Georgia, il rapimento delle vergini

Scritto da in data Ottobre 16, 2018

Da secoli si compie il dramma delle spose bambine pervade Giorgia ed è diventata un’emergenza sociale. Private dalla loro infanzia, allontanate dalla scuola, rifiutate dalla famiglia ed escluse dalla società: il loro unico destino è stare accanto all’uomo  che non si è scelto. A cura di Julia Kalashnyk da Kyiv

Foto in evidenza: DARO SULAKAURI

Nel 1967 nei cinema sovietici usciva il film “La prigioniera caucasica”, conosciuta in Italia come “Una vergine da rubare”, dove veniva derisa la pratica tradizionale del rapimento della sposa, usanza molto comune nelle varie culture del Caucaso. Sono passati tanti anni, però sembra che il fenomeno persista ancora.

Ogni anno in Georgia si verificano dozzine di rapimenti delle ragazze, solitamente minorenni, per lo più scolarette. Lo scenario del rapimento è più o meno lo stesso: afferrano la ragazza, la costringono a salire in macchina, la portano via e poi la costringono a sposare il rapitore. “Il rapimento con lo scopo di creare una famiglia”, lo chiamano così. Di norma, una ragazza rapita non viene quasi mai sostenuta dalla propria famiglia, che si rifiuta di portarla a casa, ritenendola “disonorata”. Vicini punteranno sempre il dito contro la ragazza restituita e diranno che è stata compromessa. Nessuno la vorrà sposare. Così, i parenti delle ragazze rapite, i loro vicini, gli anziani della comunità probabilmente considerano il matrimonio della ragazza l’unica via d’uscita possibile. Le famiglie aggirano le leggi ed evitano di registrare il matrimonio, finché la ragazza non sarà maggiorenne. Ci sono stati degli casi però dove genitori hanno ripreso loro figlie, nonostante la pressione sociale. Questo gesto è ammissibile solo quando le ragazze si trovano subito, a poche ore dal rapimento, quando non passano la notte con il rapitore. I neomariti sono quasi sempre più grandi.

Di solito, è la madre dello sposo a cercare la ragazza per lui: comincia a venire nella casa della futura sposa a prendere del tè, a volte riesce a contrattare anche con la sua famiglia.

Le ragazze sono influenzate dalle tradizioni, pensano che sia normale sposarsi così giovani e reinterpretano il destino delle loro madri e nonne. Si trovano abbandonate dalla famiglia e dallo Stato, sotto forte pressione sociale. Non resta loro altro che accettare il proprio destino.

Nona Samharadze, attivista del movimento femminile in Georgia, crede che al giorno d’oggi le ragazze vengano rapide meno, però ancora c’è tanto lavoro da fare. Le leggi condannano il rapitore fino a quattro anni di reclusione, se la sposa è minorenne la pena si protrae fino agli undici anni. Però sembra che sia lo Stato stesso a favoreggiare la vecchia usanza. “Ci sono diverse ragioni perché questo accada”, spiega Nona ai media locali. Secondo l’attivista per diritti umani, in primo luogo, tra le forze d’ordine ci sono tanti che vedano l’accaduto come una tradizione, e non come un crimine. Ci sono stati dei casi in cui prima il rapitore si è consultato con altri poliziotti su come evitare la punizione. La tradizione che è restia a morire ed è unica domanda che ci rimane è come fermare queste arretratezze?


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