Ossimori stracittadini
Scritto da Giuliano Terenzi in data Aprile 14, 2019
Un evento raro ma non unico
Per il racconto di oggi partiamo dalla foto di copertina che vede ritratti Agostino Di Bartolomei e Bruno Giordano. Non conoscendo il contesto dell’istantanea riportata, credo che ben pochi siano in grado di darsi una spiegazione del perché, del “come mai”, Bruno Giordano e Agostino Di Bartolomei, due giocatori simbolo, della Lazio il primo e della Roma il secondo, siano ripresi in bella posa, sullo sfondo delle gradinate dello Stadio Olimpico, con indosso una maglia su cui sono riprodotti entrambi i loghi delle due squadre di appartenenza, i cui supporters sono rivali per definizione e vicendevolmente ostili, diciamo così, per statuto.
Al di là della stranezza, si tratta, purtroppo, di un’occasione tragica: è il 18 novembre del ‘79 e si sta giocando quello che venne definito, scomodando un coraggioso ossimoro, “derby amichevole” organizzato a pochi giorni dalla morte di Vincenzo Paparelli, avvenuta durante il derby di campionato del 28 ottobre a causa di un razzo a paracadute di tipo nautico, lanciato dalla curva avversaria. Vincenzo Paparelli è la seconda vittima legata al tifo nel calcio e, purtroppo, non sarà l’ultima.
Nonostante l’eccezionalità dell’evento, la partita del ’79, finita 2-1 con la doppietta di Pruzzo, non è l’unica occasione durante la quale si è sperimentata questa promiscuità di maglie che, nella retorica del tifoso, sfiora il sacrilegio, la contaminazione, l’eresia; eppure, nella lunga storia delle due società della capitale, sono state diverse le occasioni in cui l’accesa rivalità è stata messa da parte e i giocatori di Roma e Lazio si ritrovati ad indossare la stessa maglia da bagnare, per onore di retorica, col sacro sudore che si deve alla squadra!
La prima volta non si scorda mai
Siamo allo Stadio Nazionale di Roma con 20.000 tifosi sugli spalti. I palloni da calcio sono di cuoio ed hanno ancora le cuciture, siamo più o meno nella preistoria del calcio. Per l’occasione, la rappresentativa mista di giallorossi e biancocelesti indossa calzoncini neri ed una maglia bianca con ricamata, in bella vista sul petto, una lupa blu; l’avversario è il Viktoria Zizkov, una squadra della periferia di Praga, campione di Cecoslovacchia. Finisce 4-2 per i padroni di casa e sul tabellino dei marcatori finiscono i romanisti Fasanelli e Volk, doppietta, e il laziale Pardini. Una partita dall’insignificante valore sportivo ma con un importante valore propagandistico per il regime mussoliniano, così importante che l’esperimento viene immediatamente riproposto a pochi giorni di distanza; stavolta la rappresentativa dell’Urbe, con la stessa casacca già inaugurata, ospita la squadra di Budapest: l’Hungaria. Sempre allo stadio nazionale di Roma, stavolta sotto una pioggia copiosa, che rende il terreno particolarmente pesante, i padroni di casa vengono sconfitti con il risultato di 4-3: non bastano i gol di Fasanelli, Bernardini e Chini, la tripletta di Hirzer e il goal di Molnar condannano la Roma-Lazio alla disfatta. La sconfitta non abbatte il cronista di quella partita che commenta sulla Stampa in questo modo:
“l’incontro sostenuto oggi dalla rappresentativa dell’Urbe va riguardato per il valore intrinseco degli uomini in campo che hanno così ben tenuto testa e segnato, anzi, una leggera superiorità di azione, ad un avversario temibilissimo”.
A calcio d’altri tempi, giornalismo d’altri tempi.
Un anno dopo, il giorno di Santo Stefano del 1930, siamo a Campo Testaccio e la rappresentativa mista veste i colori giallorossi ed è pronta a sfidare una squadra ungherese, il Sabaria. Finisce 3-2 per la rappresentativa nostrana ma, a giudicare dall’incipit del cronista, non fu una partita memorabile:
“l’eterogeneità di questo undici e la scarsa intesa dei giocatori hanno reso la partita scialba e priva di interesse”.
Evidentemente un cocktail tutto da ribilanciare.
Durante la Seconda Guerra Mondiale
Per rivedere questo esperimento di squadra contro-natura, dobbiamo aspettare fino al 16 aprile del 1944. Siamo in pieno periodo bellico e, già da qualche mese, Pietro Badoglio ha annunciato l’armistizio di Cassibile che portò l’Italia a schierarsi al fianco degli Alleati contro l’esercito tedesco. L’Italia è invasa dalle truppe naziste e, per forza di cose, il campionato nazionale di calcio non può disputarsi. Per sostituire la mancanza di calcio – guai a stare senza – vengono istituiti vari campionati locali come il Campionato Romano di Guerra a cui partecipano sia la Roma che la Lazio. In questo contesto va di scena un’altra partita dove giallorossi e biancocelesti indossano la stessa maglia. Si tratta della partita tra la squadra degli Assi, composta esclusivamente dai migliori tesserati di Roma e Lazio, e la squadra dei Giovani, formata dalle promesse del calcio romano, provenienti dalle altre squadre iscritte al Campionato Romano di Guerra. Gli Assi sono in maglia biancazzurra ed i Giovani in maglia giallorossa. Pronti via siamo già 3 a zero per gli Assi con tripletta di Koenig ma i Giovani non si arrendono e riescono a raggiungere un insperato pareggio. Sempre a proposito di giornalismo d’altri tempi, ecco l’attacco del pezzo a firma Ennio Mantella, ripreso dal giornale “Il Littoriale” :
“l’esperienza, insegnano i trattati, è madre della saggezza ma ieri, i più esperti, i più furbi, i più scaltri, quindi quelli che la sanno lunga e che conoscono le partite di calcio come voi l’uscio di casa, ahimè, hanno peccato di ingenuità”
Ancora in periodo bellico, il 4 febbraio del 1945, nell’ambito di una iniziativa benefica, una rappresentativa mista Roma-Lazio sfida una compagine inglese formata da militari della British Army davanti a circa 20000 spettatori accorsi allo Stadio del Partito Nazionale Fascista. I romani in maglia bianca e calzoncini neri vincono per 3-1 sui britannici. Questa la sintesi del Corriere dello Sport:
“il primo tempo termina alla pari con un gol di Koenig ed uno di Rudd. Nella ripresa Koenig e Krieziu colgono la vittoria. Oltre 800.000 lire di incasso assicurano il successo dell’iniziativa benefica.”
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Anni settanta: le ultime volte
Bisogna arrivare al primo novembre del 1973 per rivedere i giocatori delle due squadre capitoline con indosso la stessa maglietta che, a dirla tutta, non è una delle meglio riuscite: bianca con tre bande verticali, rossa, blu e gialla e calzoncini bianchi. La squadra avversaria è, praticamente, la squadra dell’allora Armata Rossa in quanto alle dirette dipendenze del ministero dell’esercito russo: il CSKA Mosca. Di fronte a più di 50.000 spettatori la formazione mista di Roma e Lazio non offre un grande spettacolo come testimonia questo estratto de “La Stampa”:
“gli improvvisati schieramenti delle due formazioni romane, oltre alla scarsa intesa, hanno denunciato anche un approssimativo desiderio di giocare a calcio. Inutilmente il generoso pubblico ha incitato i giocatori ad impegnarsi almeno sul piano agonistico”.
Finisce 1-0 per i russi con un gol in elegante slalom di Kuznetzov che al 45’ si beve in successione Martini, Re Cecconi e il portiere Pulici, insaccando a porta vuota; e sì che i giocatori forti non mancavano: Wilson, Rocca, Chinaglia, Domenghini, Prati, Di Bartolomei, solo per citarne alcuni.
Con questo siamo ad un totale di sette incontri giocati in formazione mista. Ve lo sareste mai immaginato?
Morti tragiche
Ricollegandomi alla morte di Vincenzo Paparelli, oltre al numero sette, quello delle partite in cui i giocatori di Roma e Lazio hanno vestito la stessa maglia, c’è un altro numero che salta all’occhio ed è il numero 20. Venti individui diversi, venti situazioni differenti l’una dall’altra, venti persone morte in frangenti riconducibili al calcio, al tifo, allo stadio; ne riporto l’elenco, senza commenti, senza spiegazioni, perché non ci possono essere commenti e non esistono spiegazioni:
Stefano Furlan, Marco Fonghessi, Nazzareno Filippini, Antonio De Falchi, Celestino Colombi, Salvatore Moschella, Vincenzo Spagnolo, Fabio Di Maio, Vincenzo Lioni, Ciro Alfieri, Simone Vitale, Giuseppe Diodato, Antonio Currò, Sergio Ercolano, Ermanno Licursi, Matteo Bagnaresi, Filippo Raciti, Gabriele Sandri, Ciro Esposito, Daniele Belardinelli.
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