15 febbraio 2024 – Notiziario Africa

Scritto da in data Febbraio 15, 2024

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  • Repubblica centrafricana: almeno 10mila bambini soldato sono ancora nelle mani dei gruppi ribelli.
  • Repubblica democratica del Congo: proteste a Kinshasa contro il supporto occidentale al Rwanda.
  • Senegal: le Nazioni Unite chiedono il rispetto della libertà di espressione e di associazione.

Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giunio Santini. 

 

Repubblica Centrafricana

A più di dieci anni dallo scoppio della guerra civile nella Repubblica Centrafricana, circa 10.000 bambini combattono ancora a fianco dei gruppi armati, ha dichiarato lunedì il governo.

I bambini vengono ancora reclutati come combattenti, spie, messaggeri, cuochi e persino schiavi sessuali, ha dichiarato Marthe Kirima, ministro per la Famiglia e il Genere. Sebbene 15.000 bambini siano già riusciti a fuggire dai ribelli, ha dichiarato, molti di loro sono traumatizzati e hanno difficoltà a tornare alla vita normale.

Il paese, ricco di minerali ma impoverito, è coinvolto in un conflitto dal 2013. Da allora diverse milizie ribelli si scontrano sul territorio nazionale, con il governo centrale in grave difficoltà nel mantenere il controllo dell’Est della Repubblica Centrafricana.

Le Nazioni Unite, che hanno una missione di pace nel paese, stimano che migliaia di persone siano state uccise nei combattimenti. Più di un milione di persone – un quinto della popolazione – sono state sfollate negli ultimi anni. I combattimenti continuano, nonostante nel 2019 sia stato raggiunto un accordo di pace tra il governo e 14 gruppi armati.

Associated Press ha incontrato alcuni di questi bambini soldato, che oggi hanno deposto le armi per diventare ambasciatori di pace. “Avevo imbracciato le armi perché la Seleka [ndr. milizie musulmane] ha ucciso mia madre e mio padre”, ha detto Arsene, che ha preferito non rivelare la sua identità. Ousmane, un altro ex bambino soldato, ha detto che unirsi ai ribelli ha rovinato la sua vita e quella di chi gli stava intorno. “Quello che abbiamo fatto è indescrivibile”, ha detto.

 

Repubblica democratica del Congo

Continua l’avanzata dei ribelli dell’M23 nell’Est della Repubblica democratica del Congo, mentre il governo è messo sotto pressione da imponenti manifestazioni di protesta nella capitale.

Negli ultimi giorni a Kinshasa si sono riunite migliaia di persone per protestare contro la presenza delle Nazioni Unite e dei governi occidentali nel paese. Nello specifico, i manifestanti accusano i le potenze occidentali di non star facendo abbastanza per frenare la violenza nella parte orientale del Paese e di non aver emesso una condanna unanime nei confronti del presunto coinvolgimento del Ruanda nel conflitto.

I cittadini si sono riuniti davanti all’ambasciata del Regno Unito, chiedendo la fine del rapporto privilegiato e del supporto diretto al Rwanda. Molti in Congo sono infatti profondamente convinti che le potenze occidentali traggano un vantaggio politico e economico dal sostegno al Ruanda, che grazie al conflitto ha il presunto controllo di porzioni di territorio ricche di risorse naturali.

Per disperdere i manifestanti la polizia ha sparato gas lacrimogeni, mentre molte scuole internazionali e negozi di proprietà di stranieri sono rimasti chiusi per precauzione.cIl ministro degli Esteri della RDC, Christophe Lutundula, domenica ha assicurato ai diplomatici occidentali e ai funzionari delle Nazioni Unite che il governo sta mettendo in atto tutte le misure necessarie per assicurarne la sicurezza.

Le proteste arrivano in seguito alle notizie provenienti dal fronte del Nord-Kivu, in cui l’avanzata dell’M23 è arrivata alle porte di Goma, capoluogo della regione.

I residenti dei villaggi vicini hanno raccontato a Africanews scene di soldati che abbandonano le loro postazioni, spingendo i civili a fuggire per paura dell’avanzata dei combattenti dell’M23. “I soldati ci hanno avvertito che i ribelli stavano avanzando e non abbiamo avuto altra scelta che fuggire”, ha raccontato una rifugiata, sottolineando la natura improvvisa dello sfollamento.

Nonostante l’arduo viaggio verso Goma, che può richiedere fino a cinque ore a piedi da Sake, una volta in città la sicurezza è tutt’altro che garantita. Negli ultimi giorni sono piovuti razzi sulla periferia della città, anche se non hanno causato vittime, sottolineando la natura indiscriminata della portata del conflitto.

L’incapacità del Presidente congolese Felix Tshisekedi di sedare le violenze nonostante la sua rielezione a dicembre ha sollevato dubbi sulla capacità del governo di ripristinare la pace. Gli analisti sottolineano la continua difficoltà di Tshisekedi a mantenere le promesse di stabilità nella regione, aggravando la situazione dei civili coinvolti nel fuoco incrociato.

Le accuse rivolte al Ruanda di fornire sostegno militare ai ribelli dell’M23 complicano ulteriormente la situazione, con le Nazioni Unite che fanno eco alle affermazioni di Tshisekedi, nonostante la veemente smentita del Ruanda. Con l’intensificarsi del conflitto e l’aumento degli sfollati, il futuro rimane incerto per la popolazione di Goma e delle aree circostanti, intrappolata in un ciclo di violenza senza fine.

 

Senegal 

Le forze di sicurezza in Senegal hanno ucciso almeno tre persone, tra cui un ragazzo di 16 anni, durante le proteste degli ultimi giorni contro la decisione del presidente di ritardare le elezioni, come fa sapere Amnesty International.

In un comunicato, il gruppo per i diritti umani ha dichiarato che i manifestanti sono stati uccisi nella capitale Dakar e nelle città di Saint-Louis e Ziguinchor il 9 e 10 febbraio, con il sedicenne colpito alla testa da un proiettile letale.

Martedì sera era prevista un’altra grande protesta della società civile, dell’opposizione e dei sindacati, ma gli organizzatori hanno detto che le autorità non l’hanno autorizzata. Uno degli organizzatori, Amadou Samb, ha dichiarato all’Associated Press che questo rappresenta il motivo per cui la società civile sta combattendo

Martedì il governo senegalese ha sospeso il funzionamento della rete mobile. Il ministero delle comunicazioni ha dichiarato che online circolavano messaggi “odiosi e sovversivi”.

“È fondamentale che le autorità ordinino alle forze di sicurezza di rispettare e garantire i diritti umani, compresi i diritti alla libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica”, ha dichiarato la portavoce dell’Ufficio ONU, Liz Throssell. Tra l’aumento della tensione e le notizie di nuove proteste in programma, le Nazioni Unite hanno anche esortato tutti gli attori coinvolti a non ricorrere alla violenza.

Il Senegal vive da più di una settimana proteste dopo che il presidente Macky Sall ha rinviato le elezioni previste per la fine di febbraio, dichiarando di avere bisogno di maggiore tempo per risolvere le controversie sulla squalifica di alcuni candidati.

 

Rwanda – Regno Unito

Secondo un rapporto parlamentare, il piano del governo britannico di deportare i richiedenti asilo in Ruanda è contrario agli obblighi del Paese in materia di diritti umani e viola il diritto internazionale.

In un rapporto di 52 pagine pubblicato lunedì, i legislatori della Commissione parlamentare mista per i diritti umani hanno affermato che la proposta del governo per rilanciare il piano di deportazione “non è compatibile con gli obblighi internazionali del Regno Unito”.

Il rapporto fa riferimento al progetto di legge attualmente discusso alla Camera dei Lord, volto a superare la sentenza della Corte Suprema del Regno Unito, secondo cui il piano in collaborazione con il Ruanda è illegale. A novembre la Corte aveva dichiarato che la nazione dell’Africa orientale non è un paese sicuro per i migranti. Il disegno di legge sulla sicurezza del Ruanda dichiara il Paese sicuro, rende più difficile per i migranti contestare la deportazione e consente al governo britannico di ignorare le ingiunzioni della Corte europea dei diritti dell’uomo che cercano di bloccare le espulsioni.

Il Comitato per i diritti umani del parlamento britannico, composto da membri sia del governo che dell’opposizione, ha dichiarato in un rapporto che il disegno di legge “apre alla possibilità che il Regno Unito violi il diritto internazionale” e consente ai funzionari britannici “di agire in modo incompatibile con gli standard dei diritti umani”.

In base a questa politica, i richiedenti asilo che raggiungono il Regno Unito con piccole imbarcazioni attraverso il Canale della Manica saranno processati in Ruanda e vi rimarranno in attesa della sentenza.

La proposta è fondamentale per l’impegno del Primo Ministro Rishi Sunak di “fermare le barche” che portano migranti non autorizzati nel Regno Unito. Sunak sostiene che la deportazione dei richiedenti asilo dissuaderà le persone dal compiere viaggi rischiosi e spezzerà il modello di business delle bande di trafficanti di esseri umani.

I gruppi per i diritti umani hanno definito il piano disumano e irrealizzabile.

 

Ghana

Sette manufatti saccheggiati 150 anni fa dalle forze coloniali britanniche dall’antico regno Asante del Ghana e conservati in un museo statunitense sono stati restituiti, rappresentando l’ultima restituzione in ordine di tempo di una serie di rimpatri di preziosi rubati in diversi paesi africani.

I manufatti comprendevano una frusta a coda di elefante, una sedia ornamentale in legno, pelle e ferro, due ornamenti per sgabelli d’oro, una collana d’oro e due braccialetti. Furono saccheggiati dal Ghana colonizzato dagli inglesi nel XIX secolo prima di essere trasferiti al Fowler Museum dell’Università della California, a Los Angeles, negli anni ’60.

Gli oggetti reali sono tornati al proprio posto lunedì, giorno in cui ricorreva il 150° anniversario del saccheggio della città di Asante da parte delle forze coloniali britanniche nel 1874. In quell’occasione quattro degli oggetti furono saccheggiati, mentre gli altri tre facevano parte di un indennizzo versato dal regno Asante agli inglesi, ha dichiarato il museo. Gli oggetti sono considerati simboli di prestigio e riverenza nei confronti del sovrano Asante e riaverli è un sogno che si avvera, ha proseguito il portavoce del Museo.

Dopo decenni di resistenza da parte dei governi e dei musei europei e occidentali, gli sforzi dei paesi africani per rimpatriare i manufatti rubati stanno dando i loro frutti con la crescente restituzione di pezzi preziosi. Gli attivisti, tuttavia, sostengono che altre migliaia di pezzi siano ancora dispersi.

 

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