Il segreto peggio custodito del mondo è che Israele possiede già la bomba atomica, non dichiarata, non ispezionata e intoccabile. Eppure sono le ambizioni nucleari dell’Iran a tenere la comunità internazionale con il fiato sospeso da decenni.
Medioriente sull’orlo del baratro?
Scritto da Radio Bullets in data Giugno 15, 2025
Missili su Tel Aviv e Gerusalemme, esplosioni a Teheran, morti tra i civili, e l’ombra lunga di una guerra regionale che rischia di travolgere tutto il Medio Oriente. È questo lo scenario drammatico che si è aperto nelle ultime ore dopo che Israele ha colpito duramente le infrastrutture nucleari iraniane e Teheran ha risposto con un’ondata di attacchi missilistici.
Cosa sta succedendo
Il 12 giugno Israele ha lanciato una serie di attacchi mirati contro le strutture nucleari iraniane. I bombardamenti hanno colpito centrali elettriche, laboratori, basi militari e, secondo fonti iraniane, anche comandanti di alto livello e sei scienziati.
Il giorno successivo, l’Iran ha risposto con un massiccio lancio di missili su Tel Aviv e Gerusalemme, colpendo anche obiettivi militari e civili. Almeno 10 persone sono rimaste uccise in Israele, decine ferite in Iran dove si parla di una settantina di morti, tra cui una ventina di minori secondo l’agenzia turca Anadolu.
Le esplosioni hanno continuato a susseguirsi nella notte tra venerdì e sabato. Teheran ha dichiarato che “le porte dell’inferno saranno aperte su Israele”, e che la morte del comandante dei Guardiani della Rivoluzione, Hossein Salami, non resterà impunita.
Perché sta succedendo
Tuttavia, i critici di Netanyahu ne sospettano sulle motivazioni e ritengono che il leader israeliano, preoccupato per i colloqui tra l’Iran e l’amministrazione Trump, volesse intervenire prima che un accordo fosse raggiunto.
Negli ultimi vent’anni, Netanyahu ha affermato che l’Iran era ogni volta, sul punto di dotarsi di un’arma nucleare.
Il capo negoziatore di Trump, Steve Witkoff, ha tenuto almeno tre round di colloqui con una delegazione iraniana di alto livello. Il prossimo round era previsto per domani in Oman. Ma è altamente improbabile che l’Iran si sieda al tavolo delle trattative dopo l’azione di Israele di venerdì mattina.
Trump aveva già abbandonato un patto nucleare con l’Iran dell’era Obama nel 2018, affermando di esservi sempre stato contrario.
Tuttavia, ora sembra desideroso di siglare un nuovo accordo nucleare con l’Iran. E questo è qualcosa che Netanyahu teme. Attaccando l’Iran, il leader israeliano ha di fatto garantito che un accordo nucleare tra Stati Uniti e Iran non venga raggiunto.
La causa di Netanyahu è stata anche favorita dal rapporto presentato dal consiglio dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), che serve da ente regolatore, in cui si afferma che l’Iran non ha rispettato il suo impegno e non è stato esplicito nel consentire alle squadre dell’AIEA libero accesso a tutte le sue strutture.
Da quando gli Stati Uniti sono usciti dall’accordo sul nucleare nel 2018, l’Iran non si ritiene obbligato ad aprire tutte le sue strutture alle ispezioni. In precedenza, l’Iran aveva seguito scrupolosamente le direttive dell’AIEA e aveva concesso libero accesso alla sua squadra ispettiva.
Da anni Israele considera il programma nucleare iraniano una minaccia esistenziale. E nonostante la politica del “sabotaggio silenzioso” che ha caratterizzato gli anni passati, Tel Aviv sembra ora aver optato per un’azione militare diretta e plateale, forse con l’intento di fermare definitivamente il programma prima che si arrivi alla bomba.
Ma colpire i siti nucleari non è sufficiente. Israele punta anche a delegittimare e indebolire il regime iraniano, nel tentativo di provocare un cambio di potere a Teheran. Lo stesso Netanyahu lo ha detto apertamente: “Stiamo aprendo la strada al popolo iraniano per liberarsi del proprio regime oppressivo”.
Da non sottovalutare, lo spostamento dell’attenzione dalla questione Gaza che stava ogni giorno diventando lentamente pruriginosa per il resto del mondo e che ora si ritrova distratta da quello che oggi Netanyahu ha definito il primo fronte di guerra per Israele, non più Hamas ma l’Iran.
Cosa potrebbe succedere adesso
1. Coinvolgimento degli Stati Uniti
Sebbene Washington abbia negato ogni coinvolgimento diretto, si legge sulla BBC, Teheran è convinta che l’attacco israeliano sia stato autorizzato, o quanto meno tollerato, dagli Stati Uniti.
Il rischio di un attacco iraniano contro basi USA in Iraq, nel Golfo o contro ambasciate e cittadini americani è concreto. Se un americano dovesse morire, Donald Trump potrebbe trovarsi costretto a intervenire, risucchiando gli Stati Uniti in una nuova guerra.
2. Attacchi nel Golfo
Se l’Iran fallisse nel colpire obiettivi militari israeliani, potrebbe scegliere di lanciare attacchi contro infrastrutture energetiche nei Paesi del Golfo – come fece contro l’Arabia Saudita nel 2019 o tramite gli Houthi contro gli Emirati nel 2022.
Sarebbe un colpo durissimo all’economia mondiale, già in bilico per la crisi del costo della vita e l’instabilità del Mar Rosso.
3. Una corsa alla bomba
Se Israele non riuscisse a distruggere il cuore del programma nucleare – uranio arricchito al 60%, scienziati, know-how – allora l’attacco potrebbe sortire l’effetto opposto: spingere Teheran ad accelerare verso l’arma atomica.
L’idea che solo il possesso della bomba possa garantire deterrenza e sopravvivenza potrebbe diventare egemone in Iran.
4. Il crollo del regime iraniano
Netanyahu auspica la fine del regime degli ayatollah. Ma cosa accadrebbe se davvero l’Iran precipitasse in un vuoto di potere?
I precedenti in Iraq e Libia insegnano che abbattere un regime non significa portare stabilità. Il rischio è una lunga guerra civile, regionalizzazione del conflitto, caos.
5. Shock globale dell’economia
Il prezzo del petrolio è già in salita. Una chiusura dello Stretto di Hormuz o nuovi attacchi alle navi nel Mar Rosso da parte degli Houthi – ultimi alleati fedeli dell’Iran – rischiano di mettere in ginocchio il commercio globale. I rincari dell’energia spingerebbero l’inflazione, colpendo in particolare le economie più fragili.
Israele e Iran si stanno trascinando verso un punto di non ritorno. In un contesto regionale già infiammato da Gaza, Libano, Iraq e Siria, questo conflitto rischia di deflagrare su scala globale. E il mondo – ancora una volta – osserva più preoccupato per le conseguenze economiche che per quelle umane.
Ma c’è un dato che non cambia: i civili. Sempre loro a morire, a pagare, a scomparire sotto le macerie, che siano in una strada di Teheran o in un mercato di Tel Aviv.
La retorica dei “bambini uccisi” è ormai un’arma propagandistica da entrambe le parti. Eppure, resta l’unica verità che dovrebbe contare.
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