Alla ricerca di una nuova energia nucleare

Scritto da in data Maggio 2, 2024

I cambiamenti climatici stanno facendo sentire i propri nefasti effetti in tutto il globo. Occorre subito trovare il modo di invertire la rotta del riscaldamento del Pianeta, prima che questi cambiamenti modifichino per sempre – e in peggio – la vita sulla Terra.
Produrre energia da combustibili non fossili e da fonti rinnovabili è uno dei più urgenti obiettivi e ormai da tempo si torna a parlare di energia nucleare.

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Ebbene sì, da un po’ di tempo a questa parte si sta parlando anche di ritorno al nucleare. L’opzione non deve spaventare, si stanno portando avanti diversi studi per arrivare a una nuova tipologia di questa poderosa fonte di energia. Potenzialmente infinita, senza dispersioni di quella famigerata CO2 con la quale il genere umano ha fatto e tuttora fa danni all’ambiente, ma che ancora spaventa. Gli effetti dell’incidente nucleare di Chernobyl nel 1986 e del pericolo corso con quello della centrale di Fukushima nel 2011 ancora dividono. E se il mondo civile si interroga, quello scientifico intanto studia.

Come produrre energia nucleare: i progetti nel mondo

Nella fattispecie studia nuove soluzioni, nuove metodologie, nuove tecniche per riuscire a ottenere un’energia nucleare senza i rischi per la salute umana e l’ambiente che le vecchie centrali hanno dimostrato di avere.

I progetti sono diversi. A livello internazionale, uno molto interessante è ITER di cui avevamo già parlato su “Technomondo” e a cui anche l’Italia partecipa attraverso l’agenzia Enea. Il progetto si propone di riprodurre, in maniera controllata, la fusione a elevatissime temperature di due isotopi dell’idrogeno – deuterio e trizio – in modo da ottenere energia pulita, sicura e illimitata. Nello specifico, il progetto prevede la costruzione di un reattore a fusione nucleare sperimentale.

Ma questo non è l’unico progetto rivolto all’energia nucleare. Un altro importante studio è in corso con il progetto Ue TITANS al quale, come Paese, partecipiamo sempre con Enea e con quattro atenei – la “Sapienza” di Roma, l’Università di Pavia, l’Università degli Studi di Trieste e il Politecnico di Torino – che fanno parte dei ventuno partner.
Il progetto è transdisciplinare e coinvolge esperti internazionali di diversi ambiti, dalle scienze dei materiali all’ingegneria di processo, dalla biologia alle scienze ambientali fino alla modellizzazione.
Gli esperti e le esperte provengono da otto paesi europei e sono coordinati dalla francese CEA (Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives).

Cos’è il progetto Ue TITANS

Ue TITANS è un progetto di un certo rilievo, basti considerare che a suo favore sono stati messi in campo dalla Commissione Europea circa 3,8 milioni di euro.
Ma cosa si propone di fare? Come spiega il suo acronimo che significa “Tritium Impact and Transfer in Advanced Nuclear reactorS”, opera proprio sulla gestione del trizio e sul suo impatto sull’ambiente, cercando di mitigarlo.

Il progetto si pone come obiettivo di ridurre al minimo il rilascio all’interno dei reattori e degli impianti nucleari di questo isotopo dell’idrogeno e, contemporaneamente, di ottimizzarne la cattura per poterlo immagazzinare con sicurezza e persino per poterlo poi riciclare.

Il trizio è un isotopo radioattivo molto raro che viene prodotto in natura nell’alta atmosfera, oppure durante le esplosioni di armi nucleari, e come sottoprodotto durante il processo di produzione dell’energia da fusione e da fissione.
Il suo recupero e riciclo sono dunque importanti, e permetterebbero di riutilizzarlo in un concetto di economia circolare indispensabile per preservare le risorse a nostra disposizione e che deve quindi riguardare anche il nucleare.

Non solo, risolvendo il problema della sua permeazione – ovvero la sua penetrazione di altri materiali e la conseguente diffusione nell’ambiente circostante – si andrebbe a incidere positivamente sul suo rilascio nell’ambiente e sui rischi per la salute umana anche durante le attività di smantellamento delle centrali.

Il ruolo italiano nella ricerca sul nucleare

L’agenzia italiana Enea nello specifico sta conducendo i propri studi in due suoi centri di ricerca nel Lazio e in Emilia Romagna.
A Frascati, vicino a Roma, sta sviluppando una nuova tecnica di misurazione del trizio in metalli liquidi, mentre nel centro bolognese di Brasimone studia la permeazione e il rilascio del trizio, oltre allo sviluppo di sistemi per il suo contenimento basati su rivestimenti speciali.

Silvano Tosti, responsabile del Laboratorio di Tecnologie nucleari di Enea e referente dell’agenzia per il progetto europeo, spiega in una nota che sia il trizio sia il deuterio hanno la capacità di interagire con diversi materiali, soprattutto con i metalli, riuscendo in particolare ad attraversare le pareti metalliche delle strutture degli impianti nucleari e dei loro sistemi di raffreddamento. Il progetto mira quindi a sviluppare rivestimenti da poter applicare proprio alle superfici metalliche di queste strutture per impedire il rilascio, anche minimo, del trizio nell’ambiente.
Questo, spiega Tosti, consentirebbe di ottenere una fonte di energia nucleare pulita e di rendere più sicuri gli impianti e i reattori per la fusione e la futura fissione nucleare.

In futuro nuovi reattori

Procedono dunque su più fronti gli sviluppi del progetto europeo Ue TITANS. L’intento è di riuscire ad arrivare a più risultati:

  • migliorare gli strumenti di modellizzazione per valutare la migrazione del trizio nei reattori nucleari
  • misurarne il rilascio durante lo smantellamento di impianti contaminati
  • sviluppare un dispositivo mobile per il trattamento dell’acqua triziata
  • valutare l’impatto sulla tossicità per l’uomo e l’ambiente in caso di un eventuale rilascio accidentale

Il progetto Ue TITANS dovrebbe arrivare a compimento il 31 agosto 2025.

Musica: Strangers – Sean McVery
Foto in copertina: Gerd Altmann – Pixabay

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