Barbados-Grenada: dura lex sed lex
Scritto da Giuliano Terenzi in data Marzo 8, 2020
Il titolo della puntata di oggi è presto fatto: dura lex sed lex; anche se, visto il contesto, ad essere precisi, più che di legge dovremmo parlare di regolamento. In ogni caso, questo “invito”, attribuito a Socrate, ci viene comodo per introdurre l’argomento di questa puntata in cui vi racconto della partita di calcio più assurda, strana e paradossale che sia mai stata giocata.
Il golden gol
Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con il calcio o che ricordi la maledetta finale tra Francia e Italia agli europei del 2000, vinti dai transalpini con una rete ai supplementari di Trezeguet, si ricorderà certamente della regola del golden gol. Introdotto nel ’93, con l’intento di costringere le squadre a un gioco più offensivo e spettacolare durante i tempi supplementari, il golden gol non è altro che un gol decisivo: con il risultato di parità alla fine dei tempi regolamentari, la prima squadra a segnare durante i supplementari sarebbe stata la vincitrice decretando immediatamente la fine della partita, a prescindere dal tempo di gioco restante.
Il golden gol trova la sua prima applicazione nel mondiale under 20 australiano del ’93, periodo in cui vengono introdotte anche altre nuove regole, fra le quali l’impossibilità da parte del portiere di toccare il pallone con le mani dopo un retropassaggio, volontario, di un compagno, l’aumento del numero delle sostituzioni, l’aumento del numero dei giocatori in panchina e la comunicazione, tramite un tabellone luminoso esposto dal quarto uomo, dei minuti di recupero per ogni tempo di gioco.
La partita più assurda della storia del calcio
Ma veniamo al dunque: è il 27 gennaio del 1994 e siamo al Barbados National Stadium di Saint Michael dove si sta disputando una partita della dodicesima edizione della Coppa dei Caraibi. In campo ci sono Barbados e Grenada che si stanno giocando la qualificazione alla seconda fase del torneo. La classifica del Girone A vede in testa il Grenada con tre punti e + 2 di differenza reti, segue il Porto Rico con tre punti e – 1 di differenza reti e, buon’ultima, Barbados a zero punti e – 1 di differenza reti. Vista la classifica ed essendo l’ultima partita del girone, Barbados per qualificarsi ha una sola possibilità: battere Grenada con almeno due gol di scarto e quasi ci riesce. Fino all’ottantaduesimo minuti, infatti, Barbados è avanti per due a zero; peccato che un minuto più tardi, magari per sopraggiunta stanchezza o per semplice deconcentrazione, un mezzo pasticcio difensivo costringe il portiere Stoute a raccogliere la palla nella sua rete: 2-1 e Barbados virtualmente fuori dalla competizione con il Grenada qualificato. Tutto da rifare per Barbados che, visto il poco tempo rimasto prima del triplice fischio, attacca con decisione alla ricerca del terzo gol che le garantirebbe il passaggio del turno. Il forcing, però, è inefficace e il tempo sta per scadere: è l’ottantasettesimo e la palla è in possesso del difensore del Barbados Sealy che, invece di lanciare in avanti, decide di passare la palla al portiere Stoute che, a sua volta, gli ripassa il pallone: da qui ha inizio una lunga serie di passaggi che culmina con un tiro del difensore nella propria porta: autogol. Clamoroso e volontario. Diventerà l’autogol più famoso della storia.
Autogol?! Qual è il senso di questa scelta? Perché?
Una regola cervellotica
Perché i lungimiranti organizzatori della Coppa dei Caraibi vollero estremizzare la regola del golden gol, applicandola non solo alle partite ad eliminazione diretta ma a tutte quante le gare della competizione eliminando, di fatto, la possibilità di pareggio. Questa scelta azzardata e rivoluzionaria non basta però alla Caribbean Football Union che – quando si dice essere più realisti del Re – si spinge ancora oltre il limite: viene stabilito, infatti, che un eventuale gol segnato nei tempi supplementari, non solo garantirà la vittoria, ma varrà doppio.
Peraltro, prima della sfida in questione, si è già verificato un caso simile, nella giornata precedente è stato proprio il Grenada a beneficiare della cervellotica regola; il 2-0 contro Porto Rico infatti è frutto di una sola rete segnata dal Grenada nel corso del primo tempo supplementare.
Ora che avete chiaro il particolare regolamento in uso durante la Coppa dei Caraibi, torniamo allo stadio Saint Michelle dove mancano pochi minuti alla fine della gara e Grenada e Barbados sono sul 2-2, risultato che, se confermato, porterebbe ai supplementari. Questi ultimi minuti di gioco sono fra i più assurdi mai visti su un campo di calcio perché Barbados non solo deve difendere la propria porta ma deve difendere anche quella del Grenada. Eh sì, perché se la partita finisse 3-2 per il Barbados, comunque sarebbero eliminati perché vincerebbero solo con un gol di scarto anziché con i due necessari per passare il turno!
Scocca il novantesimo e l’arbitro concede quattro minuti di recupero. Si continua a giocare in un clima surreale ma il risultato non cambia, triplice fischio del direttore di gara: 2-2. Tempi supplementari
Il gol di Thorne
Tempi supplementari e “quod erat demonstrandum” (come volevasi dimostrare), tiro ad incrociare del mancino Thorne del Barbados che sigla il più incredibile dei golden goal. L’arbitro fischia la fine e mette a referto il risultato secondo la legge: Barbados 4, Grenada 2. Passa il Barbados e tutti a casa. Dura lex sed lex, appunto.
Anche se il Barbados fa poca strada nella competizione, venendo eliminata nel primo turno delle fasi finali, ciò non cancella la particolarità della sua qualificazione che, a giudicare dalle parole dello stesso portiere Stoute, non è stata così improvvisata:
“Nel discorso pre-partita il coach aveva già programmato tutto. Ci ha spiegato rapidamente la regola del valore doppio della rete realizzata ai supplementari o ai rigori, così da non lasciarci impreparati. Subito il gol, proviamo ad attaccare per un paio di minuti, ma niente, Grenada è tutta riversata in difesa e trovare il gol è complicato. Allora, alla prima occasione propizia, ho ricordato al difensore Terry Sealey che, in chiave supplementari, anche il pareggio poteva tornarci utile. Dalla panchina mister Griffith inizia ad urlare, “autogol, autogol”, e così Terry, palla al piede, mi si avvicina e mi passa il pallone, dicendo di buttarla dentro. Certo, ero anch’io coinvolto nello schema, ma non volevo essere considerato così…così sospettabile. Gliela ripasso, ma lui insiste nel ridarmela indietro. Uno, due, tre scambi. Continuo a dirgli: Terry, non così, non così… Al quarto passaggio, l’attaccante avversario capisce le nostre intenzioni, e corre verso di noi per tentare di rubarci il pallone. Terry lo guarda, guarda la porta, chiude gli occhi e tira…”.
D’altra parte lo sfogo, più che comprensibile, dell’allenatore del Grenada, James Clarkson:
“Mi sento tradito. La persona che ha pensato queste regole merita di essere rinchiusa in manicomio. Il calcio non dovrebbe mai essere giocato con così tanti giocatori confusi sul campo. I calciatori non sapevano nemmeno in quale direzione attaccare: la nostra porta o la loro porta. Non avevo mai visto succedere una cosa del genere. Nel calcio dovresti segnare nella porta degli avversari per vincere, non il contrario“.
Come dargli torto?
Il lieto fine
Come in tutte le novelle di formazione – fortunatamente! – gli organizzatori della manifestazione, resisi conto del paradosso generato, per prevenire altre situazioni assurde, abrogarono la regola con effetto immediato ma non retroattivo. Tutto è bene quel che finisce bene.
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