27 giugno 2025 – Notiziario Mondo
Scritto da Barbara Schiavulli in data Giugno 27, 2025
- Gaza: Israele blocca gli aiuti nel nord
- Trump minaccia dazi alla Spagna: ma Madrid non ci sta.
- Polonia: via libera alle mine antiuomo.
- Nigeria, riforma fiscale storica: meno tasse per i poveri, più efficienza per lo Stato.
- Centrafrica, strage di studenti: 29 morti e oltre 260 feriti in una scuola di Bangui durante gli esami di maturità.
- Nord Corea inaugura il mega-resort di Wonsan Kalma: tra scivoli, piscine e… propaganda
Introduzione al notiziario: Ogni guerra è Guernica
Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets a cura di Barbara Schiavulli
Israele e Palestina
■ GAZA: Israele ha interrotto l’ingresso degli aiuti umanitari nel nord della Striscia di Gaza, mantenendo solo i passaggi dal sud. La decisione arriva dopo la diffusione di un video che mostra uomini mascherati — alcuni armati — su camion di aiuti.
Il Ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich ha minacciato di lasciare la coalizione se i rifornimenti avessero continuato ad entrare.
Tel Aviv accusa Hamas di appropriarsi degli aiuti. Ma i clan locali, sostenuti anche da esponenti della società civile, replicano: “Stiamo proteggendo gli aiuti, non rubandoli”.
La Gaza Humanitarian Foundation, sostenuto da USA e Israele, è stata l’unica organizzazione autorizzata a distribuire cibo giovedì.
La situazione è drammatica: carestia, scorte finite, civili disperati. Camion assaltati, magazzini svuotati. Intanto, 118 palestinesi sono stati uccisi solo nelle ultime 48 ore, molti vicino ai punti di distribuzione degli aiuti.
In un territorio dove regna la fame, ogni blocco è una condanna a morte. E ogni camion respinto è una vergogna che pesa sulla coscienza del mondo.
Ieri, gli attacchi israeliani hanno ucciso almeno 31 palestinesi a Gaza , ha affermato il Ministero della Salute guidato da Hamas.
■ CESSATE IL FUOCO: Una fonte straniera coinvolta nei colloqui ha affermato che i mediatori qatarioti ed egiziani si stanno incontrando con Hamas al Cairo e stanno aspettando che Netanyahu invii anche una delegazione israeliana.
Mercoledì, l’imprenditore palestinese-americano Bishara Bahbah , legato a Trump e che avrebbe svolto il ruolo di mediatore nei colloqui, ha scritto su Facebook che “alcuni membri della leadership di Hamas sono stati riluttanti a venire al Cairo”.
■ CISGIORDANIA: Quattro palestinesi uccisi, altri nove feriti, case e auto in fiamme: la cittadina di Kufr Malek, a nord-est di Ramallah, è stata presa d’assalto mercoledì, ve lo avevamo accennato ieri, da gruppi di coloni israeliani, scortati — secondo i testimoni — dall’esercito israeliano.
Le vittime includono un 14enne e un 18enne. Uno di loro è stato ucciso con un colpo alla testa davanti casa sua, mentre cercava di proteggere la famiglia.
In risposta, giovedì Ramallah ha osservato uno sciopero generale. Ma non è un caso isolato: le aggressioni da parte dei coloni nell’area si moltiplicano da mesi.
I villaggi attaccati formano una fascia strategica che corrisponde al Piano Allon, disegno israeliano del 1970 per l’annessione della Valle del Giordano.
Dal 2023 a oggi, coloni e forze israeliane hanno ucciso oltre 1.000 palestinesi in Cisgiordania, ferendone più di 7.000 e demolendo quasi 4.000 strutture. Le comunità beduine sono state sistematicamente espulse.
Coloni armati, esercito a proteggerli, case incendiate e bambini uccisi. Il tutto dentro un piano geopolitico vecchio di decenni, spolverato e reso realtà a colpi di fucile.
Se questa non è pulizia etnica pianificata, come vogliamo chiamarla? Sicurezza? Autodifesa?
Meno sentita di Gaza, anche La Cisgiordania brucia. Non per caso, ma per progetto. Dove il governo si finge estraneo, ma i ministri distribuiscono armi.
E se i fatti non bastano, restano le cifre: 40.000 palestinesi sfollati, 165.000 armi nelle mani dei coloni. Numeri che raccontano una sola verità: l’occupazione non è più solo militare, è coloniale. E non fa prigionieri.
■ LIBANO: Le IDF hanno dichiarato di aver ucciso alcuni operativi di Hezbollah in due attacchi nel Libano meridionale giovedì.
ISRAELE: Il ministro della Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir, leader dell’estrema destra e colono lui stesso, ha autorizzato ufficialmente preghiere, canti e danze ebraiche all’interno del complesso della moschea di Al-Aqsa, a Gerusalemme Est occupata.
Lo riferisce Channel 7, secondo cui la polizia ha ricevuto ordini espliciti in tal senso.
La mossa rappresenta una rottura netta con lo “status quo” storico, secondo cui l’area — terzo luogo più sacro per l’Islam — non dovrebbe essere teatro di riti religiosi non musulmani.
Ben-Gvir ha incontrato recentemente leader di gruppi che chiedono un’“ebraicizzazione” del sito, e ha dato loro pieno appoggio: “La mia politica è permettere il canto in tutto il compound”, avrebbe detto.
Tutto ciò smentisce le dichiarazioni ufficiali di Netanyahu, che continua a ribadire che lo status quo non è cambiato.
Permettere a coloni illegali di cantare e ballare in un luogo sacro islamico sotto occupazione non è libertà religiosa. È provocazione programmata.
Ben-Gvir non gestisce la sicurezza: gestisce il caos, a colpi di ideologia fondamentalista e benzina sul fuoco.
Iran
■ IRAN: Il Segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth ha dichiarato in una conferenza stampa che “c’è stata una grande quantità di informazione irresponsabile” riguardo ai danni causati dagli attacchi statunitensi all’impianto nucleare iraniano di Fordow.
Ha criticato le “fughe di notizie parziali a pubblicazioni parziali” di una valutazione preliminare della Defense Intelligence Agency, secondo cui l’attacco potrebbe aver fatto arretrare l’Iran solo di mesi, aggiungendo che ” se volete sapere cosa sta succedendo a Fordow, è meglio andarci e prendere una pala grande “.
I paesi dell’UE ritengono che le scorte iraniane di 408 chilogrammi di uranio arricchito a livelli prossimi a quelli necessari per le armi non fossero concentrate a Fordow, ha riferito il Financial Times, citando due persone informate sulle valutazioni preliminari dell’intelligence.
La Guida Suprema dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha rilasciato la sua prima dichiarazione pubblica da quando il Presidente degli Stati Uniti Trump ha annunciato il cessate il fuoco tra Iran e Israele, avvertendo che gli Stati Uniti ” pagheranno sicuramente un prezzo pesante ” se dovessero attaccare di nuovo l’Iran.
Khamenei ha anche rivendicato la vittoria su Israele e ha affermato che gli Stati Uniti sono intervenuti nella guerra solo perché “ritenevano che se non fossero intervenuti, il regime sionista sarebbe stato completamente distrutto “.
Un disegno di legge parlamentare volto a sospendere la cooperazione dell’Iran con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica è stato ratificato dal Consiglio dei Guardiani, ha riferito il notiziario iraniano Young Journalist Club, riferendosi a un gruppo di ecclesiastici e giuristi che esaminano la legislazione.
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha affermato che Mosca desidera che la cooperazione tra l’AIEA e l’Iran prosegua.
Nigeria
Il presidente nigeriano Bola Tinubu ha firmato quattro nuove leggi fiscali che puntano a rivoluzionare il sistema tributario del paese più popoloso d’Africa.
L’obiettivo: semplificare, alleggerire il peso sui più poveri e migliorare la raccolta fiscale senza aumentare le tasse sui beni essenziali.
Le novità principali:
- Unificazione delle norme fiscali e abolizione di oltre 50 micro-tasse
- Stop all’imposta sul reddito per chi guadagna fino a 1 milione di naira (650 dollari)
- Esenzione IVA su beni essenziali: cibo, affitti, sanità, scuola, energia
- Niente tassa societaria per le piccole imprese con fatturato inferiore a 50 milioni di naira
- Riduzione dell’imposta societaria per le grandi aziende dal 30% al 25%
- Crediti d’imposta sul VAT pagato per beni strumentali
- Nasce anche un Ombudsman fiscale e un Tribunale tributario
L’obiettivo finale è ambizioso: portare il rapporto tasse/PIL dal misero 10% attuale al 18% entro il 2026, allineandosi alla media africana senza spremere chi ha meno.
Tinubu promette una Nigeria dove pagare le tasse non sia più una trappola kafkiana né una vessazione casuale. Ma finché l’arbitrarietà degli esattori resterà la regola, anche la riforma più moderna rischia di diventare carta straccia.
Kenya
Continuiamo a tenervi aggiornati sulle proteste in Kenya dove sale il bilancio delle vittime, almeno 16 persone sono state uccise e oltre 400 ferite, secondo fonti mediche e gruppi per i diritti umani.
Migliaia di manifestanti, in gran parte giovani della Generazione Z, sono scesi in piazza nel primo anniversario delle proteste contro le tasse volute dal presidente William Ruto.
La risposta del governo? Repressione violenta e blackout mediatico.
La Corte Suprema ha poi giudicato illegittimo il bavaglio imposto alla stampa, ma intanto la protesta ha trovato nuove strade: i social media si sono trasformati in megafoni di resistenza, con richieste chiare e gridate: “Ruto deve dimettersi.”
I governi che ignorano la Gen Z scopriranno presto che non basta spegnere le telecamere per fermare una generazione.
Repubblica Centrafricana
Tragedia nella capitale della Repubblica Centrafricana: almeno 29 studenti sono morti e più di 260 sono rimasti feriti dopo un’esplosione che ha scatenato un fuggi fuggi mortale durante gli esami di maturità al liceo Barthélemy Boganda.
Secondo la radio francese RFI, a provocare il panico è stata l’esplosione di un trasformatore elettrico dell’azienda statale ENERCA, mentre oltre 5.000 studenti erano riuniti per il baccalauréat.
Il presidente Faustin-Archange Touadéra ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale, chiedendo unità e promettendo un’indagine per chiarire le responsabilità.
Nel cuore dell’Africa, il futuro ha smesso di respirare tra i banchi di scuola. E finché l’istruzione sarà a rischio morte, nessuna nazione potrà dirsi davvero sovrana.
Spagna
Il premier spagnolo Pedro Sánchez ha respinto le minacce di Donald Trump, che ha annunciato nuovi dazi contro la Spagna per il suo rifiuto di raggiungere il 5% del PIL in spesa militare.
“Una doppia menzogna,” ha detto Sánchez da Bruxelles. “Perché non abbiamo un surplus commerciale con gli USA, ma un deficit.”
Trump, come al solito, ignora le regole base della diplomazia e del commercio internazionale: ha dichiarato che tratterà “direttamente” con Sánchez e che la Spagna “pagherà il doppio” in dazi.
Peccato che sia l’UE – e non i singoli Stati – a negoziare accordi commerciali con Washington.
Intanto, la Spagna ha ottenuto una clausola speciale sulla soglia del 5% di spesa militare entro il 2035, fissata dal nuovo vertice NATO.
Madrid investirà invece il 2,1% del PIL, rivendicando il diritto a non sacrificare welfare e sanità per compiacere le richieste belliche della Casa Bianca.
Trump gioca al bullo di quartiere con i partner NATO, minacciando ritorsioni come un boss mafioso col registratore di cassa. Ma la Spagna, a quanto pare, non ha intenzione di pagare il pizzo.
D’altro canto, un’alleanza militare non può diventare un’estorsione economica. E se l’Europa non impara a dire no, finirà per armarsi a comando americano… e smantellare i suoi servizi pubblici nel nome di una sicurezza che forse non le appartiene.
Unione Europea
Certo, Trump ha le bombe e il gusto per il botto scenografico. Ma i leader europei? Loro lanciano missili retorici da tastiera.
È stata una settimana surreale: Israele e Iran si scambiano fuoco vero, gli Stati Uniti rispolverano l’arsenale, e dall’altra parte del mondo… l’Europa digita preoccupata. Ursula von der Leyen “invita alla stabilità”, Starmer si affida alle notifiche di WhatsApp, Macron consiglia il dialogo… ma intanto si infila discretamente nel bunker.
E l’Alta rappresentante Kaja Kallas? Ha sfoderato la vera arma diplomatica di massa: “Domani ne parleremo tra ministri degli Esteri”. Teheran trema. Washington ride. Gaza brucia.
Nel frattempo Trump, sulla sua personale piattaforma Truth Social, prega il prezzo del petrolio come fosse una creatura senziente: “VI STO GUARDANDO!”
Spoiler: il petrolio non ha Twitter. E neanche coscienza.
Quando la diplomazia si riduce a una guerra di post e dichiarazioni copia-incolla, non stiamo evitando il conflitto: stiamo solo cambiando canale.
Per fortuna, almeno le bombe non leggono i tweet. Ma neanche i tweet, finora, hanno fermato le bombe.
Polonia
Il Parlamento polacco ha votato a stragrande maggioranza (413 sì, 15 no) l’uscita dal Trattato di Ottawa, che vieta l’uso, la produzione e la detenzione di mine antiuomo.
“Non possiamo essere intrappolati in camicie di forza che ci impediscono di difendere la nostra patria,” ha dichiarato il ministro della Difesa Kosiniak-Kamysz.
La Polonia aveva firmato il trattato nel 1997, ma lo aveva ratificato solo nel 2012.
Ora, in pieno clima di allarme per la sicurezza ai confini con la Russia e dopo una dichiarazione congiunta con Estonia, Lettonia e Lituania, anche Varsavia si unisce alla ritirata collettiva dai vincoli sul bando delle mine.
A marzo era già arrivato il segnale dal premier Donald Tusk, che ha parlato anche di possibile uscita dalla Convenzione di Dublino sulle bombe a grappolo. Intanto, Varsavia cerca fornitori per “soluzioni innovative di minamento a distanza”.
Chi semina mine, raccoglie disastri – e lo fa sapendo che a saltare per aria, nella maggior parte dei casi, saranno civili.
Sicurezza non può significare tornare alle armi più infami della storia recente. Se per sentirsi protetti bisogna tornare a seppellire trappole nei campi, allora non è la difesa a vincere, ma la paura a governare.
Russia e Ucraina
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha formalmente approvato la creazione di un tribunale internazionale per processare i vertici politici e militari russi per il crimine di aggressione.
Il tribunale sarà istituito tramite un accordo con il Consiglio d’Europa e mira a colmare un vuoto legale: la Corte Penale Internazionale non può perseguire i russi per l’aggressione in sé, ma solo per i crimini di guerra successivi.
È un passo storico, simbolico e giuridico. Dal bombardamento di infrastrutture civili agli stupri, dalle torture ai sequestri: Kiev vuole che non solo i carnefici, ma anche chi ha pianificato la guerra venga chiamato a rispondere.
La sede del tribunale è ancora incerta (si ipotizza L’Aia), ma è certo che sarà sostenuto da Paesi come Olanda, Giappone e Canada. Gli Stati Uniti lo appoggiavano sotto Biden; sotto Trump, neanche l’ombra.
Finalmente si punta ai mandanti, non solo agli esecutori. Ma resta il grande elefante nella stanza: Putin gode dell’immunità da capo di Stato e la Russia non estraderà mai i suoi uomini. A meno che non crolli tutto.
Stati Uniti
Johnny Noviello, cittadino canadese di 49 anni, è morto in custodia negli Stati Uniti mentre attendeva il rimpatrio da parte dell’agenzia per l’immigrazione ICE.
Era stato arrestato lo scorso maggio in Florida dopo aver scontato 12 mesi per traffico di oppiacei.
Il 23 giugno è stato trovato privo di sensi nel centro federale di detenzione di Miami. La causa della morte è ancora oggetto d’indagine. Noviello, entrato legalmente nel 1988, era residente permanente dal 1991.
Il suo caso rientra in una stretta sulle espulsioni accelerata sotto la linea dura di Trump, che colpisce anche chi ha commesso reati non violenti.
Solo l’8% dei 185.000 migranti detenuti da ICE nell’ultimo anno fiscale aveva commesso crimini gravi. Noviello sarebbe l’ottavo detenuto morto in custodia nel 2025, l’undicesimo nell’attuale anno contabile.
Muoiono cittadini stranieri, ma anche la credibilità americana sulla tutela dei diritti umani. E ogni morte taciuta è un ulteriore mattone nel muro dell’indifferenza. Ma i muri, prima o poi, crollano. Soprattutto quelli costruiti sul dolore.
India
Nello Stato indiano del Kerala è scattata l’allerta arancione per intense piogge monsoniche. Secondo l’India Meteorological Department, si attendono precipitazioni tra gli 11 e i 20 cm in sette distretti, tra cui Ernakulam, Idukki, Kottayam e Thrissur, con rischio inondazioni imminente.
A preoccupare è anche la piena del fiume Chooralmala, che sta spingendo fango e detriti verso le rive. Il ricordo è ancora vivo: nel luglio 2024 il monsone uccise almeno 200 persone, tra frane e smottamenti, radendo al suolo interi villaggi.
Il monsone è una benedizione per la terra, ma senza prevenzione diventa una maledizione per chi la abita. E ogni allerta ignorata è un’altra tomba scavata nel fango.
Corea del Nord
Con “grande soddisfazione”, Kim Jong Un ha inaugurato il nuovo complesso turistico di Wonsan Kalma, sulla costa orientale del paese. Secondo l’agenzia di Stato KCNA, Kim ha definito il resort “uno dei più grandi successi dell’anno” e “il primo orgoglioso passo nello sviluppo del turismo”.
La struttura può ospitare fino a 20.000 visitatori — rigorosamente nordcoreani, almeno per ora. L’apertura è prevista per martedì prossimo.
Tra scivoli colorati, hotel a più piani, piscine e file ordinate di lettini, il complesso promette “felicità” e “bellezza in ogni stagione”.
Con Kim c’erano la figlia Ju Ae, considerata da molti la sua possibile erede, e la moglie Ri Sol Ju, riapparsa dopo 17 mesi di assenza.
Intanto, i turisti occidentali autorizzati a visitare la Corea del Nord restano meno di 5.000 l’anno, e solo attraverso tour rigidamente controllati.
Mentre il Paese è isolato, sanzionato, affamato e sotto sorveglianza costante, Kim si costruisce una Disneyland tropicale per l’élite e le foto ufficiali. Wonsan Kalma non è turismo: è teatro di regime, con scivoli al posto dei missili.
Giappone
Le autorità giapponesi hanno eseguito la condanna a morte di Takahiro Shiraishi, noto come il “killer di Twitter”, condannato per l’omicidio di nove persone, tra cui otto donne e un uomo tra i 15 e i 26 anni.
Shiraishi adescava le vittime tramite Twitter, approfittando dei loro pensieri suicidi pubblicati online.
Si offriva di aiutarle a morire — o di assistere al loro suicidio. In realtà le portava nel suo appartamento vicino Tokyo, dove le strangolava, smembrava i corpi e li nascondeva.
Aveva anche aggredito sessualmente le vittime femminili e rubato loro denaro.
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