6 marzo 2023 – Notiziario Mondo

Scritto da in data Marzo 6, 2023

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  • ONU: firmato l’accordo per proteggere la biodiversità marina
  • Cina: aumenta la spesa militare mentre gli Stati Uniti temono il possibile invio di armi alla Russia
  • Bangladesh: enorme incendio in un campo profughi lascia 12.000 persone senza casa
  • Iran: nuovi casi sospetti di avvelenamento di studentesse
  • Grecia: proseguono le proteste per lo spaventoso incidente ferroviario

Questo nel notiziario di Radio Bullets, a cura di Raffaella Quadri.

ONU

Le Nazioni Unite (ONU) hanno firmato,a New York, un trattato di accordo unificato per proteggere la biodiversità in alto mare.
Un accordo trovato dopo anni di discussioni. Se ne parlava da più di vent’anni, ma senza risultati. Sino ad ora i precedenti tentativi di mettere d’accordo tutti gli Stati erano falliti e i lavori si erano bloccati ripetutamente.
Ora che, invece, è stato raggiunta un’intesa, il trattato propone un quadro aggiornato per proteggere la vita marina nelle regioni che si trovano al di fuori delle acque di confine nazionali e che sono definite, appunto, “alto mare”. Oltre a portare alla creazione di un nuovo organismo per gestire la conservazione della vita oceanica e istituire aree marine protette, il trattato stabilisce anche regole di base per lo svolgimento di valutazioni di impatto ambientale per le attività commerciali negli oceani. Il superamento, grazie al nuovo e unico documento, dei diversi trattati regionali permetterà di proteggere con maggiore efficacia tutte quelle specie marine che effettuano lunghe migrazioni annuali, attraversando i confini di più nazioni e la zona di alto mare.

Cina

Non vi è «alcuna prova» che la Cina stia prendendo in considerazione di inviare armi alla Russia per sostenerla nella guerra contro l’Ucraina. A dichiararlo è stata la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, sottolineando come gli Stati Uniti, al momento, non abbiano fornito prove dell’intenzione del governo di Pechino di supportare Vladimir Putin con forniture di armi.
Nelle ultime settimane erano giunte, da alti funzionari statunitensi, preoccupazioni in merito all’ipotesi dell’invio in Russia di droni kamikaze e di altri armamenti cinesi, mettendo in allarme anche l’Europa. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva esortato Pechino, non solo a non prendere una simile decisione, ma addirittura a convincere Putin a porre fine al conflitto. In un’intervista alla CNN, il cancelliere si è detto fiducioso che la Cina non sceglierà la strada degli armamenti. Resta però alta l’attenzione da parte europea.
Sempre secondo gli Stati Uniti la Cina, nei prossimi anni, potrebbe decidere anche di invadere Taiwan. Le continue dimostrazioni della propria potenza militare nei cieli e nei mari a ridosso del territorio taiwanese starebbero a indicare, secondo gli americani, proprio queste intenzioni.
Che la crescita della forza militare sia un argomento caro al governo di Pechino, lo conferma intanto la decisione dell’Assemblea nazionale del Popolo (Anp), l’organo legislativo cinese, di aumentare quest’anno la spesa militare di oltre il 7%.

Foto di Zhang Linxuan – Unsplash.

Bangladesh

Un grande incendio nel campo dei profughi rohingya di Cox’s Bazar in Bangladesh ha lasciato molte famiglie senza casa; si stima si tratti di circa 12.000 persone.
Ancora incerta la causa del disastro così come l’entità dei danni provocati, anche se, stando alle dichiarazioni rilasciate alla Reuters dalla polizia, non ci sarebbero al momento notizie di vittime.
Nel campo vivono i rifugiati rohingya, presenti in più di un milione nell’intero distretto, un gruppo etnico di religione islamica fuggito dal Myanmar nel 2017 a seguito della repressione guidata dai militari.
Disperati i residenti che hanno perso casa e tutto ciò che possedevano, una situazione che avevano già dovuto vivere durante le persecuzioni. E non è neppure la prima volta che nei campi profughi di Cox’s Bazar scoppiano incendi. Uno enorme, nel marzo di due anni fa, aveva distrutto oltre 10.000 case e ucciso almeno quindici persone.

Il campo dei profughi Rohingya di Cox’s Bazar in Bangladesh – foto: Reuters/Ro Yassin Abdumonab.

Iran

Aumentano in Iran i casi di avvelenamento di giovani studentesse. Secondo le autorità sarebbero oltre cinquanta le scuole coinvolte, mentre la stampa parla di più di sessanta.
I primi casi risalirebbero a novembre ma le autorità avrebbero iniziato a indagare solamente quando del fenomeno sono venuti a conoscenza i media internazionali; solo allora il presidente Ebrahim Raisi avrebbe annunciato un’indagine sui casi. Ancora nessun responsabile, però, anche se il ministro dell’Interno Ahmad Vahidi ha dichiarato che nelle mani degli investigatori ci sarebbero ora alcuni “campioni sospetti”, non meglio identificati, recuperati durante indagini. I rapporti ufficiali dicono anche che gli eventi interesserebbero le scuole di ben ventuno delle trenta province iraniane; in un solo caso si tratterebbe di un istituto maschile.
Intanto mal di testa, palpitazioni, sensazione di letargia e incapacità di muoversi sono i sintomi provocati dall’avvelenamento, ma i media statali liquidano come “reazioni isteriche” le scene di bambine che lamentano dolore e malessere su numerosi video diffusi sui social in questi giorni.

Foto di Mostafa Meraji – Pixabay.

Grecia

Non si placano in Grecia le proteste seguite all’incidente ferroviario di qualche giorno fa, nonostante le scuse del primo ministro Kyriakos Mitsotakis. Lo spaventoso incidente ferroviario, con la collisione tra due treni che ha provocato decine di morti – il più grave nella storia del Paese –, ha acceso da subito le piazze.
Le parole del primo ministro, che ha chiesto scusa per l’accaduto, non hanno sostito alcun effetto nel placare gli animi.
Sotto accusa sono i pessimi standard di sicurezza della rete ferroviaria greca che non hanno saputo evitare che due treni viaggiassero sullo stesso binario in direzioni opposte, finendo per scontrarsi.
Il primo ministro ha promesso interventi immediati per migliorare la sicurezza dell’intera rete ferroviaria.
Subito dopo l’incidente si era dimesso il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Kostas Karamanlis, mentre un direttore della stazione ferroviaria è stato arrestato. Le autorità avrebbero appurato che uno dei macchinisti coinvolti aveva ricevuto istruzioni di ignorare un semaforo rosso.

Foto in copertina: Kris Mikael Krister – Unsplash.

 

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