11 gennaio 2024 – Notiziario Africa

Scritto da in data Gennaio 11, 2024

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  • Sudafrica: inizia a L’Aja l’udienza pubblica per il processo a Israele per genocidio.
  • Repubblica democratica del Congo: le inondazioni hanno colpito più di 300mila famiglie.
  • Nigeria: la ministra per gli Affari Umanitari sospesa per delle transazioni sospette.
  • BRICS: con le nuove adesioni le economie emergenti raddoppiano.

Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giunio Santini. 

Sudafrica

Iniziata in queste ore, nella mattinata di giovedì alla Corte internazionale di giustizia, l’udienza pubblica per le misure “urgenti” richieste dal Sudafrica nella denuncia di genocidio avanzata nei confronti di Israele per gli attacchi su Gaza.

Il Sudafrica aveva richiesto che la Corte adotti le procedure d’urgenza per impedire a Israele di commettere ulteriori crimini nella Striscia. Nello specifico, Pretoria chiede che la Corte ordini a Israele di cessare le uccisioni e i gravi danni fisici e mentali ai palestinesi di Gaza, di cessare di imporre loro deliberatamente condizioni di vita volte alla loro distruzione fisica come gruppo e di consentire l’accesso degli aiuti umanitari.

La Corte di giustizia ora dovrà stabilire se le prove raccolte dagli avvocati sudafricani nel documento di 84 pagine definiscono la chiara responsabilità di Israele nel commettere azioni di carattere genocida secondo i criteri stabiliti dalla convenzione delle Nazioni Unite del 1948 sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio. È importante ricordare che il divieto di genocidio è considerato una cosiddetta “norma imperativa” di diritto internazionale consuetudinario e quindi è vincolante per tutti gli Stati. Se le misure provvisorie richieste dal Sudafrica dovessero essere adottate dalla CIG, queste saranno infatti legalmente vincolanti per Israele ma anche per il resto della comunità internazionale che dovrà facilitarne l’applicazione.

In questo caso la palla passerà probabilmente al Consiglio di sicurezza, unico meccanismo di applicazione se uno stato rifiuta un verdetto, poiché la CIG non dispone di mezzi coercitivi. Con il concreto rischio che l’eventuale condanna della Corte resti solo un ulteriore passaggio simbolico ma sterile, con il Consiglio di sicurezza paralizzato dal veto dei suoi membri permanenti mentre la tragedia a Gaza continua davanti agli occhi inermi del mondo.

Repubblica democratica del Congo

Dichiarato lo stato di emergenza in Repubblica democratica del Congo dopo le devastanti inondazioni causate dalle piogge delle ultime settimane.

La regione dell’Equatore è solo l’ultima a essere colpita dall’alluvione, causata dall’esondazione del fiume Congo nei pressi della città di Mbandaka, conglomerato urbano di oltre 1 milione di persone e fondamentale snodo fluviale. Le inondazioni, che hanno colpito numerose regioni del Paese hanno causato almeno 300 morti e colpito più di 300.000 famiglie, sollevando anche timori di epidemie, secondo quanto riferito dal Ministero degli Affari Umanitari. Distrutte anche più di 1,500 scuole, oltre a 50,000 edifici di vario genere.

Nel mese di dicembre anche la capitale Kinshasa aveva visto le proprie strade allagate, con immensi danni alle attività commerciali. L’ente nazionale per la gestione delle vie fluviali ha reso noto che i livelli del fiume Congo sono pericolosamente vicini a quelli registrati in occasione della devastante inondazione del 1961, da allora mai raggiunti.

Secondo gli esperti, gli scrosci di pioggia brevi ma intensi sono un indicatore chiave del cambiamento climatico e, se combinati con i periodi caldi e molto secchi che precedono le piogge, creano le condizioni ottimali per le inondazioni. Il calore indurisce il suolo, che a sua volta diventa meno permeabile e in grado di raccogliere l’acqua piovana in eccesso. A peggiorare la situazione, nel caso del Congo c’è l’impatto della deforestazione, che aumenta il rischio di smottamenti, oltre alla costruzione in luoghi a rischio frana.

Restiamo in Repubblica democratica del Congo, dove nella giornata di lunedì si sono vissuti momenti di altissima tensione post-elettorale. Moise Katumbi principale sfidante del presidente riconfermato in carica Félix Tshisekedi, sarebbe stato costretto a rifugiarsi nella sua abitazione per qualche ora senza possibilità di uscire a causa dell’accerchiamento da parte di soldati dell’esercito congolese.

Lo fa sapere il suo portavoce, Olivier Kamitatu che riferisce di “soldati pesantemente armati in veicoli blindati che hanno circondato la sua casa” definendo la situazione come “degli arresti domiciliari de facto”. Nel suo incontro con la stampa, Kamitatu ha proseguito denunciando “l’escalation dittatoriale che cerca di eliminare ogni forma di opposizione democratica”.

Interpellato in merito alla notizia, Jacques Kyabula, governatore della regione del Haut-Katanga dove si trova la residenza di Katumbi, ha parlato di un passo falso dei servizi incaricati di ristabilire l’ordine a Kashobwe, dove c’erano stati alcuni scontri tra sostenitori dell’opposizione e del partito di governo.  In quell’occasione, l’azione nei confronti di Katumbi sarebbe stata una forzatura da parte delle forze di sicurezza, che non avrebbero ricevuto alcun ordine di limitare la libertà dell’oppositore di Tshisekedi.

Resta alta la tensione nel paese, con la Corte costituzionale che nel frattempo ha confermato il risultato delle urne, nonostante le denunce di corruzione e i sospetti di brogli elettorali nelle regioni roccaforte delle opposizioni.

Nigeria 

Il Presidente della Nigeria Bola Tinubu ha sospeso la ministra degli Affari Umanitari, Betta Edu, per un sospetto caso di corruzione che la vede protagonista.

Secondo l’accusa, la ministra avrebbe usato un conto bancario privato per alcune transazioni ministeriali nell’attuazione del programma di welfare varato dal governo. Alcuni media locali avevano citato una nota ufficiale in cui la ministra ha ordinato che 585 milioni di naira, circa 650 mila dollari, di sovvenzioni destinate a gruppi vulnerabili fossero versate sul conto privato di un collaboratore. La ministra, che ha negato qualsiasi illecito, ha riferito di aver seguito le procedure stabilite.  Ora l’agenzia anti corruzione nigeriana procederà alle verifiche del caso, che riguarderanno la gestione dei fondi dell’intero piano di assistenza sociale.

Numerose critiche erano già state sollevate nei confronti della gestione di questo tipo di fondi da parte dei membri del governo nigeriano, in un paese in grave difficoltà economica e schiacciato dal debito pubblico.  La ragioneria federale ha precisato che tali fondi sono destinati a essere inviati direttamente dai conti del governo ai beneficiari, non passando attraverso conti privati delle autorità.

Nel mese di giugno scorso, il Presidente aveva sospeso a tempo indeterminato il capo della Commissione per i crimini economici e finanziari (EFCC) per abuso d’ufficio. Il governo ha dichiarato che queste misure certificano l’impegno “a sostenere i più alti standard di integrità, trasparenza e responsabilità” nella gestione delle risorse della Nigeria.

BRICS

L’Egitto e l’Etiopia sono entrati ufficialmente a far parte del BRICS, il raggruppamento delle economie emergenti, insieme a Iran, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti.

Il gruppo, che così diventa BRICS+, ora ha una popolazione combinata di circa 3,5 miliardi di persone e le sue economie valgono 28,5 miliardi di dollari, pari a circa il 28% dell’economia globale. La crescita del gruppo potrebbe segnare un cambiamento nel panorama geopolitico, con la sfida lanciata alle vecchie grandi economie del G8, anche se gli analisti restano incerti sui reali effetti che avrà l’allargamento.

Secondo alcuni esperti, le differenze politiche all’interno del gruppo potrebbero indebolire il processo decisionale e il potere complessivo dei BRICS+. Dovessero riuscire a superare queste possibili divergenze, i BRICS+ potrebbero portare a una maggiore rappresentanza delle economie emergenti e a una dedollarizzazione del mercato globale. 

Sierra Leone

L’ex presidente della Sierra Leone Ernest Bai Koroma è stato incriminato con diversi capi d’accusa, quali alto tradimento e cospirazione, per aver partecipato al fallito colpo di stato del 26 novembre scorso a Freetown.

L’avvocato di Koroma ha definito le accuse una “vendetta politica”, smentendo ogni coinvolgimento del suo assistito. All’ex presidente è stata concessa la libertà provvisoria, in attesa di uno nuova udienza prevista per il 17 gennaio. Altre dodici persone, tra cui un membro della sicurezza di Koroma, sono state accusate di tradimento in relazione al tentativo di golpe.

L’Africa occidentale è stata teatro dal 2020 dal moltiplicarsi di colpi di stato, come in Mali, Burkina Faso, Niger e Guinea, che hanno scosso la regione.

Senegal

Ousmane Sonko, principale leader dell’opposizione senegalese, non potrà candidarsi alle elezioni presidenziali previste per la fine di febbraio. Il Consiglio costituzionale del Senegal ha respinto la sua candidatura perché il dossier era incompleto e pertanto irricevibile.

La decisione del Consiglio è arrivata poche ore dopo che la Corte Suprema ha aveva respinto la richiesta di scarcerazione presentata dai suoi avvocati. Proprio il legale di Sonko ha dichiarato ai giornalisti che il caso è stato esaminato dalla Corte senza la presenza dei rappresentanti dell’imputato e che la sentenza è stata pilotata poiché “fin dall’inizio, il governo ha dimostrato la sua volontà di invalidare la candidatura di Ousmane Sonko”.

A dicembre, Sonko aveva presentato la propria candidatura al Consiglio costituzionale, nonostante lo Stato si fosse rifiutato di fornirgli i documenti necessari per candidarsi. La ragione per la mancata consegna dei documenti sarebbe la cancellazione di Sonko dalle liste elettorali, dopo la condanna del giugno scorso. Il leader dell’opposizione è in carcere dalla fine di luglio con diversi capi d’accusa, tra cui appello all’insurrezione, cospirazione con gruppi terroristici e messa in pericolo della sicurezza dello Stato. Sonko ha sempre negato le accuse, affermando che sono volte a impedirgli di candidarsi alle elezioni del 25 febbraio.

Il Presidente uscente Macky Sall ha annunciato che non si ricandiderà, smentendo così le voci di un tentativo di ottenere un terzo mandato, che violerebbe la costituzione senegalese.

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