Gaza: niente acqua e privacy, ricorso a pillole per ritardare il ciclo

Scritto da in data Novembre 1, 2023

A causa dell’offensiva israeliana a Gaza, ormai entrata nella sua quarta settimana, molte donne palestinesi sono ricorse all’assunzione di pillole ritardanti delle mestruazioni viste le condizioni antigieniche nelle quali sono costrette a sopravvivere. Non potersi pulire e non avere accesso ai prodotti sanitari durante il ciclo mestruale può esporre le donne al rischio di sviluppare infezioni e può persino portare alla sindrome da shock tossico.

Lo sfollamento, le condizioni di vita sovraffollate e alla mancanza di accesso all’acqua e ai prodotti per l’igiene mestruale come assorbenti e tamponi, le donne hanno assunto compresse di noretisterone – normalmente prescritte per condizioni come sanguinamento mestruale grave, endometriosi e periodi dolorosi – per evitare il disagio e il dolore delle mestruazioni.

Le donne e le ragazze nei centri di accoglienza affrontano particolari difficoltà nell’accedere a forniture e strutture, e la mancanza di consapevolezza sulla salute mestruale, soprattutto tra uomini e ragazzi, probabilmente aggrava le difficoltà che devono affrontare.

Intervistato da Al Jazeera il dottor Walid Abu Hatab, consulente medico di ostetricia e ginecologia al Nasser Medical Complex nella città meridionale di Khan Younis, le compresse mantengono elevati i livelli di ormone progesterone per impedire all’utero di perdere il rivestimento, ritardando così il ciclo mestruale. Questo tipo di pillole possono avere effetti collaterali come sanguinamento vaginale irregolare, nausea, cambiamenti nel ciclo mestruale, vertigini e sbalzi d’umore, ma alcune donne come Salma Khaled affermano di non avere altra scelta se non quella di correre il rischio che non sarà mai più grande di quello che già vive ogni giorno sotto i bombardamenti.

Il ciclo a Gaza

Salma, racconta su Al Jazeera è fuggita dalla sua casa nel quartiere Tel al-Hawa di Gaza City due settimane fa e si trova a casa di un parente nel campo profughi di Deir el-Balah, nel centro di Gaza. La 41enne afferma di essere in un costante stato di paura, disagio e depressione, che ha messo a dura prova il suo ciclo mestruale. “Sto vivendo i giorni più difficili della mia vita”, dice Salma. “Finora ho avuto il ciclo due volte questo mese – il che è molto irregolare per me – e ho avuto forti perdite di sangue”. Salma afferma che nei pochi negozi e farmacie rimasti aperti non ci sono abbastanza assorbenti disponibili. Nel frattempo, condividere una casa con dozzine di parenti in mezzo alla scarsità d’acqua, ha reso l’igiene regolare un lusso, se addirittura impossibile. L’uso del bagno deve essere razionalizzato e la doccia deve essere limitata a una volta ogni pochi giorni.

Caccia agli assorbenti

Sia le farmacie che i negozi si trovano ad affrontare una diminuzione delle forniture a causa dell’assedio totale imposto da Israele in seguito all’attacco del braccio armato del gruppo palestinese Hamas il 7 ottobre. Inoltre, il bombardamento israeliano delle principali strade della Striscia di Gaza, ha reso il trasporto di prodotti sanitari magazzini alle farmacie un compito impossibile, secondo Abu Hatab. Senza i mezzi per gestire le sue mestruazioni come farebbe di solito, Salma ha deciso di provare a trovare delle pillole per saltare il ciclo. Gli assorbenti igienici sono molto richiesti e difficili da trovare, le compresse ritardanti il ​​ciclo, invece, sono generalmente più disponibili in alcune farmacie poiché non sono comunemente utilizzate.

Dal 7 ottobre, più di 1,4 milioni di persone sono sfollate all’interno della Striscia di Gaza, e vivono in condizioni anguste e poco igieniche nelle scuole gestite dalle Nazioni Unite e in spazi sovraffollati con famiglie ospitanti o parenti, senza lasciare spazio alla privacy.

Nel fascino della guerra subito da chi non l’ha mai vista e dalla narrazione costruita dove un conflitto può in qualche mondo risolvere i problemi, cosa che a leggere la Storia recente, non viene provato da nessuna parte, non ci si rende conto delle difficoltà pratiche delle persone. Medicine, acqua, elettricità, sono forse le parole del disagio più pronunciate, ma bisogna pensare a quella quotidianità spezzata che rappresenta la guerra dove tutte le certezze vengono cancellate. Donne incinte che hanno bisogno di essere seguiti, anziani che non si possono spostare, la pillola per la pressione che non si trova e che se si ha deve essere ingerita senza acqua, solo per fare alcuni esempi.

Secondo il Rapporto UNFPA sulla situazione della Palestina, ci sono oltre 50.000 donne incinte nei Territori occupati con una previsione di 13.649 parti nel prossimo mese, a Gaza e in Cisgiordania. Le donne sono soggette a circostanze disumane, in cui sono costrette a partorire in mezzo ai bombardamenti a tappeto, con scarse risorse sanitarie per garantire un parto sicuro e cure post-operatorie dove spesso si verificano emorragie postpartum.

Tra i tanti enti di beneficenza, organizzazioni e iniziative che si uniscono per raccogliere quanto più aiuto essenziale possibile per Gaza, c’è la clinica egiziana per la salute riproduttiva e femminile Motherbeing, che raccoglie prodotti per l’igiene mestruale per aiutare le donne e le ragazze a Gaza. Il fondatore, Nour Eman, sottolinea in un video che non avere accesso a questi prodotti può comportare conseguenze disastrose per la salute che possono essere potenzialmente fatali.

Senza contare i malati cronici, la mancanza di lavoro, di soldi, di accesso alle banche. La mancanza di acqua pulita è una crisi per i genitori – solitamente le madri – che cercano di allattare i bambini. E per le donne anche il disagio delle mestruazioni che spesso a causa del trauma si bloccano da sole, ma anche no, e allora diventa un ritorno all’età della pietra quando ogni lusso della modernità viene cancellato, o peggio ancora, al tempo delle crisi umanitarie i bisogni sanitari delle donne vengono spesso trascurati.

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