Quel che resta di un Friday

Scritto da in data Settembre 28, 2019

Il milione di scioperanti per il clima torna in classe. E ora? 
Le scelte da fare non spettano a loro, quindi non possono fare nient’altro. O quasi, Ma tra il niente e il quasi ci può essere un abisso. O una bandiera, verde.  Ecco come le “Ecoschools” possono andar oltre i Fridays for future.  Continuando a sfidare insegnanti e genitori. Anche in Italia. A cura di Massimo Sollazzini su Radio Bullets

Audio Credits:  www.youtube.com/watch?v=Y_q2Clr9o2o

www.youtube.com/watch?v=pBtzr0PUdFc&feature=player_embedded

Photo credits: Slovakian teachers – www.ecoschools.global

Bravi, bravissimi teenager che venerdì 27 settembre 2019  scioperato per l’ambiente. Lodevoli neodiciottenni, encomiabili 15enni, quasi commoventi dodicenni: tutti figli – anzi – fratelli ideali di Greta Thunberg. Ma ora si torna a scuola, non può esserci uno sciopero climatico al giorno, almeno non per ora. E quindi, ora che la pacchia è finita, che ne rimane di concreto del vostro ambientalismo dalla piazza facile?

Niente. Perché le scelte da fare non toccano a noi, direte, e noi a scuola non possiamo fare niente. O quasi.

Ecco, l’hai detto, o forse l’hai solo pensato, tu che stai leggendo. Perché tra il niente e il quasi ci può essere un abisso. O quantomeno una bandiera. Verde. Quella delle ecoschool.

Le ecoschool

Sono 52mila sparse in 74 paesi del mondo, Italia inclusa. Le ecoschool sono scuole di ogni ordine e grado che aderiscono volontariamente ad ambiziosi progetti di sensibilizzazione e salvaguardia dell’ambiente. Se riescono a portarli a termine, ricevono la bandiera verde e possono esporla, almeno per un anno. Dopo 12 mesi una nuova verifica dirà se sono ancora all’altezza, e se non lo sono, la bandiera si ammaina. Prova ne è che nel 2017 sul totale di quelle registrate solo 17mila, circa un terzo, erano effettivamente  attive.

Già ma chi è che dà i giudizi, ovvero stabilisce a chi dare la bandiera? Le ecoschool sono una creazione della FEE, sigla che sta – in italiano – per Fondazione per l’educazione ambientale. Era il 1994, 2 anni dopo la prima conferenza mondiale sul clima, quando sotto l’ala della commissione europea fu creato quest’organismo, per stimolare i sistemi scolastici ad adottare comportamenti virttuosi. Da allora la rete delle ecoschool si è moltiplicata, anche se non al ritmo esponenziale del cambiamento climatico.

A proposito,  il sistema inventato dalla FEE costa. Tant’è che se una scuola non paga la quota di adesione, circa 300 euro all’anno, la bandiera verde se la può scordare in anticipo. Un meccanismo che somiglia  alle certificazioni ambientali che nella prima parte degli anni duemila ebbero un’impennata di popolarità   tra tante imprese italiane, mai in misura sufficiente ad evitare la brutta aria che ci spira oggi intorno.

In Italia

Tuttavia, le ecoschool non lo sono solo di nome, o di bandiera. Qualche esempio concreto? La scuola Albertini di Fiumicino, alle porte di Roma, ha potuto fregiarsi del titolo dopo esser riuscita ad installare pannelli solari e contenitori per la raccolta differenziata. La primaria Castillo di Sanremo è riuscita ad avviare un orto ed a curare il giardino negli spazi circostanti  la scuola. Una cosa simile l’hanno fatta anche alla scuola elementare di Triangia, in provincia di Sondrio, con un effetto moltiplicatore: il percorso da ecoschool ha allontanato il rischio che la scuola chiudesse per scarsità di alunni, ha trasformato l’orto in aula aggiuntiva dove fare parte delle lezioni, ed ha dato linfa ad un progetto parallelo, chiamato “rifioriamo la terra”, per rilanciare la coltivazione del grano saraceno, una coltura in via di estinzione nella Valtellina nonostante lo stretto legame con le tradizioni culinarie della zona.

Allo stato attuale in Italia risultano un centinaio di ecoschools. In Finlandia sono il triplo, per dire, ma è comunque molto meglio di niente. Certo, c’è spazio per fare di più, e del resto l’ecoschool non è l’unico l’unico percorso che, anche in Italia, permette alle scuole di dare segni tangibili per la salvezza del pianeta. C’è ad esempio il daily mile: ne avevamo parlato in Minori report giusto un paio di anni fa. E ce ne sono molti altri. Insomma, cari studenti tornati a scuola dopo lo sciopero verde: si può andare oltre la giornata di festa, basta volerlo e convincere insegnanti e genitori. Cioé, gli adulti. E questa è la cosa più difficile. Vero, Greta?

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