Accordo (del secolo) o cospirazione?
Scritto da Barbara Schiavulli in data Gennaio 29, 2020
Ci sono voluti due anni per capire di cosa trattasse il tanto atteso piano che avrebbe risolto il conflitto israelo-palestinese e trovato quella soluzione che nessuno era riuscito a orchestrare prima. Decenni di negoziati, incontri, scontri, promesse, cospirazioni, morti, guerre hanno portato il popolo palestinese e israeliano ad assistere a quello che un altro presidente americano ha ancora una volta promesso: la pace.
Dopo la conferenza a Washington sappiamo ora cosa contiene il cosiddetto “Accordo del Secolo” di Donald Trump. Gli americani insieme ad alcuni partner mediorientali come l’Arabia Saudita e gli Emirati, ci lavorano dal 2017. A capo della missione risolutiva, il genero di Trump e consigliere senior: Jared Kushner.
Kushner ha guidato una squadra che includeva Jason D. Greenblatt, ex avvocato capo della Trump Organization, e David M. Friedman, avvocato fallimentare con legami con il movimento dei coloni ebrei, divenuto l’ambasciatore di Trump in Israele. Kushner e Greenblatt hanno viaggiato in tutto il Medio Oriente, incontrando i leader arabi e sperando in pressioni, da parte loro, sui palestinesi.
Il piano è stato annunciato ieri da Trump dopo essersi consultato con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il suo rivale politico Benny Gantz.
Inevitabile notare come alla conferenza di presentazione del piano a Washington non ci fosse una rappresentanza palestinese. I palestinesi, di fatto, hanno boicottato l’intero progetto sin dal 2017.
Da ricordare anche che in questo momento Trump è coinvolto in un impeachment e Netanyahu è stato incriminato per corruzione e si prepara alle terze elezioni in un anno.
La visione di Trump
L’aspetto più importante e controverso del piano di Trump consiste principalmente nell’accettazione della richiesta israeliana di annettere un’ampia porzione delle Valle del Giordano in Cisgiordania, così come viene annessa la maggior parte degli insediamenti ebraici a Gerusalemme Est, Cisgiordania e nelle alture del Golan. Tutte queste aree sono state occupate militarmente da Israele e ogni costruzione o insediamento costruito è in violazione della legge internazionale.
In cambio, il piano offre aree di terra lungo il confine occidentale di Israele collegate con la Striscia di Gaza, così come si aggiungono delle macchie di territorio che attualmente già controlla l’Autorità palestinese. Il piano prevede anche il congelamento per quattro anni degli insediamenti israeliani nelle zone delineate per i palestinesi.
Non si parla delle strade, di continuità, a parte un tunnel tra Gaza e la Cisgiordania, posti di blocco e avamposti militari che Israele ha messo su nel tempo, e che imprigionano questo territorio. Non si parla dell’acqua, delle merci, delle risorse, dell’energia, tutto attualmente sotto il controllo israeliano.
Come sarà l’area con il piano di Trump
E Gerusalemme?
“Con questa visione, Gerusalemme resterà – ha detto il presidente Trump ieri – la capitale indivisibile – molto importante – indivisibile di Israele”.
In pratica, tutte le zone di Gerusalemme Est e nord oltre il muro di separazione di Israele, o barriera difensiva, come si preferisce chiamarla, saranno palestinesi: questa parte di città sarà la futura capitale di un futuro Stato Palestinese.
Il resto, ovvero la Città Vecchia e Gerusalemme Ovest saranno riconosciute come parte della capitale indivisibile di Israele. Qui vivono ancora moltissimi palestinesi, arabi, cristiani e ci sono i luoghi sacri per le tre religioni.
La soluzione “Due Stati”
I palestinesi dovranno accettare di riconoscere Israele in questi nuovi confini. Accettare che sia uno Stato ebraico (nonostante un milione di arabi israeliani e migliaia di cristiani). I palestinesi dovranno disarmarsi completamente, rimuovere Hamas dal potere nella Striscia di Gaza e acconsentire che la sicurezza israeliana controlli i suoi territori fino a un prossimo futuro, quando si prenderà in considerazione un ritiro. Allora e solo allora sarà costituito lo Stato palestinese. E solo a questo punto i palestinesi riceveranno i 50 miliardi di investimenti promessi loro dagli Stati Uniti (in parte stanziati dall’Arabia Saudita).
La questione dei profughi e il diritto al ritorno
Questa è sempre stata una precondizione dei colloqui di pace per i palestinesi. Trump, invece, è stato chiaro nel dire che non sarà permesso il ritorno di palestinesi in alcuna area sotto il controllo israeliano. I profughi palestinesi (7,2 milioni di persone sparse in tutto il mondo) dovranno aspettare che lo Stato palestinese venga creato per ritornare. O essere accettati dai paesi musulmani della regione dove risiedono, molti dei quali da decenni.
Il punto di tutto questo progetto, accordo, piano, visione è però, che i leader israeliani hanno accettato. E i palestinesi no.
“Vorrei dire a Trump e a Netanyahu che Al Quds, Gerusalemme non è in vendita e che la vostra cospirazione non passerà”, ha detto il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas che si incontrerà con la sua controparte di Hamas, Ismail Haniyeh, per capire come opporsi al piano.
Domenica scorsa i leader palestinesi hanno perfino minacciato di abbandonare gli accordi di Oslo, un piano firmato dal ’93 alla presenza del presidente americano Clinton da Arafat (capo dell’Autorità Palestinese) e Yitzhak Rabin (primo ministro israeliano, ucciso nel ’96 da un estremista di destra ebreo) che prometteva ai palestinesi l’autonomia e la fine dell’occupazione israeliana. Cosa che non è mai accaduta.
E intanto alla gente non resta che scendere in piazza: a Gaza sono stati già indetti due giorni della Rabbia e si rischia che la tensione monti anche a Gerusalemme Est e in Cisgiordania.
Trump ha ammesso che si aspettava che i palestinesi rigettassero il suo piano. Ma alla fine, dice, “quando realizzeranno che è per il loro bene, raggiungeranno il tavolo dei negoziati”.
Potrebbe accadere?
Restate sintonizzati sulle notizie di Radio Bullets
In copertina: La Cupola della Roccia vista dai tetti di David’s Street, Gerusalemme, 29 gennaio 2020. Angela Gennaro
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