Afghanistan: storia di un processo di pace andato male

Scritto da in data Settembre 10, 2019

“Dopo le elezioni i negoziati, si spera, riprenderanno di nuovo – dice a Radio Bullets, Ajmal Ghani, consigliere senior del presidente – con il governo afgano che rappresenterà tutti gli afgani”.

Il venerdì prima della festa del Lavoro negli Stati Uniti (il 6 settembre scorso), il presidente Donald Trump ha riunito i suoi migliori consiglieri nella situation room per capire quali erano le decisioni importanti prese durante la sua presidenza, tra tutte, il piano di pace con i talebani dopo 18 anni di aspra e sanguinosa guerra in Afghanistan.

L’incontro ha tirato fuori profonde divisioni all’interno della squadra di politica che si occupa degli Esteri, contrapponendo Segretario di Stato Mike Pompeo a John R. Bolton, Consigliere per la Sicurezza Nazionale.

John Bolton e Mike Pompeo

Mentre si discutevano i termini dell’accordo, Pompeo e il suo negoziatore, Zalmay Khalilzad, sostenevano che questo avrebbe consentito a Trump di iniziare a ritirare le truppe, assicurando al contempo che i talebani si impegnavano a non proteggere i terroristi e a contrastare l’Isis. Bolton, in visita in Polonia, ha replicato che Trump avrebbe dovuto mantenere l’impegno della sua campagna elettorale ovvero ridurre le forze militari senza però, andare a letto con assassini grondanti di sangue americano.

i talebani a Doha durante i negoziati

In quel momento Trump non prese decisioni, ma ad un certo punto durante l’incontro, è stata lanciata l’idea di finalizzare i negoziati a Washington, una prospettiva che faceva appello alla propensione del presidente verso la spettacolarizzazione. Trump ha suggerito che avrebbe persino invitato il presidente dell’Afghanistan Ashraf Ghani, il cui governo non ha partecipato ai colloqui, e lo avrebbe fatto firmare.

Nei giorni che seguirono, Trump andò oltre: non solo avrebbe portato i talebani a Washington, ma lo avrebbero fatto a Camp David, il fiore all’occhiello della presidenza americana. I leader di un’organizzazione militante ritenuta terrorista dagli Stati Uniti, sarebbero stati ospitati nella residenza di montagna utilizzata da presidenti, primi ministri e re per siglare importanti accordi di pace.

Iniziarono così alcuni giorni straordinari di discussioni diplomatiche che durante il weekend si sono trasformate in una tempesta di dichiarazioni su Twitter. Presenti tutti i tratti caratteristici della presidenza Trump: l’ambizione a raggiungere il massimo risultato, il desiderio incommensurabile di ottenere ciò che nessun altro presidente ha raggiunto, la volontà di sfidare le convenzioni tra i volatili sbalzi d’umore e le lotte tribali.

Quello che sarebbe stato uno dei più grandi momenti della sua presidenza, è stato messo insieme in un momento e poi distrutto sempre in solomomento.

E dopo che tutto è andato in frantumi, sabato Trump si è assunto la responsabilità di svelare le macchinazioni segrete in una serie di messaggi Twitter che hanno sorpreso non solo molti funzionari della sicurezza nazionale in tutto il governo, ma anche alcuni dei pochi che hanno preso parte alle consultazioni.

Quasi un affare fatto

Per Trump, porre fine alla guerra in Afghanistan era un punto focale sin dalla sua entrata in carica, un risultato distintivo che avrebbe potuto aiutarlo a vincere la rielezione il prossimo anno. Per quasi un anno, Khalilzad, ex ambasciatore in Afghanistan, ha avviato colloqui con i talebani per far sì che questo accadesse.

Zalmai Khalilzad

Nelle ultime settimane, era diventato sempre più chiaro che gli Stati Uniti e i talebani, dopo nove round di scrupolosi negoziati a Doha, in Qatar, avevano risolto la maggior parte delle questioni tra loro. Khalilzad aveva che il documento di un accordo che era stato finalizzato “in linea di principio”.

L’accordo prevedeva un graduale ritiro delle restanti 14.000 truppe statunitensi nell’arco di 16 mesi, di cui circa 5.000 se ne sarebbero andate entro 135 giorni. In cambio, i talebani avrebbero dato la garanzia che non sarebbe mai ripetuto un 11 settembre dal suolo afgano.

Tuttavia i negoziati avevano lasciato fuori il governo afgano e i funzionari di Ghani lo hanno criticato per la mancanza di misure che garantissero la stabilità nel paese, scrive il Wall Street Journal. A casa, Trump è stato ammonito dal senatore Lindsey Graham, dal generale Jack Keane, vice capo di Stato Maggiore dell’esercito in pensione dal generale David Petraeus, comandante in pensione in Afghanistan e Iraq.

Bolton è stata la principale voce interna contro l’accordo mentre gli alleati di Pompeo hanno cercato di isolare sempre di il consigliere per la sicurezza nazionale. Bolton sosteneva che Trump poteva ritirare 5.000 truppe avendone ancora abbastanza per combattere il terrorismo senza un accordo con i talebani, un’organizzazione di cui era convinto che non ci si potesse fidare.

In un’intervista domenica, si vede sull’Abc, Graham ha dichiarato di condividere il desiderio di Trump di “porre fine alla guerra in Afghanistan tra talebani e popolo afgano”, ma ha aggiunto che nessun accordo avrebbe potuto includere il ritiro di tutte le forze statunitensi o la fiducia nei talebani per affrontare al-Qaeda o il sedicente Stato islamico.

“Il mio consiglio all’amministrazione è, concentriamoci sul tentativo di consolidare le nostre relazioni con il Pakistan”, ha detto, aggiungendo che si sarebbero dovuto includere un accordo di libero scambio commerciale. E che ai talebani doveva essere impedito di credere che potevano cercare un porto sicuro in Pakistan.

Il cuore della divisione

 Quando Khalilzad ha lasciato Doha dopo l’ultimo round di colloqui conclusosi il 1 ° settembre, due giorni dopo l’incontro con la Situation Room, lui e i suoi omologhi talebani avevano messo a punto il testo dell’accordo. I leader di entrambe le squadre hanno siglato le loro copie e le hanno consegnate ai loro padroni di casa qatarioti.

Prima della fine dell’incontro, Khalilzad solleva l’idea di un viaggio talebano a Washington. I leader talebani affermano di aver accetto l’idea, purché la visita avvenga dopo l’annuncio dell’accordo.

Questo diventerebbe un punto che li ha divisi e ha contribuito al crollo dei colloqui. Trump non voleva che l’incontro di Camp David fosse una celebrazione dell’accordo, soprattutto dopo che non non erano stati dati molti dettagli sulle delicate trattative in una regione complicata, Trump voleva apparire come quello che avrebbe messo insieme le due parti, afgani e talebani, scrive The Age, o almeno così voleva essere percepito.

L’idea era che Trump tenesse riunioni separate a Camp David con i talebani e con Ghani, tirando poi fuori una risoluzione più globale.

Mentre i colloqui si stavano concludendo a Doha, l’ambasciatore americano in Afghanistan è andato al palazzo presidenziale a Kabul con la proposta dell’incontro di Camp David, hanno confermato fonti di Radio Bullets in Afghanistan.

Khalilzad arrivato da Doha, ha tenuto quattro round di colloqui con Ghani. Secondo il piano un aereo sarebbe giunto per portare Ghani e la sua delegazione negli Stati Uniti.

Afghan President Ashraf Ghani meets with U.S. special representative for Afghanistan Zalmay Khalilzad in Kabul, Afghanistan September 2, 2019. Afghan Presidential Palace/Handout via REUTERS ATTENTION EDITORS – THIS IMAGE HAS BEEN SUPPLIED BY A THIRD PARTY. NO RESALES. NO ARCHIVES

I ministri di Ghani sapevano che molto probabilmente sarebbe arrivata negli Stati Uniti anche una delegazione talebana, ma non erano chiari dettagli. Tre le priorità dell’amministrazione afgana: il destino delle elezioni presidenziali in programma per il 28 settembre, in quale modo i colloqui di pace sarebbero andati avanti per includerli e come avrebbero rafforzato le forze di sicurezza per ridurre i costi degli Stati Uniti.

Come segno dell’importanza dell’evento, Ghani ha convinto gli americani ad accettare di includere nel viaggio il suo consigliere per la sicurezza nazionale, Hamdullah Mohib, che era stato essenzialmente tenuto fuori dagli incontri americani dopo essersi scagliato contro il processo di pace.

Per mesi, gli americani hanno di fatto tenuto in ostaggio la campagna di rielezione di Ghani in vista di un accordo che dicevano imminente. Ghani si è visto costretto a dire che le elezioni di settembre (già rimandate a luglio) dovevano ancora essere organizzate (in parte vero). Se l’accordo USA-talebani fosse stato finalizzato, molto probabilmente non ci sarebbero state le elezioni.

evento per la campagna del presidente Ghani oggi inviata direttamente dal suo staff a Radio Bullets

Se invece, Ghani avesse rifiutato l’incontro a Camp David, sarebbe stato definito un sabotatore della pace, ha detto un alto funzionario afgano. Quindi ha deciso: doveva venire ospitato da un alleato in territorio amico e questo poteva aiutare a chiarire se ci sarebbe stato un accordo di pace e se le elezioni sarebbero proseguite.

Aumenta lo spargimento di sangue

I leader talebani, dal canto loro, avevano rifiutato di negoziare direttamente con il governo afgano (che ritengono una marionetta degli americani) e non gli avrebbero parlato fino a quando l’organizzazione militante non avrebbe raggiunto un accordo con gli Stati Uniti, e hanno detto che gli americani li stavano trascinando verso un suicidio politico.

Un anziano leader talebano domenica ha detto che Trump si stava prendendo in giro se pensava di poter riunire i talebani e Ghani a Camp David “perché non riconosciamo il governo fantoccio” di Kabul.

Gli americani hanno anche cercato di portare a termine questioni in sospeso nei giorni precedenti all’ultimo incontro proposto da Camp David. Tra i più significativi c’è stato un disaccordo sulla liberazione di migliaia di prigionieri talebani nelle carceri afghane.

Funzionari afgani hanno affermato che gli americani si sono presi la libertà di negoziare il loro rilascio. Il governo di Ghani lo ha ritenuto inaccettabile, affermando che sarebbe stato d’accordo solo se i talebani avessero concesso un ampio cessate il fuoco, cosa che gli insorti sono riluttanti a fare in questa fase dei colloqui poiché la violenza è la loro principale leva di negoziato.

Il presidente afghano Ashraf Ghani

Infatti i negoziati finali si sono svolti in un periodo durante il quale si sono intensificati gli attentati. In risposta agli attacchi dei talebani, i negoziatori statunitensi hanno chiarito che stavano dando la priorità all’accordo e che anche loro avevano aumentato la pressione sul campo di battaglia da parte dell’esercito americano.

Quando Khalizad e il generale Austin S. Miller, il comandante americano delle forze americani in Afghanistan, sono tornati a Doha giovedì, dovevano finalizzare le appendici tecniche al testo principale. I negoziatori talebani non avevano alcuna sensazione che qualcosa non andasse e in seguito hanno pubblicato su Twitter che l’atmosfera era buona.

Eppure lo stesso giorno, i consiglieri hanno riferito a Trump che un attentato suicida con autobomba aveva ucciso un soldato americano e altri 11. A questo punto, Trump e la sua squadra hanno reagito. Non poteva ospitare leader talebani a Camp David pochi giorni dopo la morte di un americano.

“Salta tutto, non possiamo farlo, l’accordo è morto”, ha detto ieri Trump ai giornalisti anche se nessun annuncio è stato fatto ufficialmente dalla Casa Bianca. Venerdì a Kabul, i funzionari di Ghani hanno detto che il presidente aveva programmato di viaggiare negli Stati Uniti, e poi ore dopo ha confermato che invece non sarebbe andato.

La fine dei colloqui sembrava vicino, se non addirittura in agenda. Solo allora sono arrivati i tweet di Trump sabato sera rivelando che aveva invitato i talebani e Ghani a Camp David –poi interrotti, citando l’ultimo attentato.

I tweet hanno colto di sorpresa molti nell’amministrazione, Trump non aveva motivo di rivelare ciò che era accaduto, hanno affermato diversi funzionari, soprattutto perché non si era arreso all’idea di un accordo negoziato.

Ore dopo, Pompeo è andato alla base aeronautica di Dover per accogliere la bara dell’esercito sergente di 1a classe Elis Angel Barreto Ortiz, ucciso nell’attentato di Kabul e diventato il pretesto della fine di un negoziato durato un anno. Insolita la presenza di un segretario di Stato all’arrivo di una bara, generalmente arrivano per i soldati americani caduti presidenti o Segretari della difesa.

Domenica, dopo che la squadra delle trattative ha tenuto una riunione interna di emergenza a Doha, i talebani hanno detto che la decisione di Trump di annullare i colloqui avrebbe danneggiato solo gli Stati Uniti. Il governo afgano ha incolpato i talebani, affermando che la violenza stava non aveva fatto altro che rendere più difficile il processo di pace.

Funzionari statunitensi hanno sottolineato che la ricerca di un accordo di pace non è finito. Soprattutto con Trump, tutto può succedere.

Ma per il momento, almeno, tutte le parti sembrano certe di una cosa: la violenza ora si intensificherà. La guerra continuerà.

Intanto si intesifica anche la compagna elettorale in Afghanistan ora che è sicuro che le elezioni si terranno il 28 settembre prossimo. L’amministrazione Ghani in realtà fa buon viso a cattivo gioco, non avendo almeno per ora, i talebani che pretendono un ruolo politico, “Dopo le elezioni i negoziati, si spera, riprenderanno di nuovo – dice a Radio Bullets, Ajmal Ghani, consigliere senior del presidente – con il governo afgano che rappresenterà tutti gli afgani”.

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