29 novembre 2022 – Notiziario in genere
Scritto da Alice Corte in data Novembre 29, 2022
#25novembre: nella Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, manifestazioni in tutto il mondo. Spagna: le lavoratrici dei settori di cura manifestano per chiedere maggiori diritti.
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#25novembre
Secondo i dati riportati dall’Onu, nel 2021 ci sono stati quarantacinquemila femminicidi nel mondo, ma i dati sono probabilmente sottostimati. Più della metà degli assassinii riguardano peraltro proprio donne uccise nell’ambiente domestico, da partner o altri parenti. I dati peggiori sono quelli dell’Asia, ma le donne sarebbero più insicure in Africa. L’inizio della pandemia di Covid nel 2020 ha coinciso con un aumento significativo dei femminicidi in Nord America e nell’Europa occidentale e meridionale.
Il 26 novembre a Roma sono scese in piazza in migliaia, da tutta Italia, al grido di “Basta guerre sui nostri corpi”. Secondo quanto si legge nell’appello che chiamava al corteo, la guerra è intesa sia come quella vissuta da tutte le donne che subiscono violenza (“dall’inizio del 2022 sono novantuno in Italia i femminicidi, lesbicidi e transcidi”), sia come guerra sul campo, in particolare dell’invasione russa in Ucraina, in cui ancora una volta le donne sono terreno di conquista, come in altri conflitti aperti nel mondo (Afganistan, Kurdistan, Palestina, Yemen). Sono stati inoltre menzionati nell’appello «carovita, disoccupazione, povertà […] avvelenamento ambientale, crisi alimentare, pandemia tuttora in corso» come attacchi agli strati più fragili della popolazione e, in particolare, a persone povere, giovani, migranti e donne. Infine, le donne sono scese in piazza contro un nuovo governo conservatore, antiabortista e che vorrebbe restringere ancora le maglie di un pur ristretto welfare sociale.
A Istanbul si è chiesto al governo di reintegrare la Convenzione di Istanbul, il trattato del Consiglio d’Europa da cui Ankara si è ritirata, strumenti per la prevenzione della violenza di genere adottati da numerosi stati. In Spagna da Madrid a Bilbao, da Cordova a Barcellona si sono tenuti numerosi cortei. Il primo ministro Pedro Sánchez si è rivolto invece agli uomini, chiedendo loro di non dirsi semplicemente non maschilisti, ma di imparare dalle donne.
Anche nei paesi dell’America Latina sono state numerose le manifestazioni. In Uruguay ci sono stati molti cortei, tre dei quali a Montevideo lungo la via più importante della città. A livello istituzionale, l’Istituto Nazionale delle Donne dell’Uruguay (Inmujeres) ha organizzato un evento con lo slogan “Mai più violenza contro le donne. Priorità dello Stato. Responsabilità del cittadino”. Durante l’incontro, l’istituto governativo ha presentato “progressi e sfide” del piano “Per una vita libera dalla violenza 2022-2024” e la direttrice di Inmujeres, Mónica Bottero, ha affermato che in Uruguay circa otto donne su dieci hanno sperimentato una situazione di violenza a un certo punto della loro vita.
Spagna

Foto di Alvaro Minguito da El Salto
Denunciano invisibilità e precariato, nonostante siano un settore indispensabile in una società che invecchia. Così le lavoratrici (circa il 98%) e i lavoratori della cura a domicilio hanno preso parte a una manifestazione per chiedere maggiori diritti, lungo le strade di Madrid, arrivando da tutta la Spagna. Il settore riguarda le lavoratrici domestiche che prestano servizi fondamentali, spesso con contratti part-time e precari. Chiedono intanto che vengano rimunicipalizzati i servizi di cura a domicilio, per far fronte all’esternalizzazione del servizio su grandi imprese. Denunciano la violazione della legge sulla prevenzione dei rischi professionali, poiché nei loro luoghi di lavoro, ovvero le case degli utenti, «l’inviolabilità della casa prevale sull’integrità fisica del lavoratore, il che porta alla mancanza di valutazione del rischio sia di tossicità, pericolosità e biologico». Denunciano anche che non venga riconosciuta la malattia professionale, nonostante si avvalgano spesso della propria forza per svolgere lavori che avrebbero bisogno di ausili tecnici, con conseguente alto livello di malattie muscolo-scheletriche e un carico psicosociale che genera situazioni di ansia e depressione.
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