Sempre più
Scritto da Barbara Schiavulli in data Dicembre 20, 2018
La voce sensuale di Ella Fitzgerald impregna il silenzio della stanza. Da quando ho deciso di abbandonare gli mp3 e usare un giradischi la musica mi sembra abbia tutto un altro sapore. Sorseggio un tè alla cannella e arancio che fa tanto natalizio, e rifletto su quello che potrei dire nell’ultimo editoriale dell’anno di Radio Bullets. Di Barbara Schiavulli
Vorrei poter dire che il mondo è un posto migliore e più sicuro. Che noi abbiamo migliaia di ascoltatori che ci sostengono a cui interessano gli Esteri. Vorrei poter dire che l’anno prossimo sarà migliore e che in qualche modo faremo la differenza, ma non posso. Non ancora. Siamo ben lontani da poter scrivere questo. Nero su bianco. Ma una cosa posso dirla, per quanto sia difficile, faticoso, a volte scoraggiante, non smetteremo. Ci proveremo, continueremo, non ci abbatteremo. Perché siamo fatti di testardaggine noi di Radio Bullets, di sogni, di pensieri, di voglia che nessuno può portarci via. Troveremo nuovi sostenitori, faremo altri reportage, continueremo a raccontare il mondo ancora di più. E un giorno Radio Bullets sarà sostenibile per chi ci lavora perché è un progetto importante.
Ci saranno storie nei modi che sappiamo raccontare con la durezza dei giornalisti, la delicatezza degli storyteller, la magia dei poeti. Ci saremo ogni giorno con il freddo, con la febbre, con i traslochi e le partenze. Ci saremo perché questo sappiamo e vogliamo fare, perché non saranno gli altri a dirci che non possiamo inseguire una professione che merita di essere celebrata, non offesa. Che ha bisogno di professionisti che non sono certificati da un tesserino, ma dall’onestà con cui lavorano. Gente che guarda dentro, che scalfisce la superficie, che va dove non si deve andare, che guarda dove non si deve vedere, che scava dove nessuno vuole. La voce dei deboli di quelli che qualcuno preferirebbe veder affogare in mare, di quelli che si danno da fare tra gli ultimi, di quelli che dicono no al potere e sì al confronto.
Avremmo talmente tante idee se avessimo i fondi per realizzarle che cominceremmo a dare davvero fastidio a qualcuno. Perché il giornalismo è un prurito sotto ai vestiti dei re o di chi si crede tale. Perché anche se c’è chi crede che l’informazione debba essere gratis, non può esserlo se vuole essere libera. Possiamo essere quelli che pensano non sia fondamentale sapere che in Bahrein ci sono decine di ragazzi in prigione per aver scritto un post contro, o che si può vivere senza sapere che in Venezuela non ci sono medicine e i neonati li mettono nelle scatole di cartone perché negli ospedali non ci sono culle. O che il nostro paese vende armi all’Arabia Saudita che bombarda lo Yemen dove 30 mila persone sono morte in 4 anni.
Qualcuno sta morendo mentre leggete questo pezzo e si può vivere senza saperlo. Si può vivere senza sapere che il potere decide, ma i popoli ribollono e possono fare la differenza, per questo si vuole contenere l’informazione che arriva. E non è vero che il web ha sradicato il monopolio dell’informazione, se non filtrato da professionisti delle notizie, lo ha maggiormente e paradossalmente usato per controllare le teste delle persone. E questo non lo permettiamo. In fondo a una società che crede ancora che i migranti siano il problema, c’è una piccola comunità che sa che non è vero. I migranti sono una delle ricchezze di una paese. Che le persone non sono numeri ma storie, che i discorsi non sono azioni e che chi agisce non usa tante parole. Si fa e basta. Ci siamo poi noi a raccontarlo.
Ho sempre lavorato all’estero pensando che l’Italia fosse solo il paese dove tornavo, in fondo c’era pace, cultura, bellezza, di sicuro non aveva bisogno di una come me, che preferisce affondare i piedi nella sabbia del deserto tra i dolori della gente. Poi ti accorgi che il tuo paese è in preda a una follia collettiva dove si parla di tornare indietro invece che di andare avanti, di muri invece che di ponti, di doveri invece che diritti, di chi è prima e di chi è dopo. E allora ci accorgiamo di quanto le voci degli altri siano importanti anche per noi, che un paese che si chiude non progredisce, che un paese che non accoglie non sarà accolto.
Un paese che offende non sarà amato.
Passeggio per Roma sommersa dalla pattumiera, attraverso Viale Trastevere al buio perché i lampioni non sono accesi e penso a questa città malata, a questo paese fragile e tutti quelli che dovremmo raccontare. E lo faremo. E’ la nostra promessa, ma quella piccola comunità che è diversa, che ha voglia di crescere, non di cambiare perché questa è un’illusione politica, quella comunità che sa che si può scegliere di esseri più attenti, più curiosi, più partecipi. Semplicemente più, a loro ci rivolgiamo e alle tante persone lo sono già, quelli che insegnano, creano, pensano, aiutano, dedicano o anche semplicemente si informano.
Che non si arrendono. Che non si guardano indietro se non per assaporare i bei ricordi e le battaglie combattute. Siamo in guerra perché piovano meno bombe, ci sia meno disonestà, più cura, più presenza, più empatia, più umanità. Sempre più.
Non mi resta che ringraziare tutti i bullettini, quelli che ogni giorno o ogni settimana si sono dedicati al nostro progetto e ai loro programmi, ma soprattutto a chi ci ha letto, ascoltato, condiviso, seguito, tutto questo è per quel mondo che vorremmo, nel frattempo continueremo a raccontare quello che abbiamo.
Ovunque voi siate: buone feste, buon anno, buoni propositi da Barbara Schiavulli e dalla Redazione diffusa di Radio Bullets.
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