Il venezuela non è un paese per vecchi
Scritto da Barbara Schiavulli in data Febbraio 20, 2019
Un pasto al giorno, la mancanza di medicine, la normalizzazione del crimine, Venezuela: viaggio in un paese in ginocchio. Nel barrio di Mamera sorge un ospizio dove vivono 80 anziani, disposti a saltare l’unico pasto al giorno per un po’ di compagnia.
Barbara Schiavulli da Caracas per Radio Bullets
CARACAS – Appena si varca il cancello con la vernice azzurra scrostata, i cani si lanciano sui nuovi arrivati mentre alcuni volti scolpiti dal tempo si sollevano a controllare chi sta entrando. Non si muovono dalle loro carozzelle, guardano e basta indecisi se aprirsi in un sorriso o essere sospettosi. Quando le volontarie entrano con i loro sacchetti, le mani dei vecchi si allungano verso gli ospiti pronti a abbracciarle e le bocche sdentate si spalancano in risate.
“A loro manca tutto, ma la cosa più straziante è che salterebbero l’unico pranzo che fanno al giorno pur di una carezza”, dice Tonia che appena può lascia il lavoro e si precipita alla periferia della capitale, nel barrio di Mamera, tra baracche costruite sul lato della collina lungo una tangenziale sempre trafficata che porta verso il cuore della città. La criminalità ha raggiunto livelli esponenziali da quando la crisi in Venezuela è peggiorata e a volte l’unico modo per portare del cibo a casa, è entrare nelle bande, darsi ai furti e ai rapimenti pensando che salvare la propria famiglia sia più importante di qualsiasi legge o ordine.
Nei barrio più poveri ormai vige la legge del Far West dove i ragazzini girano armati, la gente non esce dopo le sei di sera, dove si cena a lume di candela, osservando il secchio d’acqua che deve durare fino alla prossima volta che ci sarà acqua a disposizione.
Era l’Arabia Saudita del Sudamerica, ora il Venezuela è l’ombra di se stessa e lo sono anche i suoi personaggi, quelli più anziani, le prime vittime di un paese in ginocchio. Persone che hanno lavorato tutta la vita e ora si trovano ai margini della città e della loro esistenza. Persone arrivate da posti lontani, persone da sempre qui, persone con storie che faticano a ricordare perché la memoria dei giorni migliori fa male come lo stomaco la sera quando si affonda il cucchiaio nella zuppa. “Non si può prendere una seconda porzione, per nessuno, non si insiste, non si fan eccezioni”, recita un cartello in uno spazio interno all’aperto dove ci sono i tavoli per mangiare. Non più di una porzione appunto: un sorso, un morso, un pezzo, questo è il destino dei reduci della vita, anziani persi nei loro fantasmi e nei loro sogni infranti.
Non è un paese per vecchi il Venezuela. Molti non se ne sono andati perché non sapevano dove andare e non avevano la forza per farlo, altri perché lo amano e ne sono parte e non riescono a pensarsi in nessun altro posto. Altri ancora non hanno nulla se non i vestiti che indossano e quel poco di allegria che ogni tanto un gruppo di volontarie regalano insieme a qualche sacchetto di riso, qualche vestito o un dentifricio. Molti anziani venezuelani si sono lasciati andare, hanno deciso di sacrificarsi per i nipoti o vivono grazie a figli e nipoti all’estero. Ma chi non ha nessuno? Chi ha perso tutto? Chi è malato, depresso, solo? Si aggrappa alla vita se ha ancora un barlume di forza in un tempo che sembra non passare mai, quando i giorni, uno dopo l’altro si fanno lunghi e noiosi quando perfino vivere sembra una condanna.
Casa Hogar ospita 75 anziani tra donne e uomini, solo 17 ricevono soldi della pensione (6 dollari) o dai familiari. L’edificio apparteneva a una ricca venezuelana che aveva costruito la casa quando ancora intorno era tutta collina, poi piano piano le case di lamiera e le baracche hanno rosicchiato la vista e la proprietaria ha deciso di andarsene all’estero, ma piuttosto che abbandonare la villa, ha pensato di farne un pensionato. Ora chi lavora in quel posto lo fa volontariamente, non prende stipendio se non il cibo che portano varie organizzazioni tra cui una che è riuscita a coinvolgere diversi hotel che ogni giorno a turno donano gli avanzi. Questo fa sì che 75 vecchi abbiano un pasto al giorno e se sono fortunati potranno anche fare un po’ di colazione. Il posto è incredibilmente pulito, immacolato tutti contribuiscono, chi è ancora in gamba si occupa degli altri.
Da una parte le camerate delle donne, divise da tende con i letti ben fatti, dall’altra quella degli uomini un stanzone poco illuminato con letti e brande, qualcuno nel suo spazio ha una tv, qualcun altro dei libri, uno ha perfino un piccolo armadio di metallo. Su un letto Omar Henao, 73 anni, con un balzo si mette a sedere, è senza entrambe le gambe a causa del diabete e della mancanza di cure, se ci fossero le medicine comunque per lui costerebbero troppo. Omar è stato un sarto per tutta la sua vita, cuciva vestiti per donne e uomini, ha trascorso molto tempo in Colombia dove era conosciuto, poi qualcosa si è rotto, la sua famiglia si è sparsa tra Colombia e Stati Uniti e lui è rimasto solo. Non si ricorda neanche quando è arrivato al centro, ma racconta che quelli ora sono i suoi amici, che sta bene, che è bello avere un tetto sulla testa. Non ha soldi, non ha pensione, la carrozzina che mostra con orgoglio gliel’ha regalata una fondazione. La sua vita oggi è leggere i libri che qualcuno gli regala fino a consumarli, guardare una piccola tv, uscire nel patio e fare due chiacchiere.
A Caracas ci sono 73 omicidi al giorno, 3 milioni di persone hanno deciso di andarsene. Un terzo dei venezuelani mangiano un pasto al giorno, spesso si tratta di acqua, mais, fagioli. Il paese è al collasso ormai da anni. Poi il 23 gennaio scorso una scossa, quando il presidente dell’Assemblea Nazionale si è dichiarato presidente ad Interim, poco dopo che il presidente Nicolas Maduro, giurasse il 10 gennaio per un secondo termine a seguito di elezioni che molti dentro e fuori il paese, hanno considerato fraudolente. Da quando ha preso il potere Maduro è stato accusato di aver consolidato il potere, minato la democrazia e violato i diritti umani. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro Maduro che ha ancora la piena fiducia dei militari. Hanno cercato di sedare le proteste con arresti arbitrari e l’uccisione di almeno 40 manifestanti secondo le Nazioni Unite. Un paese diviso tra due presidenti, due parlamenti, e il fantasma di Hugo Chavez che alleggia tra le strade, nei discorsi, Maduro non piace quasi più a nessuno per le sue politiche economiche, per le condizioni estreme in cui vive la gente, ma per molti resta l’eredità vivente del presidente Chavez.
“Mi piace Maduro perché piaceva a Chavez”, ci spiega Arlindo De Sousa, 81 anni e un adesivo di Maduro sul suo armadietto che scintilla nella stanza. Non è facile capirlo perché gli mancano molti denti e ha un forte accento portoghese. E’ arrivato nel 1955 e come tanti migranti si è rimboccato le maniche e ha lavorato tutta la vita. La prima cosa che ha mangiato è stata l’hallaca (un piatto a base di mais e carne) e ha capito subito che non se ne sarebbe più andato. Ha fatto tanti lavori, fabbrica, panetteria, un ristorante. Poi è diventato vecchio, non andava d’accordo con la moglie del fratello ed è finito in strada. “Mi chiamavano tutti Chapita, poi un giorno un ragazzo mi ha detto di questo posto e sono venuto qui”. Ogni tanto prova a chiamare il fratello ma non risponde mai, non sa neanche dove sia. “Ho bisogno di scarpe e di lenzuola”, dice sorridendo mostrando le sue consumate, “Ho il 45, ho grandi piedi”.
Questi anziani non si vergognano e non giudicano, sanno che sopravvivere è difficile. Molti dei vecchi poveri di oggi non lo sono stati tutta la vita, ma la corruzione, la cattiva gestione economica ha trasformato centinaia di migliaia di persone della classe media in nuovi poveri. Una volta avevano case, appartamenti, macchine, i loro figli andavano all’università, ora rubano motociclette, aggrediscono le persone per mettere insieme un pasto. Altre persone, circa sei milioni, vivono del Clap, razioni di Stato elargito dall’amministrazione di Maduro. Per ricevere la scatola di Clap, che contiene riso, farina e fagioli, gli iscritti devono giurare fedeltà agli ideali socialisti dell’amministrazione, ma soprattutto è stato un modo per Maduro di comprare voti. Ma ora le cosa vanno talmente male, che perfino le razioni non sono puntali, a volte passa una settimana senza che nulla venga consegnato.
“Non ho marito, non ho figli, ho fatto di tutto, l’unica cosa che non ho mai fatto, è stata rubare”, sentenzia Maria Castro, 79 anni e due occhietti vivaci che trascendono la sua età. Devastata da un fratello che la trattava male, il prete della sua parrocchia l’ha mandata qui dove sta bene, va d’accordo con tutti e con la sua grinta tiene alto il morale del posto, ma non parlatele di politica, perché si trasforma in un mostro rugoso con gli occhi infiammati: “Lavoravo per un ottico, avevo un buon stipendio, ho pagato per la mia pensione e ora prendo sei dollari al mese. Perché non dovrei arrabbiarmi? – dice puntando il dito rugoso verso il nulla -Sono stata una delle prime a manifestare, abbiamo lavorato una vita e ora quello che avevamo non vale niente, a proposito Maduro c’è ancora? Sai qui si perde il senso del tempo”. C’è ancora, le diciamo e lei borbotta. “Sai la cosa che proprio non sopporto? Sono le persone che arrivano al potere e si dimenticano da dove venivano”, dice allungano una mano verso la vista del barrio. Da quassù sembra tutto tranquillo, ma a camminarci in mezzo, si sentono i mormorii nelle strade, tra gli interstizi: tutti hanno paura e tutto temono che qualcosa stia per succedere.
Quello che rende il tira e molla tra Maduro e Guaidò potenzialmente pericoloso è che sembrano entrambi disperati a modo loro, Maduro e la sua cupola come la chiamano qui, rischia di perdere tutto perfino la vita, dal canto suo Guaidò e i suoi si sono giocati tutto per dimostrare di poter cambiare le cose.
“Sono stato un tassista per 54 anni, sfido chiunque a conoscere questo paese meglio di me”, dichiara José Luis Meneses, 71 anni, al centro tra 13 mesi. Non entra nei dettagli, ma la moglie lo avrebbe buttato fuori di casa perché erano ormai troppo poveri, e lui ha trovato rifugio qui. Quando il suo taxi si è rotto e non aveva i soldi per i pezzi di ricambio, la sua vita si è fermata, “A casa c’erano troppo problemi e soffro di pressione, avevo bisogno di un posto tranquillo”, non che si sia fatto mancare niente, Josè ha avuto quattro mogli e ha dovuto lasciare l’università quando la sua prima moglie è rimasta incinta. Ha schiere di figli, eppure è qui come tutti gli altri. Ha una pensione di 18 mila bolivares (sei dollari) e li usa per comprare prodotti per l’igiene, considerando che un doccia-schiuma in un supermercato ne costa 11 mila.
“Sai, non mi lamento, sono grato a Dio di aver vissuto, tutto quello che in futuro verrà, andrà bene, sono ancora in forma, faccio tanti lavoretti, vorrei ancora poter guidare”, dice con una nota di rammarico nella voce. “Opposizione, Maduro, i loro problemi si sono riversati su noi poveri, la criminalità, la droga, davvero non so se ci sono governi buoni, io credo che i venezuelani abbiano la corruzione nel sangue e come diciamo noi, tutti pagano per i peccatori”.
Quando una delle persone del centro muore, viene posato su un tavolo di metallo, poi raccontano che una signora gentile che sta dall’altra parte della città, li prende, li porta al forno crematorio a spese sue. Nessuno di loro avrà una tomba in terra dove qualcuno potrà poggiare dei fiori.
Un’altra signora si avvicina, ha uno sguardo dolce e modi gentili, vuole salutare come hanno fatto tutti, ma le voci che sente nella testa la distraggono, parla con noi e con loro, senza che si riesca a sapere se nel suo mondo privato sta meglio che in questo. “E’ schizofrenica”, sussurra un’altra signora mentre cerca di portarla via quasi si volesse scusare. “Naturalmente non ci sono medicine, per noi vecchi è un problema, ci ammaliamo più degli altri”.
Apriamo la cella frigorifera per vedere cosa c’è e l’eco del nulla ci risponde, qualche sbuffo di foglie che non sembra neanche insalata. Stasera hanno i pacchetti di riso che abbiamo portato noi insieme a un paio di ciabatte di gomma per il cuoco che tutto contento saltella per la cucina. Anche stasera dovrà fare una magia.
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In questi giorni stiamo cercando di capire cosa stia succedendo in Venezuela e abbiamo parlato con diverse persone che spiegano come si è arrivati a questo punto con una storica, cosa potrebbe essere fatto ce lo spiega l’economista e soprattutto come si vive in un paese dove lo stipendio medio è di 5 euro e una scatola di tonno, tra l’altro oggi introvabile, ne costa 7: Il prezzo della crisi.
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