Il vantaggio di essere artificiali

Scritto da in data Novembre 14, 2018

L’intelligenza artificiale, frontiera tecnologica o limite etico? Mentre il mondo scientifico dibatte, si fanno scoperte che dimostrano l’utilità del ricorso all’AI, per esempio nel campo della diagnostica medica e altre che mirano a migliorare l’interazione uomo – macchina.
Resta da chiedersi fino a che punto saremo disposti a farci sostituire da un computer. 
Raffaella Quadri per Radio Bullets. Musiche di Walter Sguazzin.

 

L’intelligenza artificiale (AI – artificial intelligence), come dice il termine, è la capacità di un sistema artificiale –un computer– di imitare i processi mentali del cervello umano. Non solo quindi la capacità di compiere determinate azioni ma, in particolare, quella di imparare dai propri errori e dall’ambiente circostante, comportandosi poi di conseguenza, e di utilizzare quindi la facoltà di decidere, imitando in sostanza quello che è –o dovrebbe essere– il pensiero umano.

Al momento le applicazioni dell’intelligenza artificiale sono le più disparate e se, per alcuni versi, costruire computer dotati di capacità di ragionamento e di intelletto simili a quelle umane può preoccupare –nel mondo della scienza vi sono dibattici sulle implicazioni etiche–, per altri versi, può rivelarsi decisamente utile. Si pensi, per esempio, a quando le capacità dell’AI sono utilizzate in campo diagnostico.

Sulla rivista scientifica “Radiology” pochi giorni fa è stato pubblicato uno studio condotto presso la University of California che riguarda la creazione di un modello di apprendimento profondo –deep learning model– ovvero uno speciale algoritmo che consente al computer di individuare cosa accade nel cervello umano con l’insorgere di una delle più devastanti malattie neurologiche, il morbo di Alzheimer.

È stato riscontrato, infatti, che alcune zone del cervello dei malati di Alzheimer vanno incontro a cambiamenti metabolici e, in particolare, a variazioni nell’assorbimento del glucosio. Sinora ci si è affidati ad analisi radiologiche del cervello per individuare queste trasformazioni e cercare di intervenire per tempo, ma proprio il ricorso all’AI potrebbe rendere le diagnosi molto più precoci.

I ricercatori, quindi, hanno sottoposto al computer i risultati di duemila Pet (tomografia a emissione di positroni) effettuate tra il 2005 e il 2017 su mille pazienti affetti dal morbo che valutavano nello specifico proprio tali variazioni; insegnandogli, in sostanza, a riconoscere i fattori che predicono l’insorgere della malattia.

Una volta creata questa base dati, si è passati al test: il computer ha analizzato le immagini indipendenti di altri quaranta pazienti realizzate tra il 2006 a 2016. Proprio grazie a quanto precedentemente imparato, è riuscito a riconoscere i segnali anche minimi del comportamento del cervello che porterebbero allo sviluppo, nel corso del tempo, del morbo e quindi a predire, con largo anticipo, l’insorgenza della malattia.

Un passo importante, perché si parla addirittura di anticipare di almeno sei anni la diagnosi vera e propria. Un anticipo cruciale per poter intervenire il prima possibile con le cure preventive sino ad oggi disponibili e che permettono di rallentare la malattia.

Un uso diverso dell’AI è stato ideato invece in Cina. Alla quinta edizione della “World Internet Conference”, tenutasi dal 7 al 9 novembre 2018 nella città di Wuzhen nella provincia di Zhejiang, il motore di ricerca cinese Sogou ha presentato il primo giornalista virtuale.

I ricercatori si sono basati su una tecnologia da loro sviluppata, la “Sogou avatar”, e su tecniche sofisticate per la localizzazione dei punti di riferimento del volto umano, così da ricostruire e imitare le nostre espressioni facciali.

Ma la particolarità di questo avatar del mezzobusto è la capacità, data appunto dall’intelligenza artificiale, di sincronizzare perfettamente immagini e voce, e di reagire quindi in tempo reale.

In pratica quando il computer riceve il testo di una notizia –l’input può essere scritto o vocale– immediatamente è trasmesso il video del giornalista virtuale che lo legge, con tanto di espressioni facciali tipicamente umane, con una perfetta sincronia tra immagini e voce.

Non si tratta di un semplice esperimento, in quanto insieme a Sogou ha partecipato al progetto la Xinhua News Agency, ovvero l’agenzia Nuova Cina, della cui redazione il giornalista avatar non solo fa ormai parte, ma ha il volto di uno dei reali reporter dell’agenzia.

Il vantaggio, dichiarato dagli ideatori, e risparmiare sui costi, avendo a disposizione un lavoratore instancabile h24. La tecnologia sviluppata ha l’intento, inoltre, di migliorare l’interazione uomo – macchina e in progetto c’è di sfruttarla, in futuro, anche in altri ambiti lavorativi.

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