6 settembre 2024 – Notiziario Africa

Scritto da in data Settembre 6, 2024

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Al Forum per la Cooperazione Cina-Africa si sono discussi gli investimenti e i progetti cinesi nel continente africano, dalla tecnologia alle infrastrutture.
Gli interessi economici su un continente ricco di materie prime.

Questo nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Elena Pasquini.

Forum per la Cooperazione Cina-Africa

C’era chi la derideva. “Bamboo railway”, la ferrovia dei bamboo. La chiamavano così alcuni governi occidentali. La Cina aveva prestato soldi senza interessi per costruirla, tra il 1970 e il 1975. La ferrovia TAZARA portava il rame e il cobalto dalle miniere dello Zambia fino al mare della Tanzania per 1.860 km, dalla città di Kapiri Mposhi al porto di Dar es Salaam. Ci avevano lavorato maestranze africane e cinesi: decine di migliaia di persone a scavare tunnel e costruire ponti.

Doveva servire a bypassare il Sudafrica e quella che allora era la Rhodesia, regimi segregazionisti dominati da élite bianche. Quella linea, però, non ha mai veramente funzionato, ma dopo quasi cinquant’anni la Cina torna ad impegnarsi per rivitalizzarla.

Impegno che è solo uno della miriade di accordi raggiunti in questo inizio settembre durante i due giorni del summit del Forum per la Cooperazione Cina-Africa (FOCAC) – che si conclude oggi a Pechino – e nelle giornate di meeting bilaterali che lo hanno preceduto.

È qui che ogni tre anni, la Cina incontra oltre cinquanta stati africani. Tutti, tranne eSwatini, la piccola monarchia assoluta dell’Africa meridionale che mantiene relazioni con Taiwan. Ed è qui, su Pechino, che sono stati puntati gli occhi degli analisti in questi giorni, per tentare di decifrare le prossime mosse del gigante asiatico.

“Le relazioni cinesi con l’Africa stanno diventando sempre più oscure”, titola il britannico The Economist. “Il periodo migliore nella storia” delle relazioni tra Cina e Africa, sostiene il presidente Xi Jinping alla cerimonia d’apertura nella Grande Sala del Popolo, il palazzo della camera legislativa all’angolo occidentale di Piazza Tienanmen.

A questo vertice dedichiamo oggi, 6 settembre 2024, una puntata speciale del nostro notiziario perché le scelte di Pechino stanno cambiando in questo che è il vertice dei progetti “piccoli e belli”, della Cina che presta meno denaro ma che non intende disingaggiarsi, che investe in cooperazione militare e che non è più sola.

Se prima la competizione in Africa era la tra “Cina e l’Occidente” – jcome fa notare a The Economist, Eric Olander, co-fondatore del China Africa Project, un’iniziativa multimediale indipendente che si occupa di questo cruciale rapporto – “ora ci sono la Cina, l’Occidente e il resto del mondo”.

I progetti cinesi in Africa

Nei prossimi tre anni la Cina investirà 360 miliardi di yuan in Africa, ovvero 50,7 miliardi di dollari.

È questo l’impegno della nona edizione del Forum per la Cooperazione Cina-Africa. Oltre la metà in prestiti e il resto in varie forme di assistenza, di cui 70 miliardi di yuan per incoraggiare le imprese cinesi ad investire e 1 miliardo di aiuti militati. La Cina di Xi promette di contribuire a “creare almeno un milione di posti di lavoro per l’Africa”.

La Cina – la seconda economia mondiale – è il principale partner commerciale dell’Africa e il suo principale creditore bilaterale.
Al centro degli interessi cinesi, l’immenso mercato potenziale per i suoi prodotti, ma soprattutto le straordinarie risorse naturali del continente: rame, oro, litio, terre rare.
Minerali indispensabili alle tecnologie di cui non possiamo più fare a meno – smartphone, computer, batterie delle auto elettriche.
Minerali strategici per la transizione ecologica.

Cina, che ha fornito miliardi di prestiti ai paesi africani, destinati a costruire infrastrutture e finiti ad aggravare il debito di tanti paesi, che ora fanno fatica a restituirli.
Cina, la cui economia non cresce più come prima.

“Lo scorso anno gli istituti di credito cinesi hanno approvato prestiti per un valore di 4,61 miliardi di dollari all’Africa – il primo aumento annuale in sette anni – ma ancora significativamente al di sotto del picco del 2016” scrive l’agenzia Reuters.
“L’economia cinese rallenta, non ci sarà nulla come prima della pandemia […]. Tuttavia ciò non significa che la Cina si stia ritirando dall’Africa, o che i paesi africani si stiano allontanando dalla Cina” si legge su The Economist.
Piuttosto, la Cina sta cambiando la sua strategia.

Cina in Africa: nuova strategia economica

Industria, agricoltura, risorse naturali, miniere, commercio, energia, infrastrutture: c’è tutto nei documenti firmati e nelle strette di mano a Pechino, in quello che è diventato l’evento più importante nel calendario delle relazioni internazionali africane.

«Ci sono più leader africani a questi summit che all’assemblea generale delle Nazioni Unite. I dati mostrano che il forum attrae dai 40 ai 60 capi di stato e di governo, ben oltre qualunque altro summit in qualunque altro Paese» ha spiegato Bhaso Ndzendze, accademico dell’Università di Johannesburg su The Conversation.

Una settimana di incontri, a cui sono seguiti impegni di cooperazione, come l’accordo per la ferrovia Tazara o quello, sempre in Zambia, tra la compagnia elettrica statale Zesco e la PowerChina per dotare il paese di pannelli solari.
Nigeria e Cina, invece, “approfondiranno la cooperazione” nelle infrastrutture, compresi “trasporti, porti e zone di libero scambio”, mentre in Zimbabwe, saranno le miniere, l’agricoltura e l’energia al centro degli interventi cinesi, in particolare sarebbe stato firmato un accordo per l’esportazione di avocado in Cina.

Anche al Kenya la Cina avrebbe promesso di aprire i suoi mercati ai prodotti agricoli, oltre ad investimenti in infrastrutture: “William Ruto – il presidente del Kenya – jsi è assicurato un impegno per una maggiore cooperazione con la Cina sull’autostrada Rironi-Mau Summit-Malaba, che secondo i media kenioti dovrebbe costare 1,2 miliardi di dollari.
Ruto l’anno scorso ha chiesto alla Cina un prestito di 1 miliardo di dollari e la ristrutturazione del debito esistente per completare altri progetti di costruzione in fase di stallo.
Il paese ora deve alla Cina più di 8 miliardi di dollari” scrive Radio France Internationale.

Il presidente del Kenya e Xi Jinping “hanno sottolineato la volontà di migliorare il coordinamento sulle questioni internazionali e regionali, salvaguardando congiuntamente gli interessi comuni del ‘Sud del mondo’ e promuovendo la pace e la stabilità regionale” aggiunge RFI.

Sicurezza, al centro anche dei colloqui con il leader del Mali, Assimi Goita, salito al potere con un colpo di stato nel 2020.

“Gli accordi dei vertici precedenti hanno sbloccato un accesso senza rivali ai mercati africani delle materie prime per Pechino, così come ai dollari di investimento per i paesi africani” scrive Al Jazeera.
La Cina, però, questa volta, sembra intenzionata a finanziare di preferenza progetti “piccoli e belli” ovvero economici e verdi, tecnologicamente avanzati.
«La Cina è pronta a lanciare 30 progetti di energia pulita in Africa» ha detto Xi Jinping.

Investire in tecnologia in Africa

Fine dei grandi investimenti in infrastrutture dunque? La Cina che si allontana dall’Africa?
La Cina non se ne sta andando, non è tanto «un ritiro, piuttosto un cambiamento» sostiene Alexandera Tirziu, CEO di Magpie Advisory, una società di consulenza geopolitica e membro dell’Atlantic Council, ai microfoni di “The Globalist”, il podcast della rivista Monocle.
Progetti più piccoli, con meno capitale, centrati sulla tecnologia.

Capire come sta cambiando al Cina non è semplice.
Da una parte, i “progetti piccoli e belli”, dall’altra però restano gli impegni nelle grandi infrastrutture.

Se i prestiti non sono più ai livelli del passato cresce invece il commercio, trainato dalla richiesta di minerali africani.
“Nel 2023 il volume commerciale totale ha raggiungo il record di 282 miliardi di dollari, il 9,9% del GDP africano” scrive sempre The Economist.
“Inoltre, i dati più comunemente citati potrebbero sottostimare l’entità dei prestiti cinesi”, si legge ancora.

Bradley Parks, direttore esecutivo di AidData, un laboratorio di ricerca della William & Mary University in Virginia, aggiunge: «Gran parte di ciò che pensiamo stia accadendo nel mondo dei prestiti cinesi dipende su dove viene puntata la luce».
I dati, infatti, si riferiscono solo a un piccolo gruppo di Istitui di credito e «non raccontano tutta la storia».
Non tengono in considerazione altri tipi di creditori e differenti tipologie di prestiti. È questo il mondo che resta “oscuro”, scrive la rivista britannica.
E non è l’unica ombra.

Investimenti e ambiente

Investimenti, quelli cinesi, che da sempre “hanno incontrato resistenza a livello locale in molti paesi”, soprattutto per quanto riguarda le questioni ambientali, spiega sempre Al Jazeera.

La scorsa settimana attivisti ugandesi hanno protestato e marciato davanti all’ambasciata cinese a Kampala “per il progetto di un oleodotto che trasferirà il greggio dal paese alla vicina Tanzania”.
Sarà l’oleodotto riscaldato più lungo al mondo e verrà gestito “da un’azienda statale cinese in collaborazione con la compagnia petrolifera ed energetica francese Total, insieme ai governi della Tanzania e dell’Uganda.
Le comunità affermano che ciò provocherà lo sfollamento di migliaia di persone e distruggerà l’ambiente” si legge ancora.

Cina che oggi punta su progetti “verdi”, ma che è stata accusata di non aver fermato “il disboscamento illegale in diversi paesi africani…. L’Environmental Investigation Agency con sede negli Stati Uniti, in un rapporto del maggio 2024, ha rilevato che i trasporti illegali di legname dal Mozambico alla Cina sono aumentati dal 2017. I fondi andavano a gruppi armati, contribuendo a un’insurrezione nel paese, afferma lo studio” sempre secondo la testata del Qatar.

Finanziamenti e debito

Ma c’è un altro nodo, ed è quello del debito.

La Cina cercherebbe “di minimizzare l’esposizione al debito africano” al quale “ironicamente” ha contribuito, aggiunge, Tirziu. Debito, “convitato di pietra” a Pechino.

I critici accusano la Cina di aver fatto precipitare i Paesi africani in quella che viene definita la “trappola del debito”: grandi finanziamenti per le infrastrutture troppo onerosi per poter essere rimborsati.

Pratica che avrebbe consentito a Pechino “di sequestrare beni pubblici strategici nei paesi inadempienti” scrive ISPI, l’Istituto per gli Studi di politica internazionale.
“Diplomazia del debito” che ha portato alcuni paesi di fatto al default.
Solo Zambia, alla fine del 2022 aveva raggiunto 18 miliardi di dollari di debito estero, il 12 percento del quale detenuto dalla Cina, che però ha sempre negato di voler intrappolare i paesi africani.

Sempre Al Jazeera cita alcuni esperti che sostengono come gli investimenti cinesi siano troppi e troppo frammentati perché dietro ci siano una “strategia del debito deliberata”.
Investimenti, che però, andrebbero comunque solo a beneficio del paese asiatico: «La mia ricerca mostra che i guadagni derivanti dagli accordi bilaterali vanno in gran parte alla Cina: le attrezzature, il personale di alto livello e gli esperti tecnici provengono dalla Cina.
Il trasferimento di tecnologia e competenze dalla Cina all’Africa è stato minimo o nullo.
Le popolazioni locali partecipano principalmente al lavoro e alle relazioni governative nei progetti», scrive sempre Bhaso Ndzendze su The Conversation.

Il parere dell’ONU

Del debito, pesantissimo, ha parlato al Forum, il Segretario generale della Nazioni Unite, Antonio Guterres. «La situazione è insostenibile ed è la ricetta per la rivolta sociale» ha detto – e il riferimento va immediato alle recenti proteste in Kenya, Nigeria e Olanda, che sono costate vite, in questo continente di un miliardo di persone.

I paesi africani «non hanno accesso a un’efficace riduzione del debito, hanno risorse scarse e finanziamenti agevolati chiaramente insufficienti per rispondere ai bisogni fondamentali della loro popolazione» ha affermato.
Guterres ha proposto «riforme profonde all’architettura finanziaria internazionale obsoleta, inefficace e ingiusta».

Cyril Ramaphosa, presidente del Sudafrica, lo ha detto chiaramente: «Vorremmo ridurre il deficit e modificare la struttura dei nostri scambi commerciali» ha affermato il presidente del Sudafrica.
Un’aspirazione condivisa da quasi tutti gli Stati africani, i cui leader sperano che Pechino risponda con condizioni migliori per le esportazioni di prodotti agricoli e risorse naturali.
Rischio di indebitamento da una parte, ma bisogno di liquidità dall’altro.
L’Africa non può ancora fare a meno della Cina.

Africa contesa

Tra le ragioni dei malumori dei paesi africani, non solo la situazione debitoria: «la chiusura della cassa (cinese)», ovvero la riduzione dei prestiti, «ha lasciato incomplete ferrovie e strade», dal Kenya, all’Uganda, al Camerun.
«A Pechino adesso la questione è come completare i progetti che sono già iniziati» ha detto l’esperto keniano di relazioni internazionali Peter Kagwanja all’agenzia Reuters.

La percezione è che alcuni paesi vorrebbero allontanarsi dalla Cina, come l’Etiopia che ha stretto legami con Arabia Saudita, Turchia, Qatar.
Africa al centro di una spaventosa competizione geopolitica.

«La natura delle relazioni ha iniziato a cambiare perché i paesi sono diventati più assertivi e anche perché hanno una maggiore scelta di partners» ha spiegato ancora Tirziu.
Relazioni importanti perché l’Africa ha bisogno della Cina, ma anche la Cina ha sempre più bisogno, in un mondo multipolare e carico di tensioni geopolitiche, Africa che ha 54 voti nel Nazioni Unite. E Pechino ha bisogno di alleati.

“Il vertice arriva in un momento in cui la Cina sta sempre più contrastando l’influenza degli Stati Uniti e dell’Europa in Africa e in altre regioni in via di sviluppo nella sua ascesa allo status di superpotenza globale.
Sebbene anche Stati Uniti, Giappone, India e Russia tengano regolarmente vertici per corteggiare i leader del continente, la Cina non ha eguali come partner economico del continente.
Per Pechino, il vertice rappresenta un’enorme opportunità diplomatica per ostentare la sua importanza sulla scena mondiale ha affermato Jana de Kluiver ricercatrice presso l’Istituto per gli studi sulla sicurezza con sede in Sud Africa” si legge ancora su Al Jazeera.
Un ruolo che passa anche dalla cooperazione militare.

La cooperazione militare

Ultimo, ma non meno significativo capitolo, quello militare. «L’impegno di 140 milioni di dollari in aiuti militari è il più consistente che la Cina abbia mai ha stanziato per questo scopo al Forum triennale sulla cooperazione Cina-Africa, segnalando la crescente importanza della sicurezza nel rapporto tra Pechino e i suoi partner in Africa. Nel 2018, la Cina ha dichiarato che avrebbe fornito 100 milioni di dollari per sostenere l’African Standby Force e la capacità africana di risposta immediata alla crisi» scrive Simone McCarthy su CNN.

Una dimensione, quella delle politiche di cooperazione militare, che non riceverebbe sufficiente attenzione, secondo Alexandra Tirziu, «ma che è realmente ed ampiamente al centro dell’impegno della Cina nel continente…».
Un impegno che si traduce, per prima cosa, nella vendita di armamenti, cresciuti, secondo Tirziu, grazie al crollo di quasi il 40% delle vendite russe dal 2019 al 2023.

Poi, la costruzione di infrastrutture e porti. Oltre alla base militare di Djiouti, aperta nel 2017, «stando a quanto si dice, [la Cina] starebbe cercando di assicurarsi nuove basi sulla costa africana atlantica, che se avesse successo le darebbe il controllo di su almeno due oceani, se non di più» aggiunge.

Una terza forma di coinvolgimento è quella per la quale sono stati stanziati in questi giorni nuovi fondi: la formazione dei militari e delle forze di polizia africane nelle accademie militari cinesi…. Migliaia di ufficiali cinesi sono addestrati qui ogni anno. Saranno altri 6.000 militari e 1.000 membri delle forze dell’ordine ad essere addestrati, secondo quando emerso dal vertice di questi giorni.

Un vertice, che però, nonostante al retorica delle “mani unite”, secondo alcuni analisti, come Bhaso Ndzendze non è altro che «una piattaforma per la Cina per distribuire aiuti e prestiti ai paesi africani e per articolare priorità che servano le sue ambizioni più ampie.
La voce dell’Africa è minima nell’agenda-setting, principalmente a causa della molteplicità degli stati africani, della debolezza dell’Unione Africana» scrive.

Di certo, oltre alla retorica dell’unire le forze per la modernizzazione e costruire una comunità con l’Africa per contrastare la mentalità da Guerra Fredda, c’è qualcosa di vero nelle Parole di Xi: «La Cina e l’Africa rappresentano un terzo della popolazione mondiale. Senza la nostra modernizzazione, non ci sarà alcuna modernizzazione globale».
O meglio, senza fare i conti con la Cina e l’Africa, non c’è futuro, neppure per l’Occidente.

Foto di copertina: Road Ahead – Unsplash
Musica: Mbugua David Kiguri, detto King David

 

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