21 novembre 2025 – Notiziario Africa
Scritto da Elena Pasquini in data Novembre 21, 2025
- Mali: la guerra delle narrazioni.
- Una sapienza millenaria strappata alla guerra.
- Sanità – Un’Africa sotto doppia minaccia.
- L’AfricanFuturism che riscrive il domani.
Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets. A cura di Elena L. Pasquini
“La parola “terrorista” semplicemente non esiste nelle lingue vernacolari. Nel Mali centrale
o nel Niger sudorientale, gli abitanti parlano piuttosto di “uomini delle terre selvagge” o “cattivi ragazzi …La narrativa dominante di una minaccia jihadista globale e dell’estremismo religioso oscura profonde rivendicazioni e disfunzionalità … ed è solo servita ad alimentare la violenza», scrive il politologo Marc-Antoine Pérouse de Montclos.
Mali
Da oltre un decennio il Mali è un campo di battaglia. Le campagne militari contro la violenza di matrice islamista non sono mai riuscite a pacificare il Paese. Il Gruppo di Sostegno all’Islam e ai Musulmani (JNIM), legato ad al-Qaeda ha lanciato nuove offensive e ha imposto un blocco sul carburante, arrivato ad impedire i rifornimenti fin nella capitale, Bamako.
Una guerra che si combatte anche attraverso informazione e disinformazione, propaganda e manipolazione pubblica, con il tentativo del JNIM di screditare le autorità di transizione, guidate da Assimi Goita, che ha preso il potere con un colpo di Stato nel 2020.
Alcuni video del JNIM, di cui dà conto Radio France Internationale, annuncerebbero un inasprimento del blocco, che si dovrebbe estendere a tutte le compagnie di trasporto: “Gli autisti di autocisterne, ora saranno trattati dal JNIM come soldati: non ci saranno più prigionieri”, scrive RFI.
Il gruppo islamista, secondo la testata francese, accuserebbe anche il governo di “doppiezza”: “I militari al potere incoraggerebbero i villaggi a stringere accordi locali con il JNIM (per evitare i blocchi) in aree fuori dal controllo dell’esercito, per poi attaccarli, accusandoli di collaborare con i jihadisti“, si legge. Coercizione e paura, nelle zone dove il JNIM esercita il suo potere.
“Meno uscite nei locali notturni, più donne velate sulle strade del Paese…”, avrebbe detto il portavoce del JNIM. Minacce a chi collabora con l’esercito o tenta di opporre resistenza. Secondo la BBC, il blocco di carburante ha paralizzato la nazione.
“La vita quotidiana di milioni di maliani è stata stravolta: scuole e università hanno dovuto chiudere, i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati vertiginosamente e gli ospedali sono alle prese con i blackout …”.
Il blocco, secondo la testata britannica, “segna una significativa escalation rispetto ai suoi consueti attacchi mordi e fuggi … Il blocco evidenzia anche l’espansione geografica della sua insurrezione”.
L’opposizione accusa la giunta militare al potere di non essere riuscita a proteggere il Mali. Ed esorta “la popolazione ad “aprire gli occhi” su un regime che “si impadronisce della nazione”, scrive Africa News.
Il blocco su Bamako ha fatto crescere i timori di un vertiginoso della sicurezza, ma c’è una possibile lettura diversa di questa crisi. “Bamako è sotto pressione, non sotto assedio”.
Ne sono convinti Lamine Doumbia, ricercatore di storia africana all’Università Humboldt di Berlino e Mahamdou Bassirou Tangara, che insegna economia dello sviluppo, all’ Université des Sciences sociales et de Gestion de Bamako.
Negli ultimi sei mesi, hanno condotto ricerche su campo. “Bamako è effettivamente sottoposta a un’enorme pressione e le attività sono state interrotte.
Ma i mercati continuano a funzionare e le persone dimostrano una notevole solidarietà e adattabilità nella loro vita quotidiana. Questa distinzione è importante, non per minimizzare la crisi, ma per coglierla con le sfumature, la complessità e la sensibilità empirica che le realtà locali richiedono”, scrivono i ricercatori, su The Conversation.
E per immaginare risposte efficaci. Contestano l’uso della parola “blocco”. “Definire questa situazione un “blocco” significa confondere la disgregazione logistica con l’accerchiamento militare.
Un blocco implicherebbe l’impossibilità di movimento di persone o merci, il che non è vero. Ciò a cui stiamo assistendo è un progressivo soffocamento delle arterie economiche della città, non un assedio totale”.
Dal lavoro di Doumbia e Tangara emergerebbe la volontà collettiva degli abitanti di Bamako di resistere e adattarsi. “La crisi maliana ha dimostrato, più volte, i limiti di una risposta puramente militare … lezione è che l’escalation militare non può risolvere quella che è iniziata come una crisi asimmetrica e socialmente radicata …
La negoziazione deve andare oltre la dicotomia “Stato contro gruppi armati”. Deve coinvolgere leader religiosi, attori del mercato, gruppi della società civile, studiosi universitari e comunità locali …
Invece di dipingere la capitale del Mali come una città sotto assedio, dovremmo riconoscerla come una città che lotta sotto una pressione immensa; una città che ancora respira, resiste e si adatta. Il negoziato, non la militarizzazione, rimane l’unica via credibile per una pace sostenibile a Bamako”, sostengono.
Mali, i manoscritti di Timbuktu
Quando nel 2012 al-Qaeda invase la città di Timbuktu, un’antica sapienza rischiò di andare per sempre perduta. Manoscritti preziosi sono scampati alla furia della guerra grazie agli abitanti del Nord del Mali che li portarono clandestinamente al Sud.
Oggi, quei manoscritti tornano nella loro terra, e vengono digitalizzati una pagina alla volta, nell’Ahmed Baba di Timbuktu.
Secondo gli studiosi, alcuni di questi manoscritti contengono conoscenze che non esistono da nessun’altra parte. “Tra i manoscritti si trovano testi medici, sentenze legali, lettere, appunti astronomici e cronache degli imperi dell’Africa occidentale.
In alcune pagine, gli studiosi discutono se fumare tabacco fosse morale o proibito. In altri, i funzionari sollecitano la riduzione delle doti affinché gli uomini più poveri possano sposarsi. Le note a margine riportano terremoti ed eventi locali ormai dimenticati altrove”, riporta Africa News.
Alcuni sono ancora dispersi, altri restano custoditi nelle biblioteche familiari, e sono ancora in pericolo perché potrebbero essere oggetto div endite private. “Le famiglie che possiedono i manoscritti si trovano in una situazione difficile e non ricevono alcun sostegno.
Quindi, quando queste famiglie hanno problemi economici, il padre potrebbe voler vendere i manoscritti”, ha detto ad Africa News Sane Chirfi Alpha è il membro fondatore di SAVAMA DCI, un’organizzazione che si occupa della salvaguardia e alla conservazione degli antichi manoscritti di Timbuktu.
L’opera di conservazione di un patrimonio unico e prezioso, è minacciata però, ancora, dall’insicurezza che continua ad attraversare il Mali. Al Nord sono ancora attivi gruppi armati di matrice islamista, che compiono attacchi improvvisi e impongono blocchi stradali.
I ricercatori “sono ancora restii a recarsi a Nord … Per molti studiosi, il viaggio verso la città comporta ancora dei rischi”, si legge ancora. Ti mori che rallentando il lavoro di conservazione di quei testi che rappresentano un patrimonio inestimabile per la conoscenza della storia dell’Africa occidentale.
Sanità in Africa
Epidemia del virus Marburg in Etiopia, il colera che non si diffondeva così velocemente da venticinque anni. “L’Africa si trova ad affrontare una convergenza rara e preoccupante”, scrive Kawabena Adu Gymafi su Africa news.
“Entrambe le crisi sanitarie sono gravi di per sé, ma insieme rivelano una sfida più profonda: i sistemi sanitari africani sono sottoposti a una pressione immensa”, spiega. C’è però, anche una buona notizia che arriva tra Paesi: Capo Verde, Mauritius e Seychelles hanno debellato morbillo e rosolia.
“Il virus Marburg è virus molto contagioso, con un alto tasso di mortalità. L’Organzzazione mondiale della sanità ha istituto unità di isolamento e sta distribuendo dispositivi di protezione individuale.
“La malattia viene trasmessa all’uomo dalle volpi volanti (un tipo di pipistrelli) e si diffonde tra le persone attraverso il contatto diretto con fluidi corporei di individui infetti o materiali contaminati.
I sintomi iniziali includono febbre alta, forte mal di testa, dolori muscolari e affaticamento. Molti pazienti sviluppano gravi emorragie entro una settimana dall’esordio.
Sebbene diverse promettenti contromisure mediche siano attualmente in fase di sperimentazione clinica, non esiste una terapia o un vaccino autorizzati per la gestione o la prevenzione efficace della malattia da virus di Marburg”, scrive l’OMS. L’epidemia si sta diffondendo nelle zone rurali, al confine con il Sud Sudan e vi sono timori di una diffusione transfrontaliera.
Il colera, invece, sta attraversando il continente dall’Angola al Mozambico, con migliaia di casi. Si diffonde con l’acqua contaminata, corre veloce quando si fanno più fragili i sistemi sanitari.
Alluvioni, siccità, sfollamenti, pressione climatica, la veloce crescita urbana, rendono sempre più complesso l’approvvigionamento di acqua potabile e rendono ancora più difficile rispondere all’emergenza.
Sono malattie prevedibili si aggravano velocemente quando non si affrontano problemi strutturali, secondo Gymafi che aggiunge: “Queste crisi simultanee non mettono in luce solo le malattie in sé: mettono in luce la pressione sulle strutture sanitarie, le lacune nella diagnosi precoce e la vulnerabilità delle popolazioni che vivono in comunità sovraffollate o sfollate”.
Hanno raggiunto invece un importante traguardo, Capo Verde, Mauritius e Seychelles eliminando morbillo e rosolia. Sono i primi paesi dell’Africa subsahariana, secondo l’OMS.
Due virus altamente contagiosi. “Il morbillo può causare gravi complicazioni e morte, soprattutto tra i bambini piccoli, mentre la rosolia può causare difetti congeniti irreversibili se l’infezione si verifica durante la gravidanza.
Entrambe le malattie sono prevenibili con la vaccinazione”, spiega l’agenzia dell’Onu. Tre piccoli stati insulari che hanno interrotto la trasmissione endemica del virus da oltre 36 mesi.
Capo verde ha finanziato il suo programma dal 1998, per vent’anni è riuscita a mantenere una copertura vaccinale del 90%. L’ultimo caso di morbillo è del 1999, di rosolia, del 2010. Mauritius ha raggiunto l’obiettivo, dopo l’epidemia che l’ha colpito tra il 2018 e il 2019. Non c’è rosolia alle Seychelles dal 2016, e un’epidemia di morbillo è stata contenuta cinque anni fa.
Repubblica democratica del Congo
“Chini ya Ardhi”, in swahili significa “sotterraneo”. Ed è sottoterra che si muove il magma di Goma, la capitale del Nord Kivu, all’Est della Repubblica democratica del Congo.
Costruita su terra vulcanica, instabile per natura. Instabile, però, anche per mano dell’uomo, che da decenni la ferisce in un’eterna guerra e che ne minaccia la ricchezza ambientale.
“Chini ya Ardhi” è il titolo di una mostra aperta in quella città che è al fronte di un conflitto armato tra i più sanguinosi e ignorati del mondo. La firmano Camille Bleu Valentin, artista francese, e un collettivo di giovani congolesi, tra cui Thierry Croco e Manuel Galea, alla Vichwa ART Gallery di Goma, fino al 20 novembre, per raccontare le sfide ambientali e di sicurezza della regione.
“Dipinti e sculture che riflettono su temi come il cambiamento climatico, l’inquinamento e le pressioni più ampie che le comunità che vivono in situazioni di conflitto devono affrontare.
Gran parte del lavoro trae ispirazione dal territorio vulcanico di Goma e dal suo instabile contesto di sicurezza, offrendo un’esplorazione visiva di come le realtà locali si intersechino con le preoccupazioni globali”, racconta Africa Eye.
Le opere affrontano temi complessi come la dipendenza “la dipendenza globale da risorse come minerali rari, petrolio e prodotti agricoli” ed entrano nel quotidiano di una terra in guerra.
“Una parte particolarmente emozionante della mostra include una serie di candele realizzate in omaggio a Mama Bidule, una donna del posto rimasta confinata in casa senza beni di prima necessità durante i recenti attacchi del gruppo armato M23.
Valentin descrive le candele come una forma di preghiera e di ricordo, plasmata dalle narrazioni personali emerse dal conflitto”, riporta Africa Eye.
Fotografia, Roma
Tecnologia, impegno sociale, spiritualità ancestrale per immaginare il futuro. Così, la fotografia africana costruisce nuove narrazioni, tra visioni prossime e radici. Lo racconta a Roma, “AfricanFuturism. Visioni da un futuro presente”, il sesto incontro del ciclo “Visionary Africa” che si terrà il 28 novembre alle 19 nella sede della scuola WSP Photography.
La ricerca visiva si aprirà con la serie “The Prophecy” di Fabrice Monteiro, artista del Benin, che racconta di sé di essere parte della comunità Agouda, discendente di schiavi deportati e rimpatriati in Africa occidentale, la cui storia coloniale ne continua a plasmare l’identità.
Profezia ecologica, è quella fissata dalla lente di Monteiro, con le sue figure spirituali nate da rifiuti ed elementi naturali.
Il percorso di scoperta della fotografia africana contemporanea, attraverserà poi “le geografie interiori e oniriche di Paul Macharia, fotografo kenyota; il lavoro dell’italo-senegalese Maimouna Guerresi, “che esplora l’interazione tra corpo, architettura sacra e simbolismo Sufi”.
E poi, Cyrus Kabiru, noto per le sue C-Stunners, “sculture-occhiali futuristiche realizzate con rifiuti elettronici raccolti per le strade di Nairobi”, raccontano gli organizzatori del seminario guidato da Alessandra Migani, curatrice indipendente.
“ll suo lavoro è una celebrazione dell’ingegno, un potente atto di upcycling e una sfida ai canoni estetici, che trasforma lo scarto in un oggetto di prestigio e visione”. E ancora, David Uzochukwu, Aïda Muluneh e Dillon Marsh.
[La quota di partecipazione è di 10 euro (comprensiva di consumazione) ed è necessaria la prenotazione a info@collettivowsp.org]
Foto di copertina di The Artboard su Unsplash
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