16 luglio 2025 – Notiziario Mondo
Scritto da Barbara Schiavulli in data Luglio 16, 2025
- Siria: violenze settarie a Sweida tra drusi e forze legate al governo, interviene anche Israele, decine di morti. In collegamento dentro gli scontri la nostra fixer siriana.
- Gaza: decine di palestinesi uccisi anche ieri, la maggior parte mentre cercava di trovare cibo.
- Francesca Albanese all’UE: “Sospendete l’accordo con Israele”
- Regno Unito: migliaia di afghani ricollocati in segreto dopo una fuga di dati.
- Ecuador: il presidente Noboa propone la castrazione chimica per gli stupratori.
Introduzione al notiziario: “Genocidio riconosciuto: il prezzo morale di Gaza”
Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets a cura di Barbara Schiavulli
Siria
Israele ha confermato di aver colpito forze e mezzi militari del governo siriano nei pressi di Suweida, nel sud della Siria, dopo che l’esercito era entrato nella città a maggioranza drusa in seguito a due giorni di scontri settari.
Secondo il governo israeliano, Damasco stava per impiegare quei mezzi “contro i drusi”, una comunità storicamente legata a Israele e ben rappresentata anche nelle forze armate israeliane.
Il primo ministro Netanyahu ha parlato di un “patto di sangue” con la comunità drusa e ha giustificato l’attacco come una misura preventiva per proteggerla. Ma in realtà vuole solo consolidare le sue posizioni vicino al confine, della gente, non gliene importa nulla, anche perché sotto i bombardamenti c’erano proprio loro.
Gli scontri sono esplosi domenica dopo il rapimento di un mercante druso lungo l’autostrada per Damasco. In risposta, milizie druse hanno assediato e poi conquistato il quartiere al-Maqwas, abitato da beduini.
I combattimenti si sono rapidamente estesi alle aree rurali, con attacchi reciproci e l’uso di droni e mortai. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, almeno 99 persone sono state uccise, tra cui 60 drusi, 18 combattenti beduini e 18 membri delle forze di sicurezza.
Martedì, il ministro della Difesa siriano ha annunciato un cessate il fuoco e l’ingresso delle forze governative a Suweida, con l’approvazione di alcuni leader religiosi drusi.
Ma poche ore dopo, lo sceicco Hikmat al-Hajri, figura influente tra i drusi, ha esortato i combattenti locali a resistere, accusando Damasco di violare l’accordo e bombardare la città.
Netanyahu ha ribadito che non tollererà alcuna presenza militare siriana nelle province meridionali e ha chiesto la completa smilitarizzazione di Suweida, Deraa e Quneitra, territori già colpiti da raid israeliani negli ultimi mesi.
Radio Bullets era a Sweida qualche mese fa, abbiamo parlato con il leader spirituale e la gente molto preoccupata di quello che sarebbe potuto accadere di lì a poco.
La crisi di Suweida non è solo un conflitto interno tra drusi e beduini, ma un nuovo fronte di guerra indiretta tra Israele e il regime siriano.
In un contesto già segnato dal collasso dell’autorità centrale, l’intervento israeliano trasforma una frattura settaria locale in una partita internazionale, dove la protezione di una minoranza serve anche a consolidare la presenza israeliana lungo il confine.
Intanto, ieri sera l’amministrazione Trump ha chiesto a Israele di fermare i raid contro le forze militari siriane nel sud del paese.
Israele e Palestina
■ GAZA: Il Ministero della Salute di Hamas ha dichiarato che 93 palestinesi sono stati uccisi e altri 278 sono rimasti feriti nelle ultime 24 ore a seguito degli attacchi israeliani.
Secondo il Ministero, il bilancio delle vittime a Gaza dall’inizio della guerra è salito a 58.479.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (GHF) ha dichiarato di aver registrato almeno 875 morti nelle ultime sei settimane presso punti di soccorso gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta da Stati Uniti e Israele, e presso convogli gestiti da altre organizzazioni umanitarie, tra cui l’ONU.
Secondo l’ONU, la maggior parte delle vittime si trovava nelle vicinanze dei siti della GHF, mentre le restanti 201 sono state uccise lungo le rotte di altri convogli umanitari. La GHF non ha risposto a una richiesta di commento.
Secondo l’agenzia, uno su 10 bambini sottoposti a screening nelle cliniche UNRWA gestite a Gaza dal 2024 è affetto da malnutrizione.
Una conferenza ONU riprogrammata a New York , prevista per il 28 e 29 luglio, discuterà i piani postbellici per Gaza e i preparativi per il riconoscimento di uno Stato palestinese da parte della Francia e di altri, ha affermato il ministro degli esteri francese .
■ OSTAGGI/CESSATE IL FUOCO: Il Ministero degli Esteri del Qatar ha affermato che le squadre negoziali a Doha continuano a lavorare su un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, aggiungendo che, mentre il Qatar è in contatto con gli Stati Uniti, l’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff non è in programma per una visita a Doha.
Nella dichiarazione si criticava anche duramente Israele, affermando che il Qatar condanna “l’irresponsabile politica israeliana nella regione”.
■ ISRAELE: Il direttore del Centro medico Kamal Adwan di Gaza, il dottor Hussam Abu Safiya – ritenuto dalle autorità israeliane un “combattente illegale” dal dicembre 2024 – sta soffrendo grave fame e abusi mentre si trova in una prigione israeliana, ha detto ad Haaretz il suo avvocato Gheed Kassem .
“Il 24 giugno, il giorno dopo la fine della guerra con l’Iran, i carcerieri sono entrati nella sua cella e hanno iniziato a picchiarlo “, ha detto Kassem, aggiungendo che Abu Safiya era ferito “al mento e alla schiena e provava dolore.
Gli hanno anche rotto gli occhiali”. Un giudice ha prorogato l’arresto di Abu Safiya di sei mesi sulla base di prove classificate non disponibili ai suoi avvocati.
Il partito ultraortodosso United Torah Judaism ha annunciato il suo ritiro dalla coalizione guidata da Benjamin Netanyahu, facendo precipitare il governo in una crisi politica.
Con l’uscita di scena del partito, la maggioranza scende a 61 seggi su 120 alla Knesset. E se anche il partito ultraortodosso Shas confermasse il proprio ritiro, come anticipano i media israeliani, Netanyahu si troverebbe con appena 50 seggi, ben lontano dalla soglia di governabilità.
La causa della rottura è l’annosa questione del servizio militare obbligatorio per la popolazione ultraortodossa, che oggi gode di un’esenzione grazie all’iscrizione alle yeshiva, le scuole religiose ebraiche.
Ma la Corte Suprema israeliana ha stabilito lo scorso anno che questa esenzione non è più legale, aprendo una frattura profonda all’interno della già fragile coalizione di destra.
Netanyahu ha cercato di mediare un compromesso, ma il processo legislativo si è impantanato, anche a causa dell’opposizione di Yuli Edelstein, esponente influente del suo stesso partito, il Likud.
■ CISGIORDANIA: Nelle ultime settimane si è registrato un aumento delle uccisioni e degli attacchi contro i palestinesi da parte di coloni e forze di sicurezza in Cisgiordania, ha affermato l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Jeremy Diamond della CNN ha dichiarato in un post su X che una troupe della CNN che stava seguendo la morte del palestinese-americano Sayfollah “Saif” Musallet durante un attacco di coloni in Cisgiordania la scorsa settimana è stata aggredita dai coloni ed è “riuscita a fuggire illesa”.
Ieri almeno 35 palestinesi, tra cui diversi bambini e ex detenuti, sono stati arrestati martedì dalle forze israeliane in una serie di raid militari in Cisgiordania.
Lo riferiscono in un comunicato congiunto la Commissione per gli Affari dei Detenuti e la Società dei Prigionieri Palestinesi, che parlano di operazioni condotte a Nablus, Salfit, Qalqilya, Jenin, Tulkarem, Hebron e Betlemme.
Dal 7 ottobre 2023, oltre 18.000 palestinesi sono stati arrestati in Cisgiordania, secondo dati palestinesi. Questa cifra non include i detenuti di Gaza, catturati durante le operazioni militari in corso nella Striscia.
Oltre 10.000 detenuti, molti senza processo
Secondo le stime delle ONG, Israele trattiene attualmente circa 10.800 palestinesi, tra cui 450 minori, 50 donne e oltre 3.600 persone in detenzione amministrativa: un regime che permette l’arresto senza accusa né processo, prorogabile a tempo indefinito.
La Cisgiordania resta teatro di violenze crescenti: secondo il Ministero della Salute palestinese, 998 persone sono state uccise e oltre 7.000 ferite da forze israeliane o coloni armati illegali da ottobre a oggi.
■ LIBANO: Almeno 12 persone sono state uccise, tra cui sette membri di una famiglia siriana, e otto sono rimaste ferite, in un attacco israeliano nella regione libanese della Bekaa, secondo quanto riportato da fonti locali.
Una fonte di sicurezza ha riferito ad Haaretz che cinque combattenti di Hezbollah erano tra le vittime.
Etiopia
Medici Senza Frontiere accusa il governo etiope di non aver mai condotto un’indagine credibile sull’omicidio di tre dei suoi operatori umanitari, avvenuto nel giugno del 2021 nel nord del Tigray, nel pieno della guerra civile.
Nel rapporto pubblicato martedì, l’organizzazione evidenzia la mancanza di trasparenza, l’ostilità crescente verso le ONG internazionali e il sospetto – supportato da testimonianze dirette – che l’esercito etiope sia coinvolto nell’esecuzione a sangue freddo dei suoi collaboratori.
María Hernández, Yohannes Halefom e Tedros Gebremariam furono trovati senza vita, crivellati di colpi accanto a un veicolo bruciato.
La zona era allora attraversata da truppe etiopi in ritirata, smentendo la versione ufficiale che attribuiva la responsabilità al TPLF, il fronte di liberazione del Tigray.
Nonostante le promesse, il governo non ha mai condiviso i risultati delle indagini, alimentando il sospetto – come sottolinea MSF Spagna – che manchi la volontà politica di accertare la verità.
Un’indagine del New York Times aveva già identificato nel 2022 un ufficiale etiope che avrebbe ordinato di “finire” gli operatori.
Unione Europea e Albanese
La relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, ha invitato martedì l’Unione Europea a sospendere l’accordo di associazione con Israele, citando gli obblighi legali del blocco ai sensi del diritto internazionale.
L’appello arriva mentre i ministri degli Esteri dell’UE sono riuniti a Bruxelles per discutere, tra le altre questioni, proprio il futuro dell’accordo di associazione con Tel Aviv.
Su X, Albanese ha definito “storico” un eventuale passo verso la fine del genocidio, dell’occupazione permanente e dell’apartheid israeliano, aggiungendo che il vero traguardo non sono nuovi incontri diplomatici, ma azioni concrete contro le violazioni del diritto internazionale.
Albanese ha affermato che il dibattito sull’articolo 2 dell’accordo — che vincola le parti al rispetto dei diritti umani — è “non solo superfluo, ma grottesco”, alla luce delle sentenze della Corte Internazionale di Giustizia e di numerosi organismi dell’ONU.
Citando nuove analisi, ha sottolineato che l’UE è il primo partner commerciale e d’investimento di Israele, con un volume quasi doppio rispetto a quello degli Stati Uniti. Solo tra il 2023 e il 2024, le esportazioni europee verso Israele sarebbero aumentate di 1,2 miliardi di euro.
“Continuare a commerciare con un’economia legata all’occupazione, all’apartheid e al genocidio è complicità,” ha scritto, invitando l’Unione a scegliere tra valori e ipocrisia.
La discussione a Bruxelles resta aperta. Spagna, Irlanda e Slovenia sostengono la sospensione, mentre Germania, Austria, Repubblica Ceca e Ungheria si oppongono.
Sebbene la sospensione totale dell’accordo richieda l’unanimità, alcune sezioni — come la cooperazione commerciale, scientifica o politica — potrebbero essere congelate con una maggioranza qualificata.
Le parole di Francesca Albanese pongono l’Unione Europea di fronte a una scelta che non è solo giuridica, ma profondamente morale.
Può una potenza che si definisce paladina dei diritti umani continuare a commerciare — e a investire — con uno Stato accusato davanti alla Corte Internazionale di Giustizia di genocidio?
Può l’UE pretendere credibilità globale, mentre finanzia — direttamente o indirettamente — un’occupazione permanente che viola le stesse norme che ha contribuito a scrivere?
La risposta non è tecnica, è politica. E il tempo per l’ambiguità sta finendo.
Regno Unito
Il governo britannico ha rivelato martedì che circa 4.500 cittadini afghani — tra cui molti che avevano collaborato con le forze armate del Regno Unito — sono stati ricollocati segretamente nel paese a seguito di una grave fuga di dati avvenuta nel 2022.
Un funzionario del Ministero della Difesa aveva accidentalmente inviato un’email con un foglio di calcolo contenente i nomi di quasi 19.000 richiedenti asilo afghani, e alcuni estratti del documento erano poi finiti online. A
quel punto, il governo conservatore di allora ottenne una super injunction, un’ordinanza giudiziaria straordinaria che proibiva non solo la pubblicazione dei fatti, ma anche la menzione stessa dell’ingiunzione.
Nel frattempo, era stato creato in segreto un programma speciale di ricollocamento, che ora è stato reso pubblico dal nuovo governo laburista.
Con la revoca dell’ingiunzione da parte dell’Alta Corte, è emerso che circa 6.900 persone — tra richiedenti e familiari — saranno complessivamente trasferite nel Regno Unito entro la chiusura definitiva del programma, per un costo stimato di 850 milioni di sterline (circa 1,1 miliardi di dollari).
Il segretario alla Difesa John Healey ha ammesso in Parlamento che è stato “profondamente preoccupato per la mancanza di trasparenza verso il pubblico e il Parlamento” e ha espresso rammarico per l’utilizzo di uno strumento così estremo da parte del governo precedente.
Una revisione indipendente ha concluso che ci sono scarse prove che la fuga di dati abbia realmente aumentato il rischio per le persone coinvolte.
Molti ancora in pericolo
Finora, oltre 36.000 afghani sono stati ricollocati nel Regno Unito attraverso vari canali ufficiali. Tuttavia, migliaia di altri, che avevano lavorato come interpreti o collaboratori delle forze britanniche, restano in Afghanistan esposti al rischio di vendetta da parte dei talebani.
Il giudice Martin Chamberlain, nel revocare l’ingiunzione, ha dichiarato che essa aveva “azzerato i normali meccanismi di responsabilità democratica” e generato “un vuoto di controllo”.
Il caso della super injunction rivela una verità scomoda: nel nome della sicurezza, anche le democrazie più consolidate possono soffocare la trasparenza, impedendo il dibattito pubblico e l’esercizio della libertà di stampa.
Il ricollocamento in segreto ha forse salvato delle vite. Ma l’uso di uno strumento giuridico pensato per i gossip dei tabloid — e mai usato prima da un governo — ha minato il principio di responsabilità che dovrebbe essere al centro di ogni democrazia.
Oggi sappiamo la verità. Ma è legittimo chiedersi: quante altre storie sono ancora coperte dal silenzio giudiziario? E soprattutto, quanti afghani ancora in pericolo sono stati lasciati indietro, dimenticati tra i numeri e gli imbarazzi diplomatici?
Ucraina, Russia e Stati Uniti
Secondo il Financial Times, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump avrebbe incoraggiato in privato l’Ucraina a colpire in profondità il territorio russo. Fonti vicine ai colloqui riferiscono che Trump ha chiesto direttamente a Volodymyr Zelensky se, con l’invio di armi a lungo raggio da parte degli Stati Uniti, l’Ucraina sarebbe in grado di colpire Mosca.
La Casa Bianca non ha commentato, e l’agenzia Reuters non ha potuto verificare in modo indipendente queste affermazioni.
Ma se confermato, si tratterebbe di una svolta clamorosa nella posizione americana, che finora ha frenato gli attacchi diretti sul suolo russo per evitare un’escalation.
Il Cremlino ha definito “molto seria” la dichiarazione di Trump e ha avvertito che nuove forniture di armi, insieme alla minaccia di sanzioni verso i partner commerciali della Russia, potrebbero incoraggiare Kyiv a proseguire la guerra piuttosto che cercare la pace.
Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha dichiarato che la posizione americana non sembra favorire i negoziati, già fermi da mesi. “Un simile messaggio – ha detto – sarà visto a Kyiv non come un segnale per la pace, ma per la continuazione della guerra.”
Trump ha dato alla Russia 50 giorni per raggiungere un accordo di pace con l’Ucraina. In caso contrario, ha promesso sanzioni commerciali durissime contro i pochi partner rimasti a Mosca.
L’obiettivo: tagliare i fondi al conflitto colpendo i flussi commerciali che alimentano la macchina militare russa.
Al momento, però, l’economia russa sembra tenere: grazie all’aumento della spesa pubblica e alla diversificazione delle esportazioni verso paesi come Cina e India, Mosca ha evitato finora la recessione sperata dall’Occidente.
Se le indiscrezioni saranno confermate, l’approccio di Trump alla guerra in Ucraina sembra oscillare tra la provocazione e il calcolo geopolitico.
Da un lato spinge per colpire Mosca direttamente, una mossa che potrebbe infiammare la tensione globale. Dall’altro, fissa un ultimatum alla Russia per sedersi a un tavolo negoziale, usando come leva nuove forniture NATO e la minaccia di un isolamento commerciale ancora più duro.
Il rischio è duplice: che Kyiv si senta legittimata a intensificare gli attacchi, e che Mosca, sentendosi accerchiata, reagisca con maggiore aggressività.
Nel mezzo, l’Europa resta esposta, mentre la diplomazia appare sempre più debole di fronte a una guerra che si alimenta di armi, propaganda e scadenze imposte.
Stati Uniti
Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha incontrato martedì a Washington il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani per discutere di crisi globali e priorità comuni.
Secondo una nota del Dipartimento di Stato, i due hanno parlato di Medio Oriente, guerra in Ucraina, Cina e America Latina.
Al centro del colloquio anche il recente cessate il fuoco tra Israele e Iran, e i prossimi passi per impedire a Teheran di acquisire armi nucleari.
Con l’arrivo di Marco Rubio alla guida della diplomazia statunitense, l’approccio americano ai dossier internazionali si fa più assertivo, ma resta ancorato alle alleanze storiche, come quella con l’Italia. L’incontro con Tajani segnala la volontà di rafforzare il fronte occidentale su più tavoli: dall’Iran alla Cina, dall’Ucraina al Mediterraneo.
Ecuador
Il presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa, ha presentato una proposta di riforma costituzionale parziale che consentirebbe l’uso della castrazione chimica per chi viene condannato per stupro.
La misura, secondo il governo, avrebbe l’obiettivo di ridurre i tassi di recidiva nei reati sessuali e proteggere i minori da possibili aggressori.
Noboa ha anche suggerito l’istituzione di un registro ristretto dei condannati per violenza sessuale, in modo da impedirne il reinserimento in contesti lavorativi a contatto con bambini e adolescenti.
La proposta è stata trasmessa alla Corte Costituzionale, che dovrà esprimersi sulla sua ammissibilità. Solo in caso di parere favorevole, il testo passerà all’Assemblea Nazionale per essere discusso e votato.
Il comunicato della presidenza non chiarisce se la misura si applicherebbe solo ai reati contro minori, o a tutte le condanne definitive per stupro.
Attualmente in Ecuador, lo stupro di minori di 14 anni è punito con una pena da 19 a 22 anni di reclusione.
La proposta di Noboa intercetta la paura e la rabbia sociale verso reati orribili, ma apre anche interrogativi etici e giuridici enormi.
Cina
Secondo i dati ufficiali, l’economia cinese è cresciuta a un ritmo costante questa primavera, nonostante i dazi elevati imposti dal presidente Trump.
Parte della resilienza della Cina risiede negli investimenti in fabbriche e grandi progetti come le linee ferroviarie ad alta velocità e nel continuo afflusso di esportazioni globali.
L’economia ha anche ricevuto una spinta, poiché gli acquirenti, anticipando i dazi, hanno incrementato gli ordini nei primi tre mesi dell’anno.
Se la Cina manterrà l’attuale ritmo di crescita, l’economia del Paese si espanderà a un tasso annuo di circa il 4,1%, solo leggermente più lento rispetto alla crescita registrata nei primi tre mesi di quest’anno.
Il rapporto sul prodotto interno lordo cinese è stato pubblicato mentre gli Stati Uniti facevano il punto sugli ultimi dati sull’inflazione, che mostravano come i dazi di Trump stessero iniziando a far salire i prezzi. I prezzi dei prodotti più esposti ai dazi, come l’arredamento, sono aumentati significativamente a giugno.
Inversione di rotta sui chip: tre mesi dopo aver interrotto le vendite di chip AI di Nvidia alla Cina, l’amministrazione Trump ha cambiato rotta e consentirà alle aziende tecnologiche cinesi di riavviare gli acquisti di chip Nvidia.
EV: Pechino ha dichiarato che limiterà qualsiasi tentativo di trasferire fuori dalla Cina otto tecnologie chiave per la produzione di batterie per veicoli elettrici. Il piano potrebbe rendere più difficile per le case automobilistiche elettriche cinesi aprire stabilimenti all’estero, come l’UE le ha spinte a fare.
Australia: durante una visita in Cina, il primo ministro Anthony Albanese ha incontrato Xi Jinping, il massimo leader cinese, spingendo per legami ancora più profondi, pur essendo sotto pressione da parte degli Stati Uniti.
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