Mar’inka, sul fronte della guerra in Ucraina

Scritto da in data Settembre 5, 2016

Nonostante gli Accordi di Minsk, un protocollo che dovrebbe porre fine della guerra in Ucraina, nell’est del paese continuano i combattimenti tra le forze militari ucraini e i militanti filorussi. Mar’inka, una cittadina a un chilometro da Donec’k, è teatro di aspre battaglie ormai da mesi, tra colpi di guerriglia e quotidianità ai tempi di una guerra di cui nessuno parla.

A cura di Julia Kalashnyk in collegamento da Mar’inka

Foto in evidenza: Natascia Aquilano

Mar’inka

Mar’inka, una cittadina nei pressi di Donec’k, in Ucraina, oramai da lungo tempo è teatro di aspri combattimenti tra forze separatiste e soldati ucraini. È uno dei luoghi che hanno più interessato il conflitto armato nell’est del paese, che ha avuto inizio il 6 aprile del 2014 e che viene chiamato guerra di Donbas. I cittadini rimasti nella città passano quasi tutte le notti nei rifugi sotterranei per nascondersi dai colpi di mortaio e dai lanciarazzi. 

E proprio qui, a Mar’inka, quasi da due mesi difende le sue posizioni il battaglione Donbas-Ucraina, oggi inglobato nell’esercito regolare del Paese. Un battaglione che ha già preso parte ad alcune delle battaglie più decisive della guerra: tra tutte, quella di Ilovaisk, che si concluse con il massacro delle forze ucraine. 

Nella postazione di Donbas-Ucraina

Vyacheslav Vlasenko è il comandante del battaglione, nonché suo fondatore: ogni notte, racconta, i separatisti tempestano di cannonate le posizioni delle forze del Donbas-Ucraina, usando mortai calibro 120 e 82, armamenti di veicoli di combattimento, lanciarazzi e arme di grande calibro. I combattenti del battaglione rispondono ai tiri dei separatisti. Tiri che arrivano fino alle loro posizioni di fuoco a 170 metri dalla linea di confine. Il battaglione non avanza, si limita solo alla difesa. 

La stanza di comando si trova in un grande edificio abbandonato. Da qui, attraverso uno schermo, il comandante del battaglione monitora le posizioni dei ribelli e il territorio interessato ai combattimenti. Mostrando il rapporto con i dati delle perdite di uno dei combattimenti più aspri, Vlasenko rileva che dai 48 soldati alle posizioni, ne sono tornati in 38. Il bilancio registra 8 feriti e 2 “cargo 200“, come si usa chiamare qui i morti ricorrendo ancora alla terminologia militare dell’Unione Sovietica. 

I combattenti del battaglione passano le loro giornate nelle varie posizioni, tra risposte al fuoco nemico e la più semplice quotidianità. Il loro spirito, raccontano, è carico di patriottismo, le motivazioni che li hanno spinti ad arruolarsi nel battaglione sono piene del desiderio di difendere la Patria e i loro cari. 

Tanti di loro vengono da Donec’k e si trovano in prima linea perché non hanno mai accettato lo stato attuale delle cose. Un combattente, che qui viene chiamato Gayduchevich, ha dovuto lasciare Donec’k. Racconta di non essere stato mai d’accordo con le decisioni riguardanti il destino della sua città da parte di Aleksandr Zaharcenko, il capo dell’autoproclamata “repubblica del Donec’k”. La cosiddetta “repubblica”, autoproclamata il 7 aprile del 2014, il cui territorio si trova all’interno della regione di Donec’k, è stata riconosciuta solo dall’Ossezia del Sud e dall’autoproclamata “repubblica popolare di Luhansk”. Le parole di Gayduchevich sono piene di amarezza per i compagni uccisi: la sua speranza è quella che il battaglione abbia un numero di morti inferiore alle perdite inferte all’avversario. 

Nelle posizioni, lo spirito militare si fonde con gli oggetti della quotidianità: pomodori, caffè, qualche animale domestico. Uno dei combattenti, nome di battaglia “Kef”, racconta. “Nel giorno dell’indipendenza il nemico ci ha regalato – alla città e alle nostre posizioni – delle cannonate notevoli, prendendo stavolta di mira la casa dei bambini orfani e colpendola con mortai calibro 120. 

Durante il giorno, a pochi metri dalle posizioni, la vita della città segue il suo normale corso: si vedono le coppie sedute sulle panchine mano nella mano, i bambini corrono e giocano per strada, le signore vanno a fare le loro compere. 

Se qualcuno si avvicina per sbaglio troppo alla zona rossa, può pagare un caro prezzo: il 25 agosto, una cittadina di Mar’inka è stata ferita a causa degli spari durante sparatoria tra le due parti, dichiarano i combattenti del battaglione. 

Questa è la realtà di Mar’inka al giorno d’oggi, tra colpi di guerriglia e quotidianità ai tempi di una guerra che per tanti non esiste. 

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