Economia all’angolo
Scritto da Barbara Schiavulli in data Febbraio 1, 2019
CARACAS – “Potremmo parlare della situazione venezuelana per ore in tutte le sue sfaccettature, dai diversi tassi di cambio, al debito, il petrolio, la povertà, la necessità di riforme. Due giorni fa il governo ha livellato la differenza tra i due cambi mossa che avrebbe dovuto fare anni fa, e che oggi risulta alquanto disperata. Quello che sta accadendo è la naturale conclusione di qualcosa cominciato cinque anni fa, quando Nicolas Maduro ha preso il potere nel 2013 – ci spiega Gorka La Laguna economista presso Ecoanalitica un’azienda di settore e professore all’università cattolica Andrés Bello – Dopo tra il 2014 e il 2018, quando i prezzi del petrolio sono crollati, Maduro invece di promuovere certe riforme, di rivedere la politica economica e aggiustare la situazione fiscale, non ha fatto nulla.
Perché?
Probabilmente ha a che fare con la narrativa politica del chavismo perseguita negli ultimi 20 anni, dove andava bene quando c’erano i soldi e che ha reso estremante complicato per Maduro fare gli aggiustamenti necessari, ci sono stati dei tentativi da parte di Maduro all’interno del governo e di due o tre altre persone, ma non ha spinto troppo per non creare conflitto all’interno del movimento. Il chavismo non è un gruppo solido, ci sono alcuni che hanno un certo potere, che sono legati alla criminalità e che hanno fatto pressioni a Maduro. Questo gruppo voleva massimizzare la propria rendita, invece che perseguire politiche economiche necessarie per il bene della gente. Il fatto che non sia stata fatto alcun cambiamento economico che era necessario o richiesto, in un paese dove è stampato denaro senza fermarsi per anni, dove ci sono sanzioni, con tutta la produzione che collassava, ci fa arrivare a un 2017, dove il Venezuela è precipitato nell’iperinflazione, la produzione del petrolio è crollata del 20 per cento in un anno con forte impatto sul mercato del petrolio, facendo alzare i prezzi. Così ci siamo ritrovati persone che ogni giorno dovevano affrontare l’iperinflazione che aumenta del 4 per cento al giorno. Questa di fatto è la conclusione di un modello economico che ha fallito.
Possiamo parlare per ore, ripeto, della politica delle specificità di Maduro, di quello che ha fatto o avrebbe potuto fare, ma la verità è che quando il prezzo del petrolio è crollato, Maduro ha scelto di impoverire la gente per poter rimanere al potere. E questo ci porta al 2017-18, ora il gdp del venezuela è la metà di quanto fosse quando Maduro ha preso il potere, in cinque anni di contrazione economica, quello che cinque anni fa valeva 100 dollari ora ne vale 50, produciamo un terzo del greggio di quello che veniva prodotto quando Chavez ha preso il potere, i prezzi sono raddoppiati nel giro di 15 giorni.
Nel 2017 il parlamento è stato destituito perché l’Assemblea Nazionale guidata dall’opposizione protestava, i poteri sono stati trasferiti all’Assemblea Costituente formata solo da lealisti e questo ha portato a sei mesi di proteste, con circa 1000 persone in galera e 120 morti e sono sicuro che non sappiamo tutto quello che è successo. A questo punto le sanzioni internazionali diventano effettive: quando Maduro crea l’Assemblea Costituente, bypassando tutte le regole stabilite dalla Costituzione, in questo momento Trump impone sanzioni. L’obiettivo di queste sanzioni è di limitare i finanziamenti del governo facendo altri debiti, in quel momento le sanzioni erano quasi preventive. Maduro non poteva fare altri debiti, si finanziava usando gli Stati Uniti come veicolo. Poi quando il Venezuela ha avuto le elezioni dove sono stati scelti i governatori degli Stati, l’opposizione ha partecipato, poi denunciando brogli e dicendo che la battaglia elettorale con loro era chiusa. A novembre l’inflazione era a livelli insostenibili. Ora i prezzi nel giro di una settimana sono saliti dell’1,7 per cento. Se una cosa costa 100 dollari oggi, domani sarà 104 e così via. Nel 2018 l’economia è crollata del 20 per cento, il Venezuela è andato in default con il debito estero, la produzione è collassata ancora di più e senza la capacità di pagare il debito, Maduro ha deciso di non pagarlo proprio. Negli anni precedenti aveva pagato, ma anche tagliato le importazioni dell’80 per cento. Il punto era: pago il debito o compro le medicine e il cibo?
Per questo le medicine e il cibo non erano reperibili?
Sì anche se ci sono diversi fattori oltre a questo, ma la questione più rilevante è che Maduro non ha mai deciso di adottare una politica economica per il benessere della gente.
Non è molto socialista come atteggiamento?
Questo lo lascio dire a te. Ho visto nei telegiornali internazionali la discussione su Guaidò, socialismo, sinistra. Io vivo qui, ho visto il processo di impoverimento, ho visto un governo fare quello che non doveva. Qui si va oltre la disfunzione di una politica economica, è un mix di ideologia, di criminalità, di diverse cose che si sono incollate nel 2018 creando una delle peggiori crisi economiche al mondo. Ad ogni modo il 2018 si chiude, arriviamo nel 2019, la gente è completamente priva di speranza che ci possa essere un cambiamento nell’arena politica, c’erano state le elezioni il 20 maggio proposte dall’Assemblea Costituente, che aveva sostituito l’Assemblea Nazionale, quindi considerate illegittime, Maduro ha vinto da solo perché l’opposizione non ha partecipato, e questo è il principio legale che ha permesso a Guaidò di arrivare a gamba tesa. Ora che Guaidò ha assunto la presidenza ad interim del Venezuela con tutti le basi legali che cita, diventa in grado di proteggere gli assets venezuelani all’estero. Quando Maduro ha preso il potere il salario minimo era di 350 dollari al mese, ora è 7 dollari. E’ un grande impatto sulla povertà, la gente chiede soluzioni e dal 2017 non ha ricevuto risposte dalla politica. Maduro ha usato i guadagni di Pdvsa, la compagnia statale di petrolio, per restare al potere e continuare a impoverire i venezuelani. Ora i conti venezuelani sono congelati, devono passare attraverso un conto americano al quale Maduro non ha accesso, ma sono pronti ad essere consegnati se Maduro si dimetterà. Gli Stati Uniti sono stati molto chiari che se va Maduro va via, le sanzioni saranno subito tolte a favore di un nuovo governo, di fatto è una strategia politica, una pressione sistematica. Le sanzioni di qualche giorno fa, sono un giro di boa, dove c’è bisogno di una soluzione veloce perché l’80 per cento delle entrate venezuelane arrivano dagli Stati Uniti, il 20 per cento da altre parti.
Come lavorano le sanzioni?
A novembre gli Stati Uniti hanno deciso di sanzionare ogni persona che ha transazioni con persone o compagnie coinvolte in attività criminali come traffico di droga, oro dal Venezuela. Ora, qualche giorno fa hanno messo Pdvsa in quella lista. Il governo Venezuelano praticamente può vendere il greggio agli Stati Uniti attraverso Citgo (una corporazione petrolifera americana) ma tutti i guadagni che arrivano dall’esportazione del petrolio venezuelano vanno in un conto fiduciario gestito dagli Stati Uniti negli Stati Uniti, in modo che Maduro non possa usare le risorse per finanziare se stesso. In termini tecnici non è un embargo perché gli Stati Uniti hanno stabilito dei limiti. Ora Maduro può dire: perché devo mandare il petrolio negli Stati Uniti se non posso usare i soldi? Può tentare di cercare un altro mercato come Cina o India. Le vendite sono organizzate, per esempio Chevron vende agli Stati Uniti entro giugno, Pdvsa entro marzo. Se togliamo tutto il petrolio che va in Russia e in Cina per pagare il debito, quindi senza guadagnarci niente. Di quello che resta che effettivamente dà contanti al governo venezuelano, gli Stati Uniti rappresentano l’80 per cento. Per ogni 10 dollari che guadagna il Venezuela con il petrolio, 8 provengono dagli Stati Uniti. La domanda sorge spontanea: perché Maduro non ha ridotto le vendite agli Stati Uniti prima di arrivare a questo punto e trovato un altro compratore, ora dipende più che mai dagli Stati Uniti diventando più vulnerabile a sanzioni di questo tipo. Il problema è che se anche Maduro proponesse di ristrutturare il flusso di petrolio indirizzandolo da un’altra parte, sarebbe estremamente costoso. Per esempio se vuoi mandare il petrolio in Asia, magari in China che però ha una limitata capacità di raffinazione del greggio che il Venezuela produce, si dovrà mandarlo prima in India dove invece possono farlo, questo vuol dire che aumenta il prezzo del trasporto e si riducono i margini di guadagno di Pdvsa. Bisogna negoziare l’assicurazione, negoziare contratti, il prezzo, un processo estremamente costoso per Maduro senza contare che ci vuole tempo che lui non ha, ci possono volere mesi, per togliere 600 mila barili dagli Stati Uniti e mandarli da un’altra parte. Può anche essere che vista la situazione internazionale, altri paesi non vogliano trattare con Maduro per non rischiare sanzioni dagli Stati Uniti.
Maduro è al momento tossico. Oltre al fatto che non ha la credibilità per chiedere altri prestiti in queste condizioni, già deve tra Cina e Russia 150 miliardi di dollari, dollaro più, dollaro meno. Se Maduro si muovesse ora, gli ci vorrebbero quattro o cinque mesi per spostare il mercato, cosa accadrebbe in Venezuela se per cinque mesi non entrano soldi? Ora il tasso di povertà è dell’87 per cento. Su 100 venezuelani 87 sono poveri. Abbiamo questo contesto drammatico a cui si sono aggiunte le sanzioni. In pratica è un poco velato appello a Maduro ad andarsene, una mossa che velocizza le cose e l’impatto sull’economia in ogni caso può essere devastante se Maduro non fa qualcosa in questa crisi politica.
Che può fare?
Il governo per noi è un mistero, Guaidò parla di un canale aperto con i militari ma ancora non si capisce molto, di sicuro è in corso un nuovo livello di conflitto, anche la gente non può dire molto a questo punto, Maduro può intraprendere negoziati, sul tavolo c’è l’amnistia per i militari, per lui e per i suoi, ma per Maduro è uno scacco. Non può importare petrolio, non lo può esportare, non ha contanti. Il paese necessita almeno di 12 miliardi all’anno per mantenere il paese in questa situazione. Può vendere oro, ma non riuscirebbe a tirare su più di un miliardo. Non è chiaro perché Maduro non ci abbia pensato prima a spostare il mercato del petrolio, sarebbe stato difficile senza sanzioni ora è quasi impossibile. Cina e Russia non sembrano in grado di dare abbastanza soldi da mantenere Maduro nel breve tempo, la Cina l’anno scorso gli ha chiesto indietro 4 miliardi perché non pagavano da due anni. Anche i russi vorrebbero qualche pagamento entro la fine di marzo. Al momento il debito estero del Venezuela è di 145 miliardi di dollari, sei volte di quello che guadagna, per pagare il debito dovrebbe aumentare le esportazioni di sei volte. Tutti gli economisti son d’accordo che è una situazione ingestibile, l’opposizione ha proposto il Plan Pais per la ricostruzione dove il Venezuela, significa andare al Fondo Monetario e lavorare con Cina, Russia, e tutte le società a cui deve soldi. Il Venezuela ha bisogno di crescere velocemente. Maduro si trova all’angolo con poco spazio di manovra, e poi ci sono le pressioni interne, la gente scende in piazza ogni volta che viene chiamata, domani anche.
Però sono riusciti a rimanere al potere per 20 anni
Vero, ma ora la soluzione è che il popolo venezuelano possa scegliere il proprio leader, si abbia un governo di transizione, che vengano soddisfatti i bisogni economici della gente, dobbiamo rifar partire la crescita. Gli americani sono stati piuttosto trasparenti su quello a cui servono le sanzioni.
L’economia venezuelana si basa su quella del petrolio: se lo si perde come si finanzia un paese con 30 milioni di persone che non generano profitto?
Questo è il passaggio finale, non dico che se va via Maduro le cose cambieranno domattina, corruzione, povertà restano ben radicate, ma almeno l’opposizione ha un piano economico, ci sono persone in gamba che ci hanno lavorato, che dicono cosa si può fare per riattivare l’economia, sicuramente la comunità internazionale tornerà a investire. Prima si comincia, prima si esce da questa situazione e le perdite diminuiscono. Ogni giorno che Maduro resta al potere, la gente diventa più povera.
Quali opzioni ci sono?
Se fossi Maduro mi chiederei: posso avere un prestito da qualcuno? No, anche prima delle sanzioni gli sarebbe stato impossibile. La Cina vuole i soldi indietro perché ha i problemi suoi, la Russia non ha la capacità di coprire i bisogni del Venezuela. Allora potrei liquidare alcune risorse, cosa posso vendere a casa mia che mi permette di andare avanti? Ci sono 8 miliardi in riserve per lo più di oro, ma devi avere la pazienza di muovere l’oro nel mercato finanziario internazionale, lo hanno fatto con la Turchia e alcuni altri alleati in Medio Oriente, ma può tirare su al massimo un miliardo, il resto è difficile per i tempi, a noi ne servono 11 in uno scenario senza sanzioni. L’oro non è abbastanza. Non è neanche il 10 per cento. Insomma c’è una decisione da prendere, come posso ristrutturare un’economia che sette, otto anni fa era di 400 miliardi di dollari e ora è di 80 miliardi di dollari. In un’economia crollata, come importi le cose che servono dopo cinque anni senza crescita e sviluppo? Se fossi lui o me ne andrei dall’arena politica, anche perché se proponesse di fare lui stesso tutte le riforme che servirebbero, non riuscirebbe ormai comunque, come convinci ancora i venezuelani di poterlo fare? E’ anche una questione anche di credibilità. Lui è ormai oltre il punto di non ritorno in fatto di negoziati o di credibilità. Non credo abbia scelta.
O fai scoppiare una guerra civile?
O fai scoppiare una guerra civile, decidendo di non arrendersi e questo mi fa davvero molta paura. Si pensa che non può andare peggio di così, ma può. L’unico che ha il potere di porre fine a tutto questo è Maduro.
Alla fine, sei qui, vedi quello che sta accadendo, vedi come viviamo, vale più di quanto io possa dire.
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