E’ stata uccisa durante un attacco aereo israeliano sulla sua casa nel nord di Gaza.
Laureata all’Università di Scienze Applicate di Gaza, Fatima non era solo una fotografa, ma anche una testimone visiva di una realtà che si fa ogni giorno più dura.
Poche ore prima di essere uccisa, aveva pubblicato una foto dal suo balcone, scrivendo: “Questo è il primo tramonto da molto tempo”.
In un post precedente, aveva scritto: “Per quanto riguarda la morte inevitabile, se muoio, voglio una morte rumorosa, non voglio finire in una notizia dell’ultima ora, né in un numero di un gruppo, voglio una morte che venga udita dal mondo, una traccia che duri per sempre e immagini immortali che né il tempo né il luogo possano seppellire”.
Selezionata a Cannes
Il giorno prima del suo omicidio, l’Associazione del Cinema Indipendente per la Distribuzione (ACID) ha annunciato che il documentario Put your soul on your hand and walk , del regista iraniano in esilio Sepideh Farsi, era stato selezionato per il Festival di Cannes del mese prossimo.
Fatma è il personaggio centrale del film e la sua scelta avrebbe potuto rappresentare una pietra miliare nella sua carriera e un’opportunità per condividere la sua visione con il mondo.
In un’intervista al quotidiano francese Le Monde, la regista iraniana ha descritto Fatima con parole toccanti, definendola “un sole”. Ha aggiunto: “Seguiva la guerra a Gaza, collaborando occasionalmente con i media inviando foto e video.
Ogni giorno mi mandava foto, messaggi scritti e clip audio. Ogni mattina mi svegliavo e mi chiedevo se fosse ancora viva”.
Il pericolo di essere giornalisti
Dall’inizio della guerra israeliana a Gaza, la Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) stima che almeno 157 giornalisti e operatori dei media siano stati uccisi; altri rapporti suggeriscono che il numero reale potrebbe superare i 200.
L’IFJ ha espresso cordoglio per Fatima e condannato i continui attacchi ai giornalisti , sottolineando la necessità di porre fine all’impunità di Israele. “Questo massacro deve cessare”, ha affermato, chiedendo un’indagine immediata e indipendente sull’uccisione dei giornalisti.
“I giornalisti nelle zone di conflitto dovrebbero essere trattati come civili e autorizzati a svolgere il loro lavoro senza interferenze”, ha dichiarato il Segretario Generale dell’IFJ Anthony Belanger.
“C’è un diffuso interesse globale per ciò che sta accadendo a Gaza, ma possiamo vedere la verità solo se ai giornalisti è consentito l’accesso”.
Fatima Hassona non è stata solo una giornalista, ma una voce umanitaria e un’immagine indimenticabile nella storia di una città che muore e rinasce ogni giorno.
Il suo lavoro testimonia una realtà che non ha smesso di documentare fino all’ultimo istante.
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