Esodo migrante
Scritto da Stefania Cingia in data Ottobre 28, 2018
La Caminata del Migrante è iniziata il 12 ottobre a San Pedro in Honduras ed è arrivata in Messico. Migliaia di persone in cammino per tentare di raggiungere gli Stati Uniti, che minacciano il taglio degli aiuti economici ai Paesi del Centro America che non fermeranno la carovana.
They shall not pass! Che i media latini hanno tradotto come: ¡No entrarán! Il presidente Donald Trump ha tuonato contro la carovana, o forse meglio chiamarlo esodo, di circa settemila persone che dall’Honduras sta cercando di arrivare al confine tra Messico e Stati Uniti. ¡No entrarán! mi pare faccia il verso a un altro slogan di propaganda usato per indicare l’intenzione di difendere a ogni costo una posizione dal nemico: ¡No pasarán! Utilizzato nella guerra civile spagnola per incitare i soldati a combattere contro le truppe di Franco, da allora è stato usato come slogan politico della lotta contro il fascismo. Donald Trump, invece, lo usa per difendere il proprio territorio dai poveri che da giorni sono in cammino.
“Militari”, “nostro paese violato”, “rischio attentato terroristico”, “droga e stupefacenti”, “criminalità”, “Medio Oriente”, “terroristi islamici dello Stato Islamico”, “chiusura militare delle frontiere” e “fine aiuto economico a Honduras, El Salvador e Guatemala se non fermano la carovana”. Le parole costruiscono ponti o muri, e queste formano proprio delle mura altissime. Sono le parole, non proprio di pace, che Trump ha utilizzato per commentare l’esodo di migliaia di persone che fuggono dalla povertà e dalla delinquenza dagli stati di Honduras, El Salvador e Guatemala.
Il fenomeno delle migrazioni dall’America Latina verso il nord, Messico e possibilmente Stati Uniti, non è nuovo e ne abbiamo parlato parecchio qui su Radio Bullets. Ma quello che si sta verificando nell’ultimo anno è qualcosa di diverso, per quello chiamano questo spostamento di migranti “esodo”.
A inizio ottobre inizia a circolare su Facebook e WhatsApp un volantino di auto convocazione al terminal dei bus di San Pedro in Honduras alle otto di mattina del 12 ottobre per iniziare la “Caminata del Migrante”. All’inizio c’erano poche persone, qualche decina, ma alla fine il gruppo pronto per la partenza era arrivato a circa duemila persone. È la più grande di sempre e, a dispetto di altre carovane del passato che andavano ad assottigliarsi di numero a mano a mano che i chilometri aumentavano, questa è aumentata: da duemila persone sono arrivate a settemila. Non bisogna pensare a un enorme gruppo di persone che viaggia insieme, ma a tanti gruppi formati da centinaia di elementi che viaggiano a ore o giorni di distanza con il medesimo destino: gli Stati Uniti.
L’esodo è formato da singoli e famiglie con bambini, che sono riusciti ad attraversare tutto il Guatemala da sud a nord e da est a ovest, per raggiungere il confine del Messico a Ciudad Hidalgo. Da dove sono ora, mancano ancora 1.800 chilometri al primo posto utile per tentare di varcare la frontiera.
Il direttore della Casa del Migrante de Guatemala, il sacerdote Mauro Verzeletti, indica come radice di questo processo di migrazione la delusione del popolo nei confronti dello stato, dal quale si aspettava appoggio e alleanza per creare delle condizioni di vita migliori e uscire dalla povertà. Invece i governi di El Salvador, Guatemala, Nicaragua e Honduras hanno guardato a un modello di mercato che si è distrutto. Questa uscita massiva dai paesi del Centro America è un grido delle persone povere ed escluse che non sopportano più la violenza e la povertà.
In effetti, la migrazione di massa è fuori dai parametri tradizionali delle migrazioni. Una volta erano i singoli o famiglie ad emigrare, adesso sono gruppi di persone che non si conoscono e fuggono insieme o si aggiungono durante il cammino. Perché?
Ci sono molteplici vantaggi, primo fra tutti il non dover cadere nelle mani dei trafficanti, conosciuti in questa zona del mondo come coyotes, che chiedono anche 8.000 dollari per attraversare i confini e arrivare in Messico. Ma da soli si è vulnerabili, soggetti più facilmente a rapimenti, rapine e violenze. In massa, invece, si riesce a superare le difficoltà, come superare barriere e ostacoli, la polizia o i gas lacrimogeni, senza rimetterci la vita o finire in prigione. Insomma, l’unione fa la forza.
Questo esodo potrebbe diventare un modello ed essere replicato da persone di altri stati centro e sud americani. A El Salvador già si pianifica un’altra carovana che dovrebbe mettersi in marcia a fine ottobre. Una nuova carovana sembrerebbe pronta a partire dall’Honduras formata da un migliaio di persone.
Venerdì 26 ottobre, il presidente del Messico Peña Nieto ha annunciato il piano “Estás en tu casa”, che suona come “Sei a casa tua”, un programma per facilitare la richiesta di asilo politico ai migranti centroamericani che fanno parte di questa carovana e che si trovano già in Messico. Inoltre il programma si occuperebbe di facilitare l’accesso al lavoro temporaneo, a controllare la situazione sanitaria e a garantire la scuola ai minori d’età.
Si giocano tante partite su questa carovana e speriamo che non siano i deboli a rimetterci anche stavolta: da una parte gli Stati Uniti che minacciano l’invio di militari ai confini e il taglio agli aiuti economici ai paesi di provenienza dei migranti della carovana, dall’altra i paesi del Centro America che vedono la propria popolazione partire, il Messico schiacciato tra i voleri statunitensi e la necessità di dover gestire migliaia di migranti, e infine le persone che fuggono da povertà, miseria, delinquenza e violenza. Staremo a vedere cosa succederà, augurandomi che la forza del gruppo sia stavolta più forte dei potenti della terra.