Afghanistan: Io resto qui
Scritto da Barbara Schiavulli in data Settembre 26, 2021
Il primo a venirci incontro scodinzolando è un cane affettuoso che, ironia della sorte, si chiama Bullet. Si accomoda davanti alla scrivania della sua padrona come se volesse ascoltare anche lui quello che sta per dire. Mahbouba Seraj è stata tra le 100 persone più influenti del pianeta nel 2021, secondo Time Magazine e basta darle un’occhiata per vedere che trasuda carisma.
«Se mi sento tradita? Non avete neanche idea di quello che penso degli americani, ho venduto la mia casa negli Stati Uniti, non tornerò, resto qui perché le mie ragazze hanno bisogno di aiuto, ora più che mai».
Seraj ha 73 anni, ha lasciato l’Afghanistan la prima volta durante l’invasione russa e ha deciso di tornare quando negli anni Novanta ha visto le immagini delle lapidazioni compite dai talebani allo stadio di Kabul. Ha dovuto attendere fino al 2003, quando ormai gli americani e tutti gli altri paesi della coalizione sono arrivati, facendo credere a tutti che i talebani non sarebbero mai potuti tornare. «Ho nutrito le donne delle loro bugie per 20 anni – tuona Seraj – e non me ne andrò. Questo è il mio posto e il mio paese».
Il centro antiviolenza
Si occupa delle donne più vulnerabili, quelle che già vivevano una vita tremenda in un paese che, anche senza i talebani, era difficile per qualsiasi donna, gestendo un centro antiviolenza, l’unico ancora aperto in Afghanistan. «I talebani sono già venuti quattro volte negli ultimi sei giorni, sono entrati con la forza nel centro alle 10 di sera, le ragazze erano pietrificate dalla paura. Hanno perquisito il posto fino all’una di notte. Continuavo a dire loro “non potete vedere queste donne”. Ma a loro non è importato niente. Questo è inaccettabile. Continuavano a chiedermi se gli americani venivano e io rispondevo “ma che state dicendo? Come potete incontrare donne che non sono della vostra famiglia? Queste donne sono sotto la mia protezione, non c’è nessuno uomo che gira intorno a loro”. Inaudito».
Le hanno preso la macchina, hanno provato a cacciarla di casa, ma Seraj ancora resiste, ogni giorno affronta la violenza che subiscono le donne, e i talebani con lei hanno una bella gatta da pelare.
«E sapete cosa mi fa impazzire? È che la situazione delle donne è sempre stata difficile in questo paese ma almeno prima, per quanto il governo fosse corrotto, c’era un sistema, c’era la polizia, c’erano dei giudici donne, c’erano degli avvocati. Ora una donna che subisce violenza potrà mai andare da un poliziotto talebano? Con chi mi posso lamentare ora?».
Saraj racconta come è cambiata la vita delle donne che vivono in città, mentre per quelle delle zone rurali la vita resta la stessa, le famiglie conservatrici e i fondamentalisti radicali hanno sempre dominato, ma nelle città è innegabile che ci sia stato un faticoso ma sostanziale miglioramento. Fino al 15 agosto scorso, quando sono tornati i talebani. «Mi sento sola con ogni cellula del mio corpo, ma non mollo». Secondo Seraj la presenza dei talebani incoraggerà gli uomini ad avere un atteggiamento più conservatore che useranno per maltrattare le donne.
Il cambiamento con il ritorno dei talebani
Nel giro di un mese le donne anche in città sono tornate a indossare il burqa, sono state escluse dalla scuola e dal lavoro, non possono uscire senza un parente maschio. Mentre da quando i talebani furono rovesciati nel 2001 le donne hanno conquistato ruoli nella politica, nella pubblica amministrazione, nello sport, nell’arte, nella magistratura e nel giornalismo. Tre milioni e mezzo di ragazze sono tornate a scuola.
Seraj da quando è qui, ha viaggiato ovunque per cercare di creare consapevolezza su tutto quello che riguarda le donne, dalla salute ai diritti, dall’istruzione ai servizi igienico sanitari. Ha fondato enti di beneficienza e organizzazioni per promuovere la pace e i diritti delle donne; nel 2007 ha perfino fondato un programma radiofonico che parla del benessere delle donne e a raggiunto gli angoli più impenetrabili delle province.
Per lei è ovvio che senza le donne il mondo non è un posto vivibile, senza donne nella forza lavoro, in particolare nell’istruzione e nella sanità, un paese come l’Afghanistan andrà completamente in pezzi.
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