8 giugno 2021 – Notiziario in genere
Scritto da Radio Bullets in data Giugno 8, 2021
Australia: ricoverata la 26enne che ha rivelato di essere stata stuprata in parlamento. Nigeria: morto il controverso predicatore Tb Joshua: schiaffeggiava le donne per “liberarle dai demoni”. Senegal: rimosso il funzionario che ha assegnato il brano di un autore gay come traccia di esame. Cile: in arrivo finalmente la legge sui matrimoni gay? Onu: per gli Stati Uniti la lotta contro la discriminazione Lgbtqi è una sfida globale. Afghanistan: truppe americane in ritiro. Cosa ne sarà delle donne?
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Australia

Wilkipedia/ Il ministro Christian Porter
Brittany Higgins, la 26enne australiana che a marzo scorso ha rivelato di essere stata stuprata in parlamento da un collega, è stata ricoverata nei giorni scorsi in ospedale per ricevere cure psichiatriche. Ha bisogno di tempo per riprendersi dopo «mesi di incessante pressione politica», spiega il suo compagno David Sharaz. La denuncia di Higgins ha rappresentato l’apice delle proteste del movimento #MeToo in Australia, accendendo un faro sul mondo della politica e sul suo sessismo. A marzo scorso, decine di migliaia di persone in tutto il paese sono scese in piazza contro gli abusi sessuali e la violenza sulle donne.
Lo stupro di Brittany risalirebbe, secondo le sue testimonianze, al 2019 negli uffici dell’allora ministra della Difesa Linda Reynolds. La donna ha raccontato anche di aver subito pressioni dai suoi superiori per non denunciare. Negli ultimi mesi svariati parlamentari sono stati accusati di violenza sessuale e cattiva condotta: tra loro c’è anche il ministro dell’Industria e dell’Innovazione Christian Porter, che ha rigettato l’accusa di aver stuprato una ragazza quando era adolescente. La vittima, però, nel frattempo è morta, la polizia ha chiuso l’indagine sul caso e il primo ministro australiano Scott Morrison non ha voluto avviare un’altra inchiesta nonostante le pressioni. Porter intanto ha ritirato nei giorni scorsi la sua causa contro Australian Broadcasting Corporation che aveva diffuso la notizia dell’accusa.
Nigeria
È morto all’età di 57 anni il controverso predicatore nigeriano Tb Joshua, il più influente predicatore d’Africa. Sarebbe morto poco dopo aver condotto una trasmissione in diretta, ma le cause del decesso restano sconosciute. «Dio ha preso il suo servitore», si legge sulla pagina Facebook del predicatore. Ad aprile Tb Joshua era stato bannato da YouTube per incitazione all’odio, dopo le “preghiere” per “curare i gay”. Lo stesso Facebook ha rimosso almeno un post in cui schiaffeggiava una donna per “liberarla dai demoni”.
Il pastore e profeta cristiano evangelico − che professava di guarire tutti i tipi di malattie, compreso l’Aids − aveva fondato l’organizzazione cristiana Synagogue, Church Of All Nations (SCOAN), nonché il canale tv nigeriano Emmanuel Tv.
VIDEO: Prophet TB Joshua’s Last Outing Before His Sudden Death
WATCH FULL VIDEO: https://t.co/9v6BO0GA5y pic.twitter.com/aotEM9t6OE
— Sahara Reporters (@SaharaReporters) June 6, 2021
Senegal

Wikipedia/Armistead Maupin e un amico al San Jose Pride, fine anni ’70.
«Sollevato dal suo incarico» un funzionario che ha assegnato lo scritto di un autore gay: a darne notizia il ministero dell’Istruzione del Senegal. Ousmane Balde nei giorni scorsi ha assegnato il passo dell’opera “Nuovi racconti di San Francisco” dello scrittore americano Armistead Maupin (uno degli autori più apprezzati dalla comunità LGBTQI+) in occasione di una simulazione d’esame. Un fatto che nel paese ha provocato scandalo a causa dell’omosessualità dell’autore. Il brano scelto contiene poi un passaggio in cui il protagonista rivela alla madre, che si oppone ai suoi diritti, la propria omosessualità. In Senegal sono previsti fino a 5 anni di carcere per rapporti tra persone dello stesso sesso. Balde, che coordina un centro per la formazione degli insegnanti di inglese a Rufisque, nella regione di Dakar, si è scusato della sua scelta in un filmato, riferisce Afp, e ha detto che il passo era stato allegato per sbaglio a un’email che conteneva svariati testi. «Ho fatto un errore», ha detto Balde. «Non ho contatti con alcuna lobby gay». Anzi, ha voluto far sapere di avere partecipato recentemente a una manifestazione contro i gay.
Cile

Ministerio de Justicia y Derechos Humanos/Hernán Larraín
Il governo del Cile ha annunciato che tratterà con la “massima urgenza” il progetto di legge per il matrimonio egualitario. Ora il Parlamento ha due settimane per discutere, approvare o rigettare il disegno di legge. A darne notizia il ministro della Giustizia, Hernán Larraín. «Il presidente ha detto: “Voglio, prima della fine del mio mandato, dare un segnale che questo progetto sta progredendo” e sarà data massima urgenza, in modo che possa essere elaborato con una certa velocità», spiega il ministro Larraín in un’intervista. Era stato infatti il presidente Sebastián Piñera ad annunciare l’intenzione di accelerare. «È giunto il momento». Le affermazioni del presidente sono state accolte con stupore dalla coalizione di governo di Chile Vamos, ma anche da alcuni componenti dell’esecutivo. Il parlamento cileno sta analizzando il progetto di legge per il matrimonio egualitario da quattro anni: era il 2017 quando è stato presentato dal governo di Michelle Bachelet. Poi però l’esecutivo è cambiato e l’iniziativa è rimasta ferma al Senato.
Stati Uniti
Onu: lotta contro la discriminazione Lgbtqi

GPA Photo Archive/Linda Thomas-Greenfield
«Riaffermiamo il nostro impegno a promuovere e proteggere i diritti umani, l’uguaglianza e la libertà per le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali negli Stati Uniti e in tutto il mondo». A dirlo in questi giorni è stata l’ambasciatrice americana all’Onu Linda Thomas-Greenfield in occasione del mese dell’orgoglio LGBTQI+. «Il Pride Month è una testimonianza degli straordinari progressi compiuti dalla comunità LGBTQI+ nella lotta contro il fanatismo e la discriminazione, nonché un promemoria del lavoro significativo che resta da fare per raggiungere la piena uguaglianza per le persone LGBTQI+ in patria e all’estero», dice. La «lotta per porre fine alla violenza, alla discriminazione, alla criminalizzazione e allo stigma contro le persone LGBTQI+ è una sfida globale che merita una risposta globale». Ecco perché «stiamo guidando gli sforzi in tutto il sistema Onu e lavoriamo all’interno del Core Group LGBTI delle Nazioni Unite per proteggere e promuovere i loro diritti umani».
Reuters

Thomson Reuters Headquarters
È la giornalista transgender più “alta in grado”. Si tratta di Gina Chua, 60 anni, oggi ai vertici di Reuters dopo che Alessandra Galloni − direttrice responsabile, prima donna in 170 di storia a guidare l’agenzia di stampa britannica − l’ha nominata executive director, cioè sua seconda, a capo dei 2.500 giornalisti che l’agenzia ha in 200 città del mondo. −Le transgender non saranno più dipinte come vittime», spiega Chua, «ma come personaggi a tutto tondo delle storie che accadono loro. Sono un esempio di come, dopo avere cambiato sesso, non per forza ti licenziano».
Laureata in matematica e poi specializzata in giornalismo alla Columbia University, si legge su Huffington Post, Gina Chua cura da molti anni un blog intitolato (Re)Structuring Journalism, “(ri)strutturare il giornalismo”: un laboratorio di idee − firmate, fino al 2020, con il vecchio nome maschile ora deposto − su come far convergere le regole tradizionali della professione con il digitale e le nuove tecnologie. La transizione l’ha annunciata proprio sul suo blog in un post intitolato “Cambiamenti”, simile alla mail che ha inoltrato, il 18 dicembre, ai suoi colleghi a Reuters. «Ho reso pubblico questo passaggio», spiega ora a The New York Times, «perché ci sono ragazzini di 14 anni che hanno bisogno di sapere che la transizione non è una condanna a morte».
Gina Chua, the executive editor of Reuters, transitioned genders last year, using time at home and away from the office during the pandemic to, as she describes it, “grow into this skin.” https://t.co/sk8gvzD58w pic.twitter.com/BELRRQheqh
— The New York Times (@nytimes) June 4, 2021
Afghanistan
Entro questa estate le truppe americane dovranno ritirarsi dall’Afghanistan. Gli americani hanno stipulato un accordo con i talebani che parla di “cessate il fuoco” ma non chiarisce bene il destino di metà della popolazione, le donne. Quelle che sono state più oppresse, se non addirittura cancellate, durante il regime talebano degli anni Novanta. Ora, dopo 20 anni di pericoli, rischi, di piccole conquiste quotidiane, tutti i diritti che si sono faticosamente conquistati potrebbero andare in fumo in nome della stabilità. Ma la pace è possibile quando una parte della popolazione è prigioniera? Oggi il 16% delle donne fa parte della forza lavoro, il 26% è nel parlamento. Il 5,8% studia alle superiori. Ci sono politiche, avvocate, sindache, soldatesse. Alcune guidano, altre sono andate alle olimpiadi. Studiano e sognano, e soprattutto lottano nonostante i talebani e i più conservatori le abbiano continuamente attaccate. Che ne sarà di loro? Tra qualche giorno la nostra Barbara Schiavulli sarà in Afghanistan per raccontarlo.
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