari della difesa israeliani a conoscenza della situazione.

Il Ministero della Salute di Gaza, guidato da Hamas, ha riferito che 90 palestinesi sono stati uccisi e 125 feriti da mercoledì mattina.

Secondo il ministero , dall’inizio della guerra sono stati uccisi 52.928 cittadini di Gaza.

Secondo quanto riportato dalla Striscia, le IDF hanno colpito sei volte nei pressi dell’Ospedale Europeo di Khan Yunis dopo l’attacco aereo di martedì, nella stessa località, contro il leader di Hamas a Gaza, Mohammed Sinwar.

Mercoledì mattina, le IDF hanno emesso quello che hanno definito “un ultimo avvertimento” ai residenti di diversi quartieri della Striscia di Gaza settentrionale, tra cui Jabalya, affermando che avrebbero “attaccato con grande forza qualsiasi area da cui vengano lanciati razzi”.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato martedì sera, durante un’intervista alla televisione TF1, che la politica del primo ministro Netanyahu a Gaza è ” vergognosa ” e che i paesi europei dovrebbero prendere in considerazione l’inasprimento delle sanzioni.

L’ufficio di Netanyahu ha risposto che Macron aveva “ancora una volta scelto di schierarsi al fianco di un’organizzazione terroristica islamista omicida e di far eco alla sua falsa propaganda, accusando Israele di diffamazione del sangue”.

■ OSTAGGI/CESSATE IL FUOCO: L’inviato statunitense per il Medio Oriente Steve Witkoff e l’inviato per gli ostaggi Adam Boehler hanno incontrato un’alta delegazione israeliana in Qatar per discutere un accordo di cessate il fuoco/liberazione degli ostaggi con Hamas, ha riportato la CNN.

Witkoff ha parlato con Netanyahu diverse volte nelle ultime 24 ore, ma finora queste conversazioni non hanno portato Israele a modificare la sua posizione nei colloqui per il cessate il fuoco/accordo sugli ostaggi , ha detto un funzionario israeliano ad Haaretz, aggiungendo che Israele resta fedele al “piano Witkoff”, una proposta redatta due mesi e mezzo fa in base alla quale Hamas sarebbe tenuta a rilasciare 10 ostaggi vivi e metà dei corpi dei prigionieri deceduti come condizione per avviare negoziati e accettare un cessate il fuoco di 45 giorni.

■ HOUTHI: Le IDF hanno avvertito su X che il porto yemenita di Ras Isa, il porto di Hodeidah e il porto di Al-Salif dovrebbero essere evacuati fino a nuovo avviso.

CISGIORDANIA: Fuoco contro veicoli israeliani ieri sera, nella Cisgiordania occupata settentrionale, una donna incinta è morta per le ferite riportate. Il bambino è nato e il marito è leggermente ferito.

Le IDF hanno dichiarato di aver avviato una caccia all’uomo per individuare l’uomo che ha sparato contro diversi veicoli sulla Route 446, fuori dall’insediamento di Bruchin dove viveva la coppia.

Sono stati istituiti posti di blocco in tutta la zona e i media palestinesi hanno riferito che alcuni palestinesi sono stati costretti a dormire nelle loro auto durante la notte perché non potevano tornare a casa.

Siria

Trump ha chiesto al presidente siriano Ahmad al-Sharaa di firmare gli Accordi di Abramo con Israele e di “deportare i militanti palestinesi”, durante il loro incontro a Riyadh mercoledì, ha dichiarato un portavoce della Casa Bianca .

Trump ha poi affermato che al-Sharaa ha confermato che la Siria aderirà agli Accordi di Abramo in futuro.

La rete televisiva libanese Al-Manar ha riferito che Israele ha lanciato un attacco con droni alla periferia di Tartus, nella Siria nordoccidentale.

Secondo quanto riportato mercoledì dai media israeliani, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha respinto la richiesta del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di mantenere le sanzioni alla Siria che il giorno prima aveva detto a Riad che avrebbe tolto.

La geopolitica è fatta di simboli. Incontrare un presidente fino a ieri ricercato, autorizzare investimenti e aprire a nuove alleanze è una scelta che segna un’epoca.

Ma dietro la retorica trumpiana del “give Syria a chance”, si nasconde un mosaico complesso: il Medio Oriente è ancora lacerato, la Siria è un Paese a pezzi, e la pace è più slogan che realtà. Eppure, per la prima volta dopo anni, le luci si sono riaccese su Damasco. La domanda ora è: chi le controllerà?

Trump revoca le sanzioni contro la Siria

Qatar

In un colpo d’immagine e di business, il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato un mega-accordo da 200 miliardi di dollari tra Qatar Airways e la statunitense Boeing, durante la sua visita in Medio Oriente.

L’accordo prevede l’acquisto di 160 aerei Boeing da parte della compagnia di bandiera del Qatar.

Un’iniezione di ossigeno per l’industria aerospaziale americana, in particolare per Boeing, reduce da un crollo degli ordini del 60% e una serie di disastri: dagli incidenti del 737 Max al lungo sciopero dei macchinisti.

Ma per Trump, la firma non è solo un trionfo industriale. È una questione personale.

Il Presidente, da sempre affascinato dal mondo dell’aviazione — al punto da battezzare il suo jet privato “Trump Force One” — starebbe valutando l’idea di accettare in regalo un Boeing 747-8 qatariota, lussuosamente allestito, come Air Force One provvisorio.

“Solo un idiota non accetterebbe una cosa del genere”, ha scritto su Truth Social.
Per lui, è un risparmio per i contribuenti. Per molti altri, è un pericoloso precedente.

Esperti di sicurezza avvertono: modificare un aereo straniero per farne un Air Force One è un incubo tecnico e di intelligence.

Contromisure nucleari, difese elettroniche, bonifiche da dispositivi di spionaggio… Il prezzo? Oltre un miliardo di dollari e anni di lavoro.

E poi c’è la questione costituzionale. I democratici al Congresso hanno sollevato l’Emoluments Clause, quella clausola della Costituzione che vieta ai funzionari federali di accettare doni da governi stranieri senza autorizzazione del Congresso.

Un contratto da 200 miliardi, un jet da sogno in regalo, e un presidente che si muove tra affari, simboli e potere come su una pista di decollo.

Ma c’è una linea sottile tra promuovere l’industria americana e mettere in vendita la simbologia della presidenza.

Accettare un aereo da un Paese straniero — per quanto “gratuito” — non è solo questione di risparmio. È questione di sovranità, di trasparenza, e di limiti al potere personale.

Nel cielo dell’influenza straniera, gli aerei non sono mai solo aerei. E questo, più che un decollo, potrebbe essere una turbolenza istituzionale.

Iran

Amirhossein Maghsoudloo, meglio conosciuto come Tataloo, una delle voci più note e controverse della scena musicale iraniana, si è sposato mentre è detenuto.

A darne notizia è stato suo zio. Il matrimonio è stato registrato legalmente presso lo studio dell’avvocato del cantante, mentre Tataloo continua a scontare una condanna a 10 anni di reclusione.

Un precedente tentativo di nozze, nella prigione di Evin, era fallito per motivi burocratici e aveva generato tensioni che avevano portato al suo trasferimento nella prigione della Grande Teheran.

Tataloo attualmente assume farmaci e, secondo quanto riferito dai familiari, le sue condizioni psichiche sono preoccupanti. “Ha bisogno di un medico, non di una cella”, ha detto lo zio.

Ma la vera svolta è arrivata nelle ultime ore: la sua condanna a morte è stata annullata.

Gli avvocati sono riusciti a ottenere l’applicazione dell’articolo 477 del codice di procedura penale iraniano.

È un articolo speciale, che consente di rivedere anche le sentenze definitive.
La notizia è stata confermata anche dalla sorella del cantante, Naghmeh, su Instagram.

Ricordiamo che Tataloo era stato arrestato il 4 dicembre 2023 in Turchia, su richiesta del consolato iraniano a Istanbul, con l’accusa di aver molestato alcuni membri del personale.

In Iran, cantare può costarti la libertà. O la vita. Tataloo è da anni una spina nel fianco del regime: troppo famoso per essere ignorato, troppo libero per essere perdonato.

Il suo matrimonio dietro le sbarre è forse un atto privato. Ma in un Paese dove ogni gesto è politico, è anche una sfida. Una dichiarazione: sono ancora vivo.

E adesso che la morte è stata, almeno per ora, rimandata, la sua musica può continuare.

Libia

Le forze dell’LNA, l’Esercito Nazionale Libico guidato dal maresciallo Khalifa Haftar, stanno muovendosi da Bengasi verso Sirte. A riferirlo sono fonti militari citate dall’agenzia russa Ria Novosti.

Secondo fonti locali, le milizie dell’ovest del Paese, in particolare quelle della città di Misurata, sono entrate in stato di massima allerta in risposta ai movimenti dell’LNA.

Sirte è considerata un punto strategico e simbolico nel fragile equilibrio libico. Ogni spostamento di truppe verso questa città rischia di far saltare la tregua già precaria tra le fazioni dell’est e dell’ovest.

La Libia, ufficialmente in pace, è in realtà una guerra mai dichiarata che continua a pulsare sotto la superficie.

Ogni colonna di mezzi che si sposta, ogni città che si prepara, ogni silenzio diplomatico è una miccia accesa. E la comunità internazionale? Guarda, calcola, e come sempre… tace.

Spagna

Un’imponente colonna di fumo si è alzata mercoledì nei cieli della provincia di Siviglia, in Spagna, dopo un’esplosione in un impianto chimico nel comune di Alcalá de Guadaíra, a una manciata di chilometri dal centro cittadino.

Le autorità hanno immediatamente invitato circa 80.000 residenti a restare in casa, chiudere le finestre o indossare mascherine.
Ma per ora, fortunatamente, non si registrano feriti.

L’esplosione è avvenuta intorno a mezzogiorno in una zona industriale.
I servizi di emergenza sono intervenuti con squadre specializzate e hanno evacuato tutto il personale dall’impianto.

Nessuna informazione è stata resa pubblica sulle sostanze chimiche coinvolte né sulla proprietà dello stabilimento.

Non è un caso isolato. Negli ultimi giorni, la Spagna ha affrontato una sequenza anomala di problemi alle infrastrutture industriali ed energetiche.

Nel fine settimana, un altro incendio in una fabbrica chimica nel nord-est del Paese aveva costretto le autorità a lanciare un’allerta sanitaria per 150.000 persone.
Cinque città erano state messe in lockdown temporaneo.

Il 28 aprile, una massiccia interruzione elettrica ha colpito sia la Spagna che il Portogallo. Nessun sabotaggio né attacco informatico, dicono le autorità, ma le indagini sono ancora in corso.

E pochi giorni dopo, i treni ad alta velocità tra Madrid e Siviglia si sono fermati. Il motivo? Cavi in rame rubati da una linea ferroviaria secondaria.

Quando le fabbriche bruciano, le luci si spengono e i treni si fermano, non è solo la cronaca a fare rumore. È la tenuta stessa del sistema.

La Spagna è un Paese stabile, moderno, con solide strutture. Ma una serie di incidenti industriali, energetici e logistici in meno di un mese non può essere solo una coincidenza.

La domanda ora non è solo “cosa è successo?”. Ma: perché sta succedendo così spesso? E chi, o cosa, non sta funzionando?

Unione Europea

Il Tribunale dell’Unione Europea ha annullato la decisione della Commissione che negava l’accesso agli SMS scambiati tra la presidente Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, durante le trattative sul maxi-accordo per i vaccini anti-Covid.

Il ricorso, presentato dal New York Times e dalla giornalista Matina Stevis, chiedeva chiarezza su comunicazioni cruciali avvenute tra il 2021 e il 2022, nel pieno della crisi sanitaria.

Il Tribunale ha bacchettato Bruxelles:
Non basta dire “non abbiamo quei messaggi”. Bisogna dimostrare come sono stati cercati, dove, e perché sarebbero andati persi.
La Commissione ha dato risposte vaghe, imprecise e contraddittorie.
Secondo i giudici, ci sono abbastanza elementi per ritenere che quegli SMS siano esistiti eccome – e che non si possano ignorare con un’alzata di spalle.

Ora la Commissione ha promesso una “risposta più dettagliata”. Ma la vicenda rischia di pesare sulla credibilità della stessa von der Leyen, proprio mentre è in piena campagna per ottenere un secondo mandato alla guida della Commissione europea.

“Trasparenza” non è solo una parola da inserire nei comunicati stampa.
Il contratto più costoso e controverso dell’intera pandemia è stato negoziato in parte via SMS — e quei messaggi oggi spariscono come se fossero vento.

La sentenza di Lussemburgo segna un precedente importante: i cittadini europei hanno il diritto di sapere come vengono prese decisioni che riguardano la loro salute, i loro soldi, il loro futuro.

Se la Commissione Ue vuole davvero essere trasparente, cominci col dire la verità. Anche se non piace.

Ucraina

Per la prima volta in oltre tre anni, Ucraina e Russia torneranno a parlarsi faccia a faccia. L’appuntamento è giovedì a Istanbul. Ma il presidente russo Vladimir Putin non ci sarà.

E questo, secondo Volodymyr Zelensky, è un segnale chiaro: Mosca non è davvero interessata alla pace.

Zelensky aveva proposto un incontro diretto con Putin. La risposta del Cremlino? Inviare una delegazione di secondo piano, guidata da Vladimir Medinsky, un uomo noto più per le sue idee nostalgiche sull’impero russo che per capacità diplomatiche.

Tra i negoziatori ci saranno anche esponenti della Difesa e dei servizi segreti russi. Non ci saranno né il ministro degli Esteri Lavrov né altri volti di peso del passato negoziale.

L’Ucraina, intanto, resta in attesa. Zelensky ha detto chiaramente: valuterà i prossimi passi sulla base di chi si presenterà realmente al tavolo.

Mosca insiste nel parlare di “denazificazione” e “smilitarizzazione” – termini che da anni servono da giustificazione per l’invasione.

Kiev, invece, ribadisce: i territori occupati non saranno mai riconosciuti come russi, anche se per recuperarli ci vorrà la via diplomatica.

Nel frattempo, i leader europei sono chiari: se da Istanbul non arriveranno progressi concreti, scatteranno nuove sanzioni contro Mosca.

Sul fronte statunitense, il nuovo segretario di Stato, Marco Rubio, sarà a Istanbul venerdì. Non ci sarà Donald Trump che aveva detto che sarebbe venuto se ci fosse stato Putin.

Si parla di pace, ma senza chi ha fatto scoppiare la guerra. Si parla di diplomazia, ma tra chi ha già deciso i confini con i carri armati. E mentre i potenti recitano, in Ucraina si continua a morire.

Haiti

Gli operai indossano tute da chirurgo. Ma non eseguono operazioni. Mescolano, pesano, confezionano. Preparano una pasta di arachidi terapeutica, arricchita con vitamine e micronutrienti. Una miscela semplice, ma potente.

La missione? Salvare i bambini dalla fame.

Siamo nella fabbrica di Meds & Food for Kids, un’organizzazione no-profit che opera a Cap-Haïtien, dove ogni giorno si producono fino a 5.000 scatole di questa pasta, in turni diurni e notturni.

Viene distribuita in cliniche e villaggi dove l’UNICEF stima che un bambino su quattro soffra di malnutrizione grave.

Il direttore operativo si chiama Remenson Tenor. Accompagna i visitatori tra secchi e silos, ricordando che ogni dose va pesata con precisione.

“C’è speranza negli occhi di una madre”, dice. “Perché sa che c’è un posto dove può andare per salvare suo figlio.”

Eppure, produrre non basta. Consegna e distribuzione sono una corsa a ostacoli.
Le bande armate controllano molte strade. Fermano camion, erigono barricate.

“Perché dovrebbero bloccare un carico di medicine per bambini?”
“Non lo so”, risponde Tenor. “Non abbiamo contatti, non possiamo spiegare. Dobbiamo solo trovare altre vie.”

E così fanno. MFK usa chiatte via mare e, quando serve, elicotteri del Programma Alimentare Mondiale.

Intanto, mentre la violenza aumenta e gli aiuti internazionali diminuiscono, Tenor insiste su un obiettivo: l’autosufficienza haitiana.

Tutto lo staff oggi è haitiano. E ogni anno centinaia di agricoltori vengono formati per coltivare arachidi sicure e mediche, trasformando la crisi in un’opportunità.

In un Paese sull’orlo del collasso, dove anche il diritto alla sopravvivenza va contrattato con le armi, una pasta di arachidi diventa vita.

Non è solo nutrizione. È dignità. È un modo per dire: siamo ancora qui.
E mentre il mondo guarda altrove, qualcuno resta. Produce. Insegna. Cura.

Come Remenson Tenor. Che non è scappato. E che un giorno potrà sedersi accanto alle sue figlie e dire: “Questo è quello che ho fatto per il mio Paese.”

El Salvador

Il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, ha annunciato l’intenzione di presentare all’Assemblea legislativa — controllata dal suo partito Nuevas Ideas — un disegno di legge per imporre una tassa del 30% sulle donazioni estere ricevute dalle organizzazioni non governative.

Il provvedimento, chiamato Legge sugli agenti stranieri, è una versione aggiornata di una proposta già presentata nel 2021, con l’obiettivo dichiarato di contrastare “l’ingerenza straniera esplicita”.

 La proposta originaria, portata avanti dal ministro dell’Interno Juan Carlos Bidegain, era stata approvata in commissione ma poi accantonata dopo che l’ambasciata tedesca aveva minacciato di sospendere i propri progetti di cooperazione, temendo effetti devastanti sulle Ong locali.

Ora, Bukele rilancia: una misura che colpirebbe centinaia di realtà impegnate in diritti umani, educazione, assistenza sanitaria e libertà di stampa.

Le critiche non si sono fatte attendere. Juan Pappier, vicedirettore di Human Rights Watch per le Americhe, ha scritto su X:

“Come ha fatto Ortega in Nicaragua, Maduro in Venezuela e Putin in Russia, Bukele propone una legge sugli ‘agenti stranieri’ per attaccare le organizzazioni della società civile e i media indipendenti.”

Dietro lo slogan della “sovranità nazionale” si cela una strategia ben collaudata: colpire la società civile, zittire le voci critiche e isolare le Ong, soprattutto quelle che documentano abusi, violazioni e corruzione.

Bukele, osannato da una parte come leader “efficiente” e “moderno”, sta seguendo il copione di chi trasforma le leggi in strumenti per concentrare il potere e silenziare il dissenso.

Quando le Ong vengono etichettate come “agenti stranieri”, la libertà di informazione e di organizzazione non è solo minacciata. È sotto attacco.

Laos

È stato inaugurato a Vientiane il quarto Festival del Cinema Europeo, con cinque giorni di proiezioni gratuite all’Istituto Francese. Presenti autorità laotiane, ambasciatori e tantissimi giovani.

Organizzato dalla Delegazione dell’UE in Laos, il festival propone film da 12 paesi, tra cui Germania, Ucraina, Irlanda e Regno Unito. Fiction, documentari e animazione per tutte le età, in lingua originale con sottotitoli.

L’obiettivo? Rafforzare i legami culturali tra Europa e Laos. Come ha detto l’Ambasciatore UE Mark Gallagher: “Il cinema è una finestra sull’Europa e un ponte tra popoli”.

Quando la politica si fa schermo e il dialogo passa per una sala buia, allora sì: l’Europa sa ancora raccontarsi. E magari, emozionare.

Giappone

Il Giappone potrebbe inviare il suo principale negoziatore commerciale, Ryosei Akazawa, a Washington la prossima settimana per un terzo round di colloqui con gli Stati Uniti. Obiettivo: evitare le tariffe del 25% su auto e componenti che scatterebbero da luglio.

Tokyo offre concessioni: più importazioni agricole, collaborazione tecnica e revisione degli standard sulle auto. Ma senza l’esenzione dai dazi, difficilmente ci sarà un accordo. Intanto Mazda segna un -45% sugli utili.

La guerra dei dazi e la strategia di Trump

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