Musk e influencer

Scritto da in data Gennaio 11, 2021

Ascolta il podcast

Il nuovo anno di EstraDati comincia con una cifra che è extra davvero, almeno in termini finanziari. Elon Musk è ora l’uomo più ricco sulla terra. Secondo i calcoli aggiornati di CNBC, con un patrimonio stimato di 151 milioni di euro ha superato Jeff Bezos per circa un milione di euro. Il vulcanico creatore di Tesla, di Space X e delle missioni spaziali private ha decuplicato nel 2020 le proprie possidenze, grazie in particolare al rally di borsa che ha moltiplicato per nove il valore delle azioni di Tesla. Per quanto efficace nel business, Elon Musk non è un’entità di intelligenza artificiale. Fino a prova contraria è comunque un uomo, che non disdegna di  dedicare tempo e testa anche a cose non direttamente collegate agli affari. Così nel giorno dell’Epifania, quando la dignità degli Stati Uniti capitolava in Campidoglio, Musk ha scritto su twitter: «Questo si chiama effetto domino». Nella foto a corredo, l’invenzione di Facebook veniva presentata come l’inizio di una reazione a catena il cui ultimo tassello, a ora, è l’occupazione del congresso americano.

Una lettura semplificata potrebbe farci pensare che, nella visione dell’uomo più ricco del mondo, social network, internet, Trump e i suoi patrioti sono il male, e quindi le realtà di cui diffidare.

Ma Elon Musk non disdegna certo l’uso della rete: sceglie un social network per esprimere il suo pensiero come per evidenziare spesso e volentieri i progressi delle sue creature. Nel pandemico 2020 si è trovato a lungo vicino al pensiero trumpiano a proposito delle misure da prendere, o meglio da non prendere, per non soffocare l’economia. A sua volta, il Presidente uscente degli Stati uniti è apparso più volte sul fronte opposto rispetto ai big players del digitale, che secondo un diffuso storytelling vengono tradizionalmente dati come “amici” degli Obama e dei Clinton che l’hanno preceduto. Del resto, l’epilogo racconta che dopo 4 anni e 57 mila cinguettii, proprio twitter abbia scelto questa settimana di rimuovere permanentemente l’account del Presidente Trump.

Tuttavia, la realtà da leggere è tutt’altro che netta, come dicevamo. A proposito di quanto successo il 6 gennaio a Washington, c’è chi chiama in causa proprio i social network con un ruolo di primissimo piano. Un dato su tutti: più di 6 su 10 tra gli iscritti a gruppi facebook di estremisti yankee si è iscritto al gruppo dopo che Facebook glielo aveva suggerito. E così siamo punto a capo. O perlomeno, al domino del tweet di Musk.

Chi guadagna davvero, da questo stato di cose? L’umanità nel suo complesso probabilmente no, e di questo forse ne conviene anche Elon Musk. Se non altro, con gli asset che si ritrova, lui è attrezzato per consolarsi e non è il solo. Si difende bene chi guida le multinazionali digitali, e chi ne possiede le azioni. E non di meno gli influencers, o almeno le prime centinaia tra i miliardi di persone che cercano di essere tali, in giro per il pianeta.

L’industria dell’influencer marketing muove oggi più di 12 milioni di euro, secondo Business Insider: un volume quasi raddoppiato nell’anno del Coronavirus. Nel settore, la linea ad altissima velocità si chiama Instagram, preferito per le inserzioni da 8 investitori su 10, mentre meno di 5 scelgono Facebook.  E allora chi conta di più su Instagram, allo stato attuale?

Pur coscienti che in questi ambiti la popolarità è volatile come il propano, prendiamo atto che all’inizio del 2021 Cristiano Ronaldo vanta 252 milioni di followers, aumentati di quasi un terzo negli ultimi 12 mesi nonostante i lunghi stop imposti al calcio giocato. Il guadagno medio per un suo post sponsorizzato oscilla tra i 400 i 700 mila euro. La cantante Ariana Grande è passata da 174 a 215 milioni di igers; il suo introito medio per advertised post è sui 435 mila euro. L’attore americano Dwaine Johhson, meglio noto come The Rrock, mette a frutto i suoi 210 milioni di seguaci per un introito medio di poco inferiore. Queste stime derivano da Hypeauditor, un database che si avvale di intelligenza artificiale per calcolare introiti e audience al netto dei followers fasulli, un fenomeno tutt’altro che marginale in ambiente social networks.

The Rock e Ariana Grande sono peraltro gli unici, tra i primi 10 top influencers, ad aver dedicato questa settimana un post alla drammatica attualità americana; tanto Ronaldo che, scorrendo la lista, Justin Bieber o Tayor Swift hanno invece evitato temi sociali dai propri recenti feeds.

Proprio la sensibilità sociale sembra aver consolidato nel 2020 il dominio degli influencers di casa nostra: i Ferragnez. La graduatoria aggregata, aggiornata a novembre a cura di Sensemakers e Prima Comunicazione, conferma Chiara Ferragni come la più seguita dagli italiani: 55 milioni e mezzo di interazioni. A seguire gli Autogol, 16,3 milioni, e poi Fedez, marito della Ferragni, con poco più di 11 milioni. Se includiamo anche Valentina Ferragni, ottava in graduatoria e sorella di Chiara, la viralità della family è arrivata a 70 milioni di interazioni.

Circa un mese fa, il Comune di Milano ha tributato ai Ferragnez l’Ambrogino d’oro: «Hanno messo la notorietà al servizio della lotta al Covid-19 per provare a lenire le ferite della loro città» si legge nella motivazione. Nello stesso periodo, la rivista Vanity Fair li ha messi in copertina come personaggi dell’anno «per l’influenza che esercitano, l’impegno che hanno dimostrato, la capacità di utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione, la coscienza civile e politica che stanno sviluppando», ha scritto nel suo editoriale il direttore.

In molti applaudono, altri si indignano. Ad alcuni stride tanta gloria, e soprattutto tanti guadagni, generati da azioni che appaiono fondamentalmente effimere, se confrontate col lavoro duro, oscuro o generoso di tanta gente che di follower ne ha pochi o nessuno. Altri la mettono più sul fiscale: gli introiti degli influencers sono spesso anche di altra natura, abiti o altri prodotti da indossare o utilizzare, e anche questi andrebbero tassati.

Un’altra scuola di pensiero critico punta l’indice sull’intimità, o meglio, sulla sua spettacolarizzazione. Come evidenzia il rapporto Sensemakers, il post che l’anno scorso ha suscitato più interazioni (1,8 milioni) è una foto ricordo del giorno della nascita del piccolo Leone, pubblicata da Chiara Ferragni su Instagram. Nei primi dieci solo un post non è marchiato Fedez-Ferragni, e ha comunque a che fare con una nascita, in questo caso in casa dell’imprenditore Vacchi. Su scala mondiale, grande impressione ha destato la foto di John Legend e della compagna Crissy Teigen, scattata e postata pochi istanti dopo l’aborto spontaneo del loro nascituro.

Nell’era dei social, di Tesla e di Capitol Hill, la realtà da leggere è tutt’altro che netta, dicevamo. E voltato l’angolo, chi appare angelo – “scrollato” lo schermo – può più che mai  sembrarci uno che fa patti col diavolo. Un cambio frequente di Musk che, manco a dirlo, nei mesi della pandemia ha trovato campo fertile. Non è semplice cominciare questo nuovo anno in cerca di una rotta, tra questi mari. Torna alla mente  quanto diceva il protagonista in un libro di 73 anni fa: «Dalla nostra fragilità non c’è via d’uscita, l’unica cosa che alla fine possiamo fare è cercare di agire con dignità». Quel libro, scritto da Albert Camus, di recente è tornato prepotentemente di moda. Il suo titolo? “La peste”.

Audio credits: Bjork, “Hunter”.
Immagini: Elon musk – profllo twitter, The Influencer Hob, Prima comunicazione.

Ti potrebbe interessare anche:

E se credete in un giornalismo indipendente, serio e che racconta recandosi sul posto, potete supportarci andando su Sostienici


[There are no radio stations in the database]