8 settembre 2025 – Notiziario Mondo

Scritto da in data Settembre 8, 2025

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  • Gaza: ultimatum di Trump a Hamas e proposta di accordo per le parti
  • UNICEF: per Gaza City è crisi umanitaria, a rischio vita circa un milione di persone soprattutto bambini
  • Global Sumud Flotilla: problemi tecnici e maltempo posticipano la partenza
  • Israele: per la Corte Suprema violati i diritti dei prigionieri palestinesi
  • Ucraina: nuovi attacchi russi e la condanna internazionale
  • Perù: no alla riserva amazzonica

Questo – e non solo – nel notiziario di Radio Bullets, a cura di Raffaella Quadri.

Gaza

Donald Trump interviene nuovamente sulla guerra in Medioriente e lancia un ultimatum a Hamas.

Un nuovo e durissimo avvertimento che ha pubblicato sul suo social Truth.

Ha annunciato conseguenze se le milizie di Hamas non libereranno tutti gli ostaggi.
«Questo è il mio ultimo avvertimento» ha minacciato il presidente USA «non ce ne sarà un altro».

Trump si dice convinto che la fine della guerra sia una volontà di tutti, ribadendo che Israele avrebbe già accettato le sue condizioni e invitando Hamas a fare altrettanto.

Proposta di accordo

Sul piano diplomatico, Donald Trump avrebbe presentato a Hamas una proposta di accordo.

Questo prevederebbe il rilascio di tutti gli ostaggi – sia quelli ancora in vita sia i corpi dei deceduti – in cambio della liberazione di migliaia di prigionieri palestinesi e della fine dell’operazione israeliana a Gaza City.

La proposta americana pare abbia trovato favori da entrambe le parti, pur con qualche riserva sui dettagli del possibile accordo.

Hamas, secondo fonti vicine all’organizzazione, potrebbe non respingere la proposta.

E anche Israele, secondo i media locali, sarebbe intenzionato ad accettare il piano.

A condurre la direzione dei negoziati, ci sarebbe, ovviamente, il presidente americano.

Offensiva a Gaza City

Prosegue e si intensifica intanto l’offensiva israeliana a Gaza City.

L’esercito sta colpendo da giorni i grattacieli della città, ritenuti centri di comando di Hamas.
Tre i grandi edifici distrutti in poche ore.

L’ultimo in ordine di tempo la torre Al-Ruya, che è stata rasa al suolo nel corso dell’ennesimo raid israeliano sulla città.

I bombardamenti continui avrebbero interessato però anche altri edifici, dicono da parte palestinese.

Una scuola utilizzata come rifugio dagli sfollati, diverse abitazioni e persino una tenda.
Le fonti mediche locali parlano di almeno 21 morti.

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu rivendica l’operazione, affermando che l’esercito sta demolendo le infrastrutture terroristiche.

Hamas chiama, invece, le stesse azioni con un altro nome: crimini di guerra.
E denuncia che almeno 50 edifici sarebbero stati distrutti mentre altri 100 sarebbero ormai gravemente danneggiati.

Una situazione che sta colpendo soprattutto la popolazione civile.

Crisi alimentare

I bombardamenti non sono però l’unico problema di Gaza.

Perché se non si muore sotto le bombe, a Gaza City e in tutta la Striscia si muore di fame.
La crisi alimentare sta continuando a mietere vittime.

Nelle ultime ore altre cinque persone, tra cui tre bambini, sarebbero decedute per la mancanza di cibo.
Il numero delle morti causate della carestia dall’inizio del conflitto sarebbe salito, quindi, a 387.

UNICEF lancia l’allarme su Gaza City

Gaza City è sull’orlo di una catastrofe umanitaria.

UNICEF avverte che un’ulteriore intensificazione dell’offensiva militare metterebbe a rischio la vita di circa un milione di persone, tra cui moltissimi bambini.

Il crollo dei servizi essenziali sta lasciando i più piccoli senza riparo e cure.
Solo 44 dei 92 centri nutrizionali sostenuti da UNICEF – si legge in una nota stampa – sono ancora operativi.

Si tratta di strutture essenziali per dare supporto vitale a migliaia di bambini malnutriti.
Negli ospedali la situazione è addirittura drammatica.

Delle 11 strutture parzialmente funzionanti, solo 5 hanno ancora le terapie intensive neonatali.
Malnutrizione, sfollamento e bombardamenti stanno privando i bambini di ogni possibilità di sopravvivenza.

L’organizzazione chiede quindi, con urgenza, a Israele di garantire l’ingresso degli aiuti umanitari e la protezione delle infrastrutture essenziali.

Nel contempo, chiede a Hamas di rilasciare gli ostaggi ancora in prigionia.

L’appello è rivolto anche alla comunità internazionale, affinché usi tutta la propria influenza per fermare la violenza e ripristinare il cessate il fuoco.

Global Sumud Flotilla

Intanto resta in attesa di prendere il largo in direzione delle coste della Striscia di Gaza la Global Sumud Flotilla.

La partenza da Catania – dove si trova in questo momento anche la nostra Barbara Schiavulli, direttrice di Radio Bullets – è stata nuovamente posticipata, aspettando l’arrivo delle imbarcazioni salpate da Barcellona.

«Avrebbe dovuto essere domenica 7 settembre» spiega Schiavulli, tuttavia «problemi tecnici e il maltempo che ha sorpreso le barche a cui avremmo dovuto unirci» dice «hanno ritardato la missione».

Global Sumud Flotilla: in attesa della partenza per Gaza

Israele

In queste ore, anche il territorio di Israele è stato colpito.

Per la prima volta dopo mesi, un drone lanciato dai ribelli Houthi è riuscito a penetrare le difese israeliane e a colpire un terminal dell’aeroporto internazionale di Eilat-Ramon.

A seguito dell’attacco è stato necessaria la chiusura per alcune ore dello spazio aereo sullo scalo.

Intanto, la Corte Suprema di Israele ha dato ragione ad alcune ong e ha emesso una sentenza contro il Ministero della sicurezza nazionale israeliano, guidato da Itamar Ben Gvir, e il Servizio penitenziario israeliano.

I giudici hanno accusato lo Stato di non garantire cibo sufficiente ai detenuti palestinesi e di violare così gli obblighi legali che hanno nei loro confronti.

La Corte, inoltre, ha ordinato che vengano adottate misure immediate per garantire la sussistenza dei detenuti.

Le ong avevano accusato le autorità israeliane di aver deliberatamente ridotto gli alimenti al di sotto dei livelli minimi, causando, in alcuni casi, addirittura la morte di prigionieri palestinesi.

Regno Unito

Tensione anche nel Regno Unito, dove la polizia ha arrestato 890 persone durante la manifestazione organizzata a Londra in sostegno di Palestine Action.

Il gruppo è stato dichiarato “organizzazione terroristica” e messo al bando dal governo britannico.

Il numero dei fermati negli ultimi giorni sale a oltre 1.500 persone.
La repressione ha scatenato però un’ondata di polemiche interne al paese, con accuse di metodi senza precedenti.

Una situazione inusuale per il Regno Unito.

Ucraina

Continua la guerra anche in Europa.

Notte di terrore in Ucraina, con un attacco russo senza precedenti.
La Russia ha lanciato contro il paese almeno 810 droni e 13 missili.

Le difese aeree ucraine sono riuscite ad abbatterne la grande maggioranza, ma non tutto è stato fermato.

A Kiev, il palazzo del Consiglio dei ministri, sede del governo, ha subito gravi danni.
Il tetto e i piani superiori sono stati colpiti e un incendio è divampato nella struttura.

È la prima volta che un attacco russo raggiunge la sede del governo ucraino.

Gli attacchi hanno provocato almeno quattro morti e decine di feriti in diverse regioni del paese.
A Kiev, in particolare, si sono registrate due vittime e diciotto feriti.

Reazione di Kiev

Dopo questo attacco Kiev ha chiesto con forza, nuovamente, maggiore sostegno internazionale.

In particolare, si chiedere di rafforzare le sanzioni, soprattutto contro il petrolio e il gas russi, e nuove armi per la difendere il paese.

Anche il presidente Volodymyr Zelensky ha ribadito l’urgenza di una risposta decisa.
«È importante che i partner rispondano in modo completo a questo attacco» ha affermato nel suo discorso serale.
«Contiamo su una forte risposta dagli Stati Uniti» ha detto.

Reazioni internazionali

Il presidente francese Emmanuel Macron ha avuto un lungo colloquio telefonico con Zelensky dopo i bombardamenti, ribadendo il pieno sostegno della Francia.

Nel condannare con fermezza la nuova offensiva russa, Macron ha sottolineano come l’accaduto dimostri, una volta di più, che Putin non ha alcuna intenzione di arrivare alla pace.

Reazioni anche dall’Italia con il messaggio della premier Giorgia Meloni, che ha sottolineato come Roma, assieme agli alleati occidentali, continuerà a sostenere l’Ucraina.

Energia e gas

Intanto, sul fronte economico, il colosso russo Gazprom torna ad agitare lo spettro di una crisi energetica per l’Europa.

Un inverno rigido, ha prospettato l’amministratore delegato Alexey Miller, potrebbe mettere a rischio le forniture di gas.

L’Unione Europea, ha sottolineato, non starebbe reintegrando a sufficienza gli stoccaggi.

Al momento, i depositi europei risultano pieni al 78,6%, contro il 93% registrato lo scorso anno.
Secondo Gazprom vi sarebbe un divario di circa 19 miliardi di metri cubi tra consumi e reintegri.

Un inverno freddo potrebbe rappresenterà un problema reale per il vecchio continente.

Perù

Non ci sarà alcuna riserva amazzonica Yavari Mirim.
Il Parlamento peruviano ha respinto la proposta di istituire un’area protetta di oltre 11.700 chilometri quadrati nella regione di Loreto.

L’intento era di tutelare cinque tribù indigene in isolamento volontario che vivono nella regione dell’Amazzonia lungo il confine con il Brasile.

Un fatto grave per le organizzazioni indigene, che definiscono la decisione una grave violazione dei diritti umani e ambientali.
Secondo loro, il governo del Perù favorisce così gli interessi economici delle grandi imprese del legno, del petrolio e delle miniere.

Gli oppositori alla riserva sostengono che l’area avrebbe frenato lo sviluppo economico e che non ci sarebbero prove certe della presenza di comunità isolate.

La partita però non si chiude con questo voto.
Le associazioni indigene hanno annunciato che procederanno a nuove azioni legali.

Brasile

Un tunnel sottomarino per collegare le città di Santos e Guarujá, e un investimento di oltre un miliardo di euro.

È questo il progetto previsto in Brasile entro il 2031 ed è stato sostenuto con forza anche dal presidente Lula da Silva.

Il tunnel, che è destinato a essere la prima struttura del genere nel paese, sarà lungo un chilometro e mezzo, di cui 870 metri sotto il livello del mare.
La sua realizzazione prevede il posizionamento di blocchi prefabbricati di cemento che, dopo essere stati calati nel canale, verranno ricoperti da sabbia e pietre.

L’infrastruttura permetterà il passaggio di auto, mezzi pubblici, camion, biciclette e pedoni, sostituendo i traghetti che oggi collegano le due città.

Guyana

In Guyana, Irfaan Ali è stato rieletto presidente per un secondo mandato.

Ali è il leader del Partito progressista del popolo/civico e ha ottenuto il 55% dei voti, staccando nettamente i suoi rivali.

Al secondo posto si è piazzato, con il 24,8%, il nuovo partito Win, fondato dal magnate Azruddin Mohamed.
Ritenuto dagli Stati Uniti vicino al presidente venezuelano Nicolás Maduro, il controverso uomo d’affari, lo scorso anno, era stato persino sanzionato da Washington per traffici d’oro non dichiarati.

Terza, infine, la coalizione di sinistra, Alleanza per una Nuova Unità, che ha ottenuto il 17,7% dei voti.

Nel programma politico del presidente, la riduzione della povertà e una maggiore sicurezza nazionale, che vuol perseguire attraverso lo sviluppo dell’industria petrolifera.

Giappone

Mentre nel paese sudamericano si celebra un’avvenuta rielezione, al di là del Pacifico si assiste alle dimissioni di un politico.

Nella fattispecie si tratta del premier del Giappone Shigeru Ishiba che ha annunciato le dimissioni, ponendo fine a un mandato durato meno di un anno.

Politico veterano del Partito liberal-democratico, ha dovuto affrontare momenti di particolare difficoltà per il paese, attraversato da una crisi politica ed economica senza precedenti.

L’avvento dell’amministrazione Trump negli Stati Uniti e le tensioni sui dazi hanno aggravato poi le condizioni del Giappone e, di conseguenza, la leadership del premier che ha presto perso la maggioranza alla Camera bassa.

E non avrà vita facile neanche il suo successore. I numeri non consentono ad alcun candidato di raggiungere una maggioranza solida.
Governare il Giappone nei prossimi mesi non sarà semplice.

Cina

Secondo fonti della Casa Bianca, il presidente americano Donald Trump potrebbe incontrare il leader cinese Xi Jinping il mese prossimo in Corea del Sud, a margine del vertice Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation).

Intanto, Pechino ha ribadito la sua contrarietà alle pressioni economiche richieste da Washington e dai partner europei per ridurre i rapporti con la Russia.

Il governo dichiara di volersi così opporre al tentativo di trascinare la Cina nella guerra in Ucraina.

Foto in copertina: Aberrant Realities – Pixabay

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