GSF, ecco le vele della speranza
Scritto da Barbara Schiavulli in data Settembre 14, 2025
Dal molo, le bandiere della Palestina sventolano tra le mani dei bambini e delle bambine.
I loro cori – “Free, free Palestine” – si arrampicano sul vento, gonfiano le vele, e spingono le barche della Global Sumud Flotilla a lasciare Augusta per inoltrarsi verso l’ignoto.
Un ignoto che ha il volto della paura e il respiro della speranza.
L’attesa e il peso delle scelte
Nell’aria salata si mescolano emozioni opposte: la fretta di partire, la determinazione a portare aiuti a Gaza, la stanchezza accumulata nei giorni di rinvii.
E la preoccupazione, sorda e ostinata, che ci accompagna come un’ombra.
Nessuno è qui per caso.
Nessuno ha scelto questa traversata a cuor leggero.
I volti della memoria
Ci sono cinque politici e politiche, tra cui una deputata brasiliana.
C’è un’attivista che porta nel passaporto la foto del padre assassinato da una dittatura lontana: un volto che la guarda ogni volta che apre le sue carte, ricordandole perché non può tirarsi indietro.
Ci sono giornalisti e giornaliste che hanno speso la vita a raccontare la Palestina, a difenderla, a farla sopravvivere nelle parole.
C’è un uomo, solo sulla prua, che prega con le mani al cielo.
Chi non crede, si rifugia invece nella propria forza interiore.
La folla che sposta le montagne

Le barche si muovono lente, appesantite da carichi d’aiuti.
La genovese Music for Peace aveva chiesto quaranta tonnellate di cibo: la gente ne ha portate cinquecento.
Un fiume umano ha invaso i magazzini con il dono della sua fiducia: quando i governi non vogliono o non sanno, il popolo diventa la sua stessa istituzione.
La Storia la scrivono i potenti, ma sono le persone comuni che la cambiano.
Il mare che ci inghiotte
Insieme, le barche occupano il mare.
Le luci di una costa assonnata ci salutano da lontano.
Cielo e acqua si confondono in un abbraccio indistinto.
Solo il gracchiare della radio rompe il silenzio.
Restiamo noi, sulla Morgana, con le nostre differenze e le nostre fragilità: veli e costumi, sorrisi e timori.
Ci avvolge un buio complice, lo stesso che potrebbe nascondere il ronzio di un drone che ancora non si vede, ma che aleggia nei pensieri di tutti.
Il convivio fragile

L’equipaggio della Morgana, Global Sumud Flotilla, in partenza verso Gaza, Augusta, 13 settembre 2025
Si parla di pace, di guerra, ognuno con la propria verità.
Qualcuno butta la pasta, altri ridono per alleggerire il cuore.
La quotidianità ci protegge per un istante, ma nessuno dimentica perché siamo qui: lasciarci inghiottire dal mare calmo, sapendo che a dieci giorni di navigazione i bambini e le bambine continueranno a morire, le madri a partorire senza anestesia, le scuole a franare addosso a chi le abita.
Come se tutto questo potesse mai, in qualche luogo, essere considerato normale.
Gaza come destino
L’orrore di Gaza ci attraversa e ci unisce.
La nostra missione non è solo consegnare aiuti: è trascinare con noi le coscienze rimaste a terra, scuoterle, renderle complici di un atto che dice: non vogliamo più assistere in silenzio al male che si compie.
Foto in copertina: Barbara Schiavulli
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