Cronache inventate: Il dubbio di uccidere a Gaza – David (2)
Scritto da Barbara Schiavulli in data Maggio 18, 2018
(2) David ha riso e sorriso quando ha visto che il suo colpo è andato a segno. Ha sparato nel vuoto e ha fatto centro. La testa di un ragazzo. Sì, ha sorriso ai suoi compagni che gli davano forti pacche sulle spalle, intrappolati nei loro giubbetti antiproiettile, non che niente potesse colpirli, loro se ne stavano a decine di metri dalla recinzione sulla collinetta con l’ordine di sparare ogni volta che ritenevano necessario. Lo facevano dopo un po’ perché per la maggior parte del tempo si annoiavano a morte.
Vedevano quelli scatenarsi, urlare, accendere fuochi e loro lì, sotto il sole tutti imbardati, mancava solo che qualcuno portasse il tè. Sembrava di stare al cinema, ma non era un bel film. E allora sparavano alla cieca perché quelli dall’altra parte avevano capito dopo la prima manifestazione come fregarli, si portavano montagne di ruote, gli davano fuoco e poi quel fumo nero credevano che li proteggesse solo perché non erano visti, come se quel muro di fumo potesse fermare i proiettili.
Certo non era divertente sparare nel mucchio, neanche farlo su persone che al massimo provavano a lanciare una molotov dall’altra parte. Dal punto di vista militare non era molto edificante ma gli ordini erano questi: “dissuadere la protesta”, quelli non dovevano neanche immaginare di avvicinarsi alla recinzione. E a questo sparavano: all’idea in sé, all’arroganza di questi ragazzi di aver anche solo per un momento pensato di poter sfondare il confine ed entrare in un mondo che non gli appartiene, beh forse un po’ sì, ma non adesso. Non più. Quando le mani dei compagni hanno smesso di battere sulla sua spalla e i ridolini si sono smorzati, David si è passato in dito sulla fronte punteggiata da goccioline di sudore tra lo spazio del kevlar dell’elmetto e la pelle.
Ha un caldo boia, ma deve stare ancora due ore lì e poi se ne tornerà a casa, per fortuna sua abita non troppo distante. Questa operazione non gli piace per niente, ovviamente non lo ha detto a nessuno e spera che anche gli altri in fondo la pensino come lui. Non che non gli piaccia, è che non la capisce veramente. Sparare su gente che manifesta, quelli saran anche nemici però, fa un po’ strano, non che lui abbia problemi etici a sparare se gli viene ordinato, però quei morti non sembrano così giusti. Non sta certo sparando a uno che entra in un ristorante con un giubbotto esplosivo, o come è successo ultimamente quei ragazzi che accoltellavano la sua gente. Questi anche se lui sa che sono tutti potenziali terroristi, li stanno ammazzando prima che lo diventino, alla faccia della guerra preventiva.
David fece un respiro profondo, questi pensieri non erano un granché da pensare, continuava a rigirarci intorno ma non riusciva a trovare la stessa giustificazione di tutti gli altri, non che avesse importanza, lui era lì con la sua divisa scolorita e aveva appena ammazzato un ragazzo che aveva più o meno la sua età. Attraverso il mirino, una volta diradatosi il fumo aveva visto il ragazzo a terra, quelli che lo circondavano e lo prendevano per le spalle e le gambe, con le braccia a penzoloni come se fosse un giocattolo rotto. Lo portavano via di corsa, loro non sapevano che lui non avrebbe sparato di nuovo e se fosse stato bravo non avrebbe sparato più per resto di quella follia.
Ma ovviamente non lo sapevano e lui non poteva dirlo. Non avrebbe neanche confessato che era la prima volta che uccideva qualcuno. E per fortuna sua non aveva ancora fatto in tempo a pensarci su veramente. Non era stato difficile, non lo aveva visto quel ragazzo, non aveva mirato, era stato il caso, ma la mano sul destino era stata la sua, questo non poteva impedirsi di pensarlo. Ma era un soldato in un paese in guerra e i soldati fanno quello che decidono altri. Loro eseguono ordini. David lo sa a cosa state pensando: anche altri hanno eseguito ordini e hanno distrutto il suo popolo. Ma non è la stessa cosa, è offensivo anche solo pensarlo. Loro si stanno solo difendendo, hanno diritto di difendersi da chi vuole distruggerli, non saranno mai più colti impreparati per questo sono diventati lo Stato più forte, più intelligente, pronto a prendere decisioni difficili, perché hanno imparato la lezione che gli ha inflitto la Storia e gli uomini, uomini che senza pensare eseguivano ordini disumani. Non che sparare nel mucchio sia molto umano, ma cercate di capire non è proprio la stessa cosa. No, voi non potete capire, ci giudicate cattivi, quando invece siamo solo leonesse che difendono il loro futuro. Lo dico e ci credo, ma non del tutto, perché se fosse vero non mi sentirei così con la testa che mi gira, i pensieri che mi pulsano, quel senso di colpa di cui non riesco a liberarmi. “Ho fatto il mio dovere”, continuo a ripetermi come per ipnotizzarmi. Possibile che solo io sia attanagliato da tarlo del dubbio e che questi imbecilli che mi stanno intorno non pensino a niente. O forse sì. Forse lo pensiamo tutti e nessuno ha il coraggio di dirlo. Che schifo di situazione.
David si chiese chi fosse il ragazzo che aveva ucciso, perché lo aveva ucciso, non gli aveva sparato per difendersi, non gli aveva sparato per salvare qualcun altro, non gli aveva sparato perché lui gli puntava un’arma. David non poteva sapere che se si fossero conosciuti, avrebbero potuto essere amici perché avevano molte cose in comune come l’amore per la musica e i fumetti, come la voglia di viaggiare. Si era riproposto di andare a Parigi non appena fosse finita tutta questa storia, voleva visitare quel posto da tutta la vita e aveva messo da parte i soldi. Anche perché la sua famiglia era originaria della Francia e aveva sempre pensato che sarebbe stato bellissimo cercare la casa dei suoi nonni anche se ora sicuramente ci abitava qualcun altro.
Col tempo si sarebbe dimenticato di quello che aveva fatto, in fondo non aveva ucciso di sua spontanea volontà, gli era stato ordinato, erano quelli dall’altra parte della recinzione che avrebbero ucciso se avessero potuto, certo anche perché facevano una vita da ingabbiati ma non era colpa sua, non l’aveva creata lui questa situazione. Eseguiva solo gli ordini. Ordini. E se quegli ordini li avesse impartiti uno psicopatico? Era lui che aveva ucciso un uomo, mica i politici che davano ordini o i comandanti che se ne stavano nelle loro sale di comando. Era lui, un ragazzo di 20 anni che sognava di andare a Parigi, e che invece avrebbe ricordato per tutta la vita che era lì a sparare nel mucchio contro gente che non gli aveva fatto niente. Perché quando uccidi qualcuno la faccenda diventa personale e a lui quel ragazzo non aveva fatto niente, facile dire uno in meno, o domani avrebbe potuto farlo, mica lo avete ucciso voi, cari comandanti e politici, ho premuto io il grilletto come se giocassi al tiro a segno bendato.
Lui era David, il soldato che non riusciva a non pensare e quella era una collinetta dove i proiettili erano più vigliacchi di tutti quelli mai sparati prima.
(Questa storia è inventata, ma se non posso essere a Gaza da giornalista, posso esserlo da scrittrice)
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Foto: IDF