5 marzo 2025 – Notiziario Mondo
Scritto da Raffaella Quadri in data Marzo 5, 2025
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- UE: pronto il piano ReArm Europe da 800 miliardi di euro per la difesa militare dell’Europa
- Ucraina: Zelensky pronto a lavorare con gli Stati Uniti per arrivare alla pace con la Russia
- Gaza: approvato il piano egiziano di ricostruzione senza sfollare i palestinesi
- Stati Uniti: è iniziata la guerra dei dazi con Canada, Messico e Cina
- Sudan: Unicef denuncia 221 casi di stupro contro bambini dall’inizio del 2024
- Tanzania: operazione rinoceronti bianchi; dal Sudafrica i primi esemplari per rafforzare la specie
Questo – e non solo – nel notiziario di Radio Bullets, a cura di Raffaella Quadri.
Europa
La Commissione europea ha preparato il piano ReArm Europe per la difesa militare dell’Europa.
Presentato ieri alla stampa dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, il piano prevede di mobilitare quasi 800 miliardi di euro.
ReArm Europe contiene una serie di proposte su come utilizzare tutte le leve finanziarie a disposizione dell’UE per aiutare gli Stati membri ad aumentare in maniera significativa le spese per la difesa.
L’idea è di agire rapidamente sull’immediato, ma anche sul lungo periodo.
Il piano si articola in cinque proposte:
- uso di finanziamenti pubblici per la difesa a livello nazionale
- prestito per investimenti nel settore della difesa
- incentivi a favore dei Paesi per aumentare le spese per la difesa
- e 5. mobilitazione di capitale privato
La prima prevede di liberare l’uso dei finanziamenti pubblici per la difesa a livello nazionale.
L’UE proporrà di attivare la clausola al Patto di stabilità e crescita che consentirà agli Stati membri di aumentare le spese per la difesa in maniera consistente, senza far scattare la procedura per i disavanzi eccessivi.
La seconda proposta prevede l’istituzione di un nuovo strumento che fornirà 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri per investimenti nel settore della difesa.
L’idea è di procedere ad acquisti congiunti per ridurre i costi, aumentare l’interoperabilità e rafforzare la base industriale della difesa europea.
Questo nuovo equipaggiamento è visto anche in termini di maggiore sostegno all’Ucraina.
Il terzo punto riguarda l’utilizzo di incentivi per gli Stati membri che decideranno di adottare programmi per l’aumento della spesa per la difesa.
Le ultime due aree d’azione mirano, invece, a mobilitare il capitale privato anche attraverso la Banca europea per gli investimenti.
«Viviamo in un’epoca pericolosa» ha dichiarato Von der Leyen durante la presentazione del piano alla stampa. «[…] la domanda non è più se la sicurezza dell’Europa è minacciata in modo molto concreto. O se l’Europa debba assumersi una maggiore responsabilità per la propria sicurezza. […] La vera domanda che abbiamo di fronte è se l’Europa sia pronta ad agire con la stessa determinazione che la situazione richiede. E se l’Europa è pronta e capace di agire con la velocità e l’ambizione necessarie».
Ucraina
E mentre, l’Europa si compatta al fianco dell’Ucraina, decretando nuove misure di aiuto alla nazione in guerra, anche attraverso il piano ReArm Europe,
dalle minacce Donald Trump è passato ai fatti.
Detto, fatto.
Gli Stati Uniti hanno sospeso gli aiuti militari all’Ucraina, fino a quando il presidente statunitense non vedrà, da parte del governo di Kiev, un reale impegno per la pace con la Russia.
La posizione presa dall’inquilino della Casa Bianca nella giornata di ieri ha determinato la rapida risposta di Kiev.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato di essere pronto a lavorare sotto la leadership statunitense, al fine di ottenere un accordo di pace duraturo.
Si è detto intenzionato a mettere fine rapidamente alla guerra, parlando della possibilità di dichiarare una tregua delle ostilità – sia via cielo sia via mare – e di rilasciare i prigionieri, a patto però che Putin faccia lo stesso.
Zelensky resta però fermo sulla questione concessioni.
I territori occupati dalle truppe del Cremlino non saranno riconosciti come russi.
L’intenzione, ha ribadito il presidente ucraino, è di considerare queste occupazioni come temporanee.
Stati Uniti
Tra le promesse trumpiane divenute realtà ci sono anche i dazi contro Canada, Messico e Cina, che subito hanno provocato l’agitazione dei mercati mondiali.
Le merci importare negli USA dai due paesi americani – che sono i maggiori partner commerciali degli Stati Uniti – saranno soggette a un’imposta del 25%, mentre sarà del 10% quella sui prodotti energetici canadesi.
L’import dalla Cina, invece, è passato dal 10%, introdotto lo scorso febbraio, al 20%.
Le amministrazioni canadese, messicana e cinese non sono rimaste però con le mani in mano.
E – si legge sul Los Angeles Times – hanno risposto con la minaccia di vere e proprie ritorsioni.
Pechino ha introdotto tariffe fino al 15% su diverse esportazioni agricole statunitensi e ha aumentato anche il numero di aziende statunitensi soggette a controlli sulle esportazioni e altre restrizioni.
Mentre Canada e Messico sono pronti a rispondere, a loro volta, con pesanti tariffe su beni e prodotti statunitensi se Trump non ritirerà in breve tempo le misure imposte nei rapporti commerciali con loro.
La preoccupazione per le scelte di Trump serpeggia però anche entro i confini USA ed è una preoccupazione bipartisan, che interessa sia politici democratici che repubblicani.
Mentre gli economisti temono un effetto sull’inflazione e paventano il rischio di una guerra commerciale.
Ma il neo presidente si dice certo che i dazi sulle importazioni contribuiranno a migliorare l’economia americana.
Nicaragua
Il Parlamento del Nicaragua sta per modificare la Legge elettorale, dietro ordine del presidente Daniel Ortega e di sua moglie Rosario Murillo, che guida il paese al suo fianco.
La nuova Legge elettorale include la figura del copresidente – ricoperta proprio da Murillo, che è anche vicepresidente – amplia il mandato da cinque a sei anni degli eletti, riduce il numero dei giudici elettorali e rende il Consiglio elettorale dipendente dalla Presidenza.
Gaza
Ricostruire la Striscia di Gaza senza sfollare i palestinesi.
È questo il piano proposto dall’Egitto alla Lega Araba e che è stato approvato.
A dichiarare il sì al progetto di ricostruzione è stato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sis, che lo ha annunciato a margine dell’incontro dei leader arabi tenutosi a Il Cairo.
L’intento era trovare una soluzione da opporre al piano del presidente americano Trump che aveva proposto il trasferimento della popolazione palestinese in Egitto e in Giordania, e il controllo statunitense sulla Striscia.
Il piano approvato al vertice egiziano piace anche all’ONU.
Il segretario generale Antonio Guterres ha confermato il sostegno delle Nazioni Unite al progetto arabo.
Ha dichiarato – si legge su Ansa – che «le Nazioni Unite sono pronte a collaborare pienamente a questo sforzo».
Intanto Israele rivendica lo stop agli aiuti umanitari nella Striscia.
Secondo il Ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, i beni che entrano nei territori devastati dalla guerra servirebbero ad Hamas per ricompattare le proprie file.
Sarebbero usati, sostiene il Ministro, come fonte di reddito.
Sa’ar sottolinea anche l’importanza di demilitarizzare Gaza per poter poi passare alla fase due della tregua.
Questa prevede il ritiro completo dei militari israeliani dal corridoio Philadelphia, il rilascio di tutti gli ostaggi maschi e la restituzione delle salme.
La durata della seconda fase dell’accordo di tregua dovrebbe essere di quarantadue giorni a partire da domenica 9 marzo.
Serbia
Dure contestazioni nel Parlamento serbo.
Il governo di Belgrado, accusato di corruzione, ha subìto in aula le pesanti proteste delle opposizioni.
Lo scontro è degenerato presto in violenza, con risse e il lancio di oggetti, petardi e fumogeni, che hanno provocato il ferimento di tre deputate.
Gli scontri in Parlamento sono il seguito delle tensioni di piazza che da mesi stanno provocando disordini in tutto il paese.
Sudan
UNICEF ha pubblicato un nuovo Rapporto intitolato “La crisi degli stupri e delle violenze sessuali sui bambini in Sudan”.
Secondo i dati raccolti, dall’inizio del 2024 sono stati registrati 221 casi di stupro contro bambini.
Nello scenario del conflitto che sta attraversando il paese, i più piccoli sono le vittime di uomini armati che li violentano e aggrediscono sessualmente, arrivando a compiere queste atrocità persino su neonati.
Dei 221 bambini sopravvissuti allo stupro, il 66% sono femmine e il 33% maschi.
Tuttavia, queste cifre rappresentano solo una piccola parte dei casi totali.
I sopravvissuti e le loro famiglie spesso non vogliono o non possono denunciare.
Difficoltà di accesso ai servizi e agli operatori di prima linea, paura dello stigma sociale o di essere rifiutati dalla famiglia o dalla comunità, o peggio paura di ritorsioni sono tra i motivi che impediscono loro di farsi avanti.
UNICEF sta lavorando alla creazione di spazi sicuri che forniscano servizi per chi è sopravvissuto alla violenza di genere, integrando questi servizi nei centri sanitari e nelle cliniche mobili, e dando le relative forniture mediche.
Inoltre, sta rafforzando le capacità degli operatori di prima linea e li sta dislocando in tutto il Sudan per fornire servizi a livello comunitario.
Questa situazione, afferma in un comunicato la Direttrice Generale UNICEF Catherine Russell, «dovrebbe sconvolgere chiunque e costringere ad agire immediatamente».
«Milioni di bambini in Sudan sono a rischio di stupro e di altre forme di violenza sessuale, che vengono usate come tattica di guerra» dice la direttrice.
«Si tratta di un’esecrabile violazione del diritto internazionale e potrebbe costituire un crimine di guerra. Deve finire».
Tanzania
Diciotto rinoceronti bianchi sono giunti in Tanzania dal Sudafrica.
L’operazione fa parte di un progetto che ha lo scopo di rafforzare la conservazione della specie fortemente diminuita nel corso degli anni e di stimolare, nel contempo, il turismo.
Saranno in totale trentasei gli esemplari che verranno trasferiti in Tanzania, sempre dal Sudafrica.
Questo paese, ancora oggi, ospita il maggior numero di rinoceronti bianchi al mondo, stimati nel 2023 dalla International Rhino Foundation (IRF) in poco meno di 14mila esemplari.
Dal 2007, il bracconaggio in Sudafrica ha portato infatti alla perdita di ben 10mila esemplari.
Peggiore la situazione tanzaniana. La Fondazione ha calcolato che qui il numero di rinoceronti bianchi sia passato da 10mila esemplari, negli anni Settanta, a 212 registrati nel 2021.
Il progetto, quindi, mira a rafforzare la popolazione anche in Tanzania.
Gli animali giunti nel paese inizialmente saranno tenuti in un recinto, per avere il tempo di adattarsi a clima e cibo locali.
Successivamente saranno liberati nell’area naturale protetta di Ngorongoro.
Foto in copertina: European Union – 2025
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