Shaul Ladany, l’uomo che sopravvisse due volte
Scritto da Giuliano Terenzi in data Novembre 18, 2018
Il primo pensiero dopo aver letto la storia di Shaul Ladany è stato quello di identificarlo come una persona fortunata che, nella metafora del godibilissimo film di Woody Allen “Match Point”, è sempre riuscito, dopo aver preso il nastro, a superarlo finendo sul campo avversario.
Per un’esperienza più coinvolgente, invece di leggere ascolta il podcast
Shaul Ladany: un marciatore inarrestabile
“La mia vita è stata plasmata principalmente da eventi sui quali non ho avuto nessun controllo”
racconta Ladany durante il festival della letteratura nel 2012; aggiunge anche di essersi sentito una sorta di marionetta in balia degli eventi. Sarà per questo che Ladany, fra le altre cose instancabile marciatore, arrivato all’età di 82 anni, per festeggiare il suo compleanno, ogni anno cammina per tanti chilometri quanti sono gli anni compiuti, ogni candelina un chilometro.
Un infanzia difficile: dal bombardamento al campo di concentramento
Shaul Ladany nasce a Belgrado nel 1936 e comincia a fare i conti con le difficoltà della vita già all’età di cinque anni quando si ritrova improvvisamente senza una casa, visto che la sua viene bombardata all’improvviso durante una ricognizione dell’aviazione tedesca. Prima di rifugiarsi a Budapest, in Ungheria, Ladany racconta che il nonno guidò lui e gli altri componenti della famiglia in un piccolo villaggio a sud di Belgrado e, sebbene per gran parte del tragitto fosse in braccio a qualcuno della famiglia, si può dire che quelli furono i suoi primi venti chilometri di camminata. Durante gli anni di Budapest, il padre di Ladany diventa parte attiva del movimento sionista locale che lo porta a fare la conoscenza di Rudolf Katzsner uno dei leader del movimento che, per cercare di salvare più ebrei possibili, stringe un accordo con il tedesco Adolph Eichmann, promettendo di fornire ai tedeschi oro, diamanti e camion in cambio di un salvacondotto per quasi duemila persone di origine ebraica. Il coinvolgimento del padre di Ladany all’interno del movimento fa sì che la sua famiglia sia fra quelle a cui è riservato il “treno Katzsner”, un treno che significa salvezza, diretto in Svizzera. I passeggeri, però, non sono mai arrivati a destinazione: il treno viene dirottato verso il campo di concentramento di Bergen-Belsen. Dopo sei mesi di reclusione in quel luogo orrendo e terrificante nel quale si contano più di 100.000 vittime, Ladany viene miracolosamente salvato da un gruppo di ebrei americani:
“Ho visto mio padre picchiato dalle SS, e in quel posto ho perso la maggior parte della mia famiglia. Siamo stati salvati grazie ad un accordo di riscatto fra i tedeschi e la comunità ebraica americana; hanno salvato 2000 ebrei e io ero uno di loro. In realtà sono andato nella camera a gas, ma sono stato assolto. Dio solo sa perché.”
Dopo essere passato per la Svizzera, prima di fare ritorno a Belgrado per un breve periodo, Sahul Ladany si trasferisce in Israele insieme a ciò che resta della sua famiglia e può – finalmente! – cominciare una vita normale e tranquilla; sviluppa una grande passione per lo sport in generale e per la marcia in particolare, i suoi amici lo chiamano “meshugana” che significa “pazzo”, un po’ per l’inusuale disciplina a cui si dedica, un po’ perché lo fa da completo autodidatta: non ha allenatori, solamente dei libri da cui prendere spunto. Ladany è anche particolarmente portato per gli studi: dopo il diploma si laurea all’università di Gerusalemme e quattro anni dopo consegue il dottorato alla Columbia University in Ingegneria Industriale. Si divide fra i libri e lo sport e nel ‘72, dopo aver vinto il campionato del mondo di 100 chilometri e dopo aver stabilito per la quinta volta il record mondiale agli East Regional, viene selezionato, l’unico per la nazionale israeliana per quanto riguarda l’atletica leggera, per far parte della spedizione olimpica alle Olimpiadi di Monaco.
Il ritorno in Germania: le Olimpiadi di Monaco ’72
Ladany ritorna in Germania, riaffacciandosi su luoghi sinistramente familiari: il fatto di essere un atleta con un passato in un campo di concentramento lo pone inevitabilmente sotto la luce dei riflettori della stampa tedesca che, come si evince dai titoli dei giornali, affibbiano a Ladany lo status di sopravvissuto. Non è la prima volta che Ladany torna in Germania dopo la sua prigionia, a distanza di anni ha imparato ad andare d’accordo con la nuova generazione tedesca anche se gli è sempre rimasta una sensazione di disagio nell’avere a che fare con i più anziani:
“Avrei voluto controllare l’età delle persone per vedere se avessero potuto combattere per i nazisti ma ero orgoglioso di essere con la delegazione israeliana, specialmente per mostrare ai tedeschi che nonostante avessero cercato di estinguerci e di distruggerci eravamo ancora lì a competere e gareggiare come tutti gli altri atleti. Ero pieno di orgoglio”.
Con i suoi 50 km, la marcia è la gara più lunga in quanto a distanza fra le discipline olimpiche e, a dirla tutta, non è mai stata la specialità di Ladany il quale, infatti, si piazza soltanto diciannovesimo, l’oro è del tedesco Bernd Kannenberg. Come ha fatto l’uomo che detiene il record del mondo sulle 50 miglia, circa un’ottantina di chilometri, a far fatica a rientrare nei primi venti atleti partecipanti? Semplice, spiega Ladany:
“Essendo abituato a coprire distanze maggiori non ho impostato bene la gara, non ho avuto il giusto passo. Ho camminato troppo velocemente durante i primi 10 chilometri e quindi non ho potuto mantenere il ritmo necessario.”
Peccato per Ladany il quale, pur non essendo soddisfatto del risultato, è comunque contento di aver gareggiato e di aver preso parte ai giochi olimpici di Monaco. Senonché, come molti di voi sanno, Il 5 settembre 1972, alle 4 del mattino, un commando di otto fedayn membri di “Settembre Nero”, un’organizzazione terroristica palestinese, fanno irruzione nel villaggio olimpico travestiti da atleti, ognuno indossava una tuta sportiva col nome di una nazione araba e una borsa decorata con i cerchi olimpici. I terroristi entrano nella palazzina degli atleti israeliani: ne uccidono subito due e ne sequestrano altri nove che vengono uccisi nelle ore successive. E Ladany? Ladany si salva, ancora una volta. Ancora una volta ha la meglio sulla morte:
“Una persona aveva bisogno di una serie di eventi fortunati per sopravvivere.”
E lui ce l’ha fatta, i terroristi scavalcano la sua stanza, saltano la sua porta per andare prima dai suoi connazionali che facevano parte della squadra di tiro e di scherma, dandogli così l’opportunità di scappare dalla finestra. Dei 14 atleti Israeliani presenti a Monaco se ne salvarono soltanto 3.
L’oro mondiale
Poche settimane dopo essere tornato a casa, in Israele, Ledany viene contatto da Galitzky, un ebreo ortodosso che vive in Svizzera, che gli chiede di rappresentare la sua nazione partecipando ai campionati del mondo. La federazione israeliana è tutt’altro che entusiasta della richiesta e sconsiglia vivamente a Ledany di prendere parte alla manifestazione facendo un’opera di ostruzionismo. Non lo hanno fermato i nazisti, non lo hanno fermato i terroristi e non lo ha fermato neanche la federazione sportiva israeliana. Ladany parte, finanziato da Galitzky che gli paga anche una guardia del corpo personale, gareggia e vince il suo primo oro mondiale nella marcia da 100 chilometri. Oggi Ladany ha 82 anni e nonostante il suo bypass e gli acciacchi dovuti all’età è ancora molto attivo: oltre a continuare a camminare per distanze che per me, fresco trentenne, sono senza dubbio proibitive, sta cercando di sviluppare dei modelli matematici che possono essere applicati allo sport.
Non ci è ancora riuscito ma voi scommettereste mai contro l’uomo che (soprav)visse due volte?
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