28 marzo 2025 – Notiziario Africa

Scritto da in data Marzo 28, 2025

  • Congo, la guerra infinita: tra promesse tradite e nuove mediazioni
  • Sud Sudan sull’orlo del collasso: arrestato Machar, accordo di pace in frantumi
  • Libertà sotto attacco: in Algeria condannato Boualem Sansal
  • Tanzania, l’evoluzione riscritta: trovati utensili in osso di 1,5 milioni di anni fa

Questo e molto altro nel notiziario Africa a cura di Elena L. Pasquini

Repubblica Democratica del Congo

I ribelli del Movimento del 23 Marzo avevano promesso un gesto di pace: ritirarsi dalla città di Walikale, la più occidentale tra le città conquistate dal gruppo armato sostenuto dal Ruanda che da gennaio controlla Goma, la capitale del Nord Kivu, e poi Bukavu, nel Sud Kivu, all’Est della Repubblica democratica del Congo. Walikale è a soli quattrocento chilometri da Kisangani, la città che segna il punto più a monte dove il fiume Congo è navigabile, una delle città più grandi del Paese.

Ma l’M23 ha infranto la promessa, è ancora lì, in quel centro strategico, accusando l’esercito di Kinshasa di continuare con le operazioni offensive. È così che la guerra ha ripreso: M23 da una parte e le milizie filo-governative dei Wazalendo dall’altra.

Muhindo Tafuteni, un attivista della società civile locale, ha detto all’agenzia di stampa Reuters, che gli scontri sono ripresi sulle sponde del Lago Eduardo. Anche a nord di Bukavu si continua a combattere, secondo quanto raccontano i residenti.

Nessuna tregua, dunque, mentre muta la geografia degli sforzi di pacificazione, nel tentativo di arginare una possibile escalation regionale.

Lunedì si sono incontrati i leader delle organizzazioni intergovernative dell’Africa australe e orientale, per tentare un nuovo piano che conduca ad un cessate il fuoco in questa terra che non conosce pace da trent’anni.

È stato nominato un nuovo gruppo di mediatori, tutti ex presidenti, il nigeriano Olusegun Obasanjo; il sudafricano, Kgalema Motlanthe, il keniota, Uhuru Kenyatta, la prima donna presidentessa dell’Etiopia, Sahle-Work Zewde, e Catherine Samba Panza, che è stata presidente ad interim della Repubblica centrafricana.

Un nuovo team, dopo che il presidente angolano, Joao Lourenco, ha deciso di chiamarsi fuori, dopo anni di sforzi di mediazione e due fallimentari tentativi di dialogo, tra Congo e Ruanda (Ruanda che nega di essere dietro la guerra dell’M23, ma di agire per difendersi) e tra il Congo e l’M23.

La scorsa settimana, i ribelli si sarebbero dovuti incontrare con il governo di Kinshasa, ma non l’hanno fatto in segno di protesta contro le sanzioni imposte dall’Unione Europea, come racconta Reuters.

Secondo quanto scrive Radio France International, nel prossimo mese i nuovi negoziatori dovranno compiere dei passi per attuare una “tabella di marcia dettagliata” e “dovranno innanzitutto ottenere un chiaro impegno politico da parte delle varie parti per rilanciare il dialogo diretto. Allo stesso tempo, lavoreranno a un impegno militare volto a prevenire qualsiasi ulteriore escalation di violenza.

Infine, istituiranno un meccanismo di verifica indipendente per monitorare il rispetto del cessate il fuoco”. Una tabella di marcia, si legge ancora, che, verrà poi inoltrata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

La guerra dell’Est del Congo rischia di allargarsi, però, anche al Burundi, i cui soldati hanno combattuto a fianco delle Forze armate congolesi, secondo quanto sostiene il presidente Evariste Ndayishimiye. Ndayishimiye ha dichiarato alla BBC che il Ruanda avrebbe un piano per attaccarli.

“I burundesi non accetteranno di essere uccisi come vengono uccisi i congolesi”, ha dichiarato, “aggiungendo che vuole risolvere il problema con il dialogo”, scrive ancora Reuters.

I leader di Congo e Ruanda, si sono però incontrati in Qatar. Un tentativo di dialogo respinto al mittente da Corneille Nangaa, i leader dell’Alleanza del fiume Congo, di cui fa l’M23. “Tutto ciò che ci riguarda e che viene fatto senza di noi, è contro di noi”, ha detto Nangaa all’agenzia di stampa Associated Press.

Ed è ancora, sempre guerra, in Ituri. Ancora nella Repubblica democratica del Congo, ancora all’Est. L’Est ricchissimo, troppo ricco di minerali, terra, legno, per trovare pace.

La violenza armata torna a far registrare un nuovo picco, in questa provincia lungo il confine con l’Uganda, a Nord del Kivu controllato dall’M23. Lo racconta un rapporto di Medici senza frontiere.

“Per decenni, la popolazione dell’Ituri … è stata sia un bersaglio diretto che un danno collaterale in un conflitto complesso caratterizzato da violenza, divisioni etniche e dalla partecipazione di vari gruppi armati.

Questo conflitto ha anche ostacolato notevolmente l’accesso all’assistenza sanitaria e ai mezzi di sussistenza per le famiglie, mentre la fornitura limitata di aiuti umanitari ha causato ulteriori sofferenze in una comunità che riceve già poca attenzione internazionale”, scrive l’organizzazione impegnata a fornire assistenza medica in condizioni sempre più difficili e che chiede alle parti in conflitto di cessare la violenza sui civili.

Secondo le Nazioni Unite, dall’inizio dell’anno la violenza nell’Ituri ha causato lo sfollamento di circa 100.000 persone.  A febbraio, i team medici di MSF hanno curato bambini di appena quattro anni e donne incinte per ferite da machete e da arma da fuoco, in seguito ad attacchi della milizia nel territorio di Djugu.

“Questi attacchi più recenti sono la conseguenza di decenni di violenza che costringono i civili a ricominciare da capo le loro vite, ancora e ancora. Quel che è peggio è che le storie che i pazienti e le comunità ci raccontano rappresentano solo la punta dell’iceberg”, dice Alira Halidou, capo missione di MSF nella RDC.

In pochi, denuncia ancora MSF, riescono ad accedere all’assistenza sanitarie e le stesse strutture sanitarie sono oggetto di attacchi. “Nel territorio di Djugu, l’ospedale generale di Fataki è stato costretto a sospendere le sue attività ed evacuare i pazienti a metà marzo a seguito di minacce di gruppi armati.

Nella zona sanitaria di Drodro, sempre a Djugu, quasi il 50 percento dei centri sanitari è stato parzialmente o completamente distrutto e ha dovuto essere trasferito. Quando la violenza è aumentata in questo periodo l’anno scorso, una paziente è stata uccisa nel suo letto in un attacco armato all’ospedale generale di Drodro”, scrivono ancora.

Una guerra che ha radici in un passato di violenz mai cessata, e è da questo passato che torna a far parlare di sé, l’ex capo di una milizia condannato dalla Corte penale internazionale a 14 anni di carcere per aver arruolato bambini soldato.

Thomas Lubanga è tornato in libertà e ha annunciato la formazione del suo movimento, Convenzione per la Rivoluzione Popolare, CRP, un movimento politico e armato, lanciato ufficialmente nella regione mineraria di Berunda, a 180 km a Nord i Bunia, la capitale della provincia dell’Ituri.

“Thomas Lubanga respinge le accuse secondo cui avrebbe lanciato questa iniziativa per unirsi al governo di unità nazionale attualmente in preparazione, in seguito alle consultazioni avviate dal presidente Félix Tshisekedi.

Dice che non andrà a Kinshasa e nega qualsiasi legame con l’AFC/M23 di Corneille Nangaa”, secondo quanto riporta Radio France Internationale.

Sud Sudan

Dell’accordo di pace che ha messo fine a una guerra durata cinque anni e che è costata la vita a 400 mila persone potrebbe non restare altro che carta straccia.

Il Sud Sudan è sull’orlo di un nuovo conflitto armato dopo l’arresto di Riek Machar, il vicepresidente, accusato di sostenere i miliziani dell’Armata bianca che a fine febbraio si sono scontrati a Nasir, nello Stato dell’Alto Nilo, con l’esercito, secondo quanto sostiene il Partito di Machar, il Movimento di Liberazione del Popolo del Sudan, l’SPLM/IO.

Secondo fonti del partito, mercoledì scorso gli uomini di un convoglio di 20 veicoli armati, a cui avrebbero preso parte anche il ministro della difesa e il capo della sicurezza nazionale, sarebbero “entrati con la forza” nella residenza di Machar, a Juba, con un mandato di arresto.

“Gli è stato consegnato un mandato di arresto per accuse poco chiare”, ha dichiarato Reath Muoch Tang, presidente del comitato per le relazioni estere di Machar. “Questo atto è una palese violazione della Costituzione e del Revitalized Peace Agreement”, ha affermato Tang.

Machar sarebbe agli arresti domiciliari. Oyet Nathaniel Pierino, vice del partito di Machar, ha dichiarato che con questo arresto l’accordo di pace è “cancellato”, collassato. “Così la pace e la stabilità in Sud Sudan sono messi a serio rischio”, ha detto.

Il Sudan del Sud, il paese più giovane del mondo, poco dopo aver ottenuto l’indipendenza dal Sudan è sprofondato in una guerra civile,  che si è combattuta anche lungo linee etniche, tra forze schierate con Kiir, di etnia Dinka, e quelle  fedeli a Machar, di etnia Nuer, e che si è concluso con un accordo che ha dato vita ad un governo di unità nazionale.

“Stasera, i leader del Paese sono sull’orlo di ricadere in un conflitto diffuso o di portare il Paese verso la pace, la ripresa e la democrazia nello spirito del consenso raggiunto nel 2018 “, ha affermato Nicholas Haysom, capo dell’UMISS, la missione di peacekeeping dell’Onu. Una guerra, sostiene Haysom, che “non solo devasterebbe il Sud Sudan ma colpirebbe l’intera regione”.

Mercoledì mattina, l’ONU ha segnalato scontri avvenuti nelle ultime 24 ore tra le forze fedeli al presidente Kiir e al vicepresidente Machar, fuori dalla capitale Juba. Nessuna conferma è arrivata dal governo.  Dopo gli scontri di febbraio, il governo di Kiir aveva fatto arrestare alcuni dei membri del partito di Machar, incluso il ministro del petrolio.

Algeria

Lo scrittore franco-algerino Boualem Sansal è stato condannato a cinque anni di carcere, con l’accusa di aver “attentato all’integrità del territorio algerino”.

Sansal avrebbe sostenuto pubblicamente la posizione del Marocco “secondo cui il suo territorio era stato amputato a vantaggio dell’Algeria durante la colonizzazione francese”, riporta Radio France Internationale. I

l tribunale penale di Dar El Beida, lo ha condanno alla pena detentiva e ad una multa di circa 500.000 dinari algerini.

“Prima di questa decisione giudiziaria, diversi analisti ritenevano che un verdetto ridotto o una condanna seguita dalla grazia presidenziale avrebbero potuto contribuire ad allentare le tensioni tra Parigi e Algeri.

Uno scenario sempre possibile”, scrive ancora RFI. Secondo la testata francese,  Anne-Claire Legendre, consigliera del presidente Macron per il Nord Africa e il Medio Oriente, si sarebbe regata ad Algeri martedì. Ad inizio aprile, il ministro degli esteri, Jean-Noël Barrot dovrebbe fare altrettanto.

L’arresto di Boualem Sansal, ha reso ancora più tese le relazioni tra Francia e Algeria, tesissime dopo la posizione assunta da Emmanuel Macron a sostengo del piano del Marocco per l’autonomia del Sahara Occidentale, regione contesa, rivendicata dal Fronte Polisario che lotta per la sua indipendenza e che è sostenuto Molti intellettuali e politici francesi hanno espresso il loro sostengo a Sansal, tra loro il premio Nobel, Wole Soyinka e lo scrittore indo-britannico Salman Rushdie.

Egitto

Sei persone sono morte, dei cinquanta turisti che erano a bordo del sottomarino “Sindbad”, sottomarino panoramico affondato a largo di Hurghada, località turistica sulle coste del Mar Rosso. Il sottomarino era in grado di scendere fino a 25 metri e aveva grandi oblò da cui era possibile osservare il fondale.

Le autorità egiziane hanno dichiarato che non risultano dispersi e che i superstiti sono stati accompagnati nei loro alberghi.

Sono in corso indagini per capire la dinamica dell’incidente, che non è un caso isolato. “Ci sono stati diversi incidenti recenti di barche turistiche che si sono capovolte.

Lo scorso giugno, una barca è affondata dopo aver subito gravi danni a causa delle onde alte, anche se non sono state segnalate vittime”, scrive l’agenzia Reuters. A novembre, una barca turistica si è capovolta, almeno 11 persone sono morte.

Il Mar Rosso è un importante snodo per l’industria turistica cruciale dell’Egitto, Paese che è al primo posto in Africa per il fatturato nel settore, con 14,1 miliardi di dollari, che sono oltre il doppio degli introiti provenienti dal canale di Suez.

Tanzania

Le gole di Olduvai in Tanzania non smettono di scrivere e riscrivere la storia dell’umanità. Secondo un articolo pubblicato a marzo sulla rivista Nature, i nostri antenati avrebbero iniziato a realizzare utensili molto prima di quanto fino ad ora noto. “Inizialmente li hanno realizzati in pietra, poi sono passati all’osso come materia prima.

Fino a poco tempo fa, la prima prova evidente della fabbricazione di utensili in osso proveniva da siti in Europa, datati a 400.000 anni fa. Ma ora gli archeologi hanno trovato e datato utensili in osso in Tanzania che sono più vecchi di un milione di anni”, scrive Jackson K Njau, professore dell’Università dell’Indiana, su The Conversation Africa.

“Gli utensili sono ricavati dalle ossa di animali di grandi dimensioni, come ippopotami ed elefanti, e sono stati appositamente sagomati per essere utilizzati nella macellazione di carcasse di grandi dimensioni.

La scoperta di utensili ossei che sono i più antichi mai trovati, di gran lunga, getta luce sull’evoluzione umana. Dimostra che i nostri antenati ominidi erano in grado di pensare e realizzare questa tecnologia molto prima di quanto chiunque pensasse”, spiega il ricercatore.

Gli utensili sono stato ritrovati nel 2018 e sono stati descritti su Nature solo questo mese. “Dimostrano che 1,5 milioni di anni fa, i nostri antenati (Homo erectus) avevano già sviluppato le capacità cognitive necessarie per trasferire le competenze dalla fabbricazione di utensili in pietra alla fabbricazione di utensili in osso”.

Immagine di copertina creata con l’AI

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