23 maggio 2020 – Notiziario Orientale

Scritto da in data Maggio 23, 2020

  • Hong Kong, legge sulla sicurezza: le risposte degli Usa e i timori degli investitori
  • Cina, Usa sanzionano aziende nello Xinjiang
  • Vietnam, produzione Apple trasferita dalla Cina nel Paese
  • Indonesia, i cittadini usano documenti falsi per aggirare i divieti imposti per la fine del RamadanQuesto e altro nel notiziario orientale di Radio Bullets a cura di Serena Console

    Hong Kong

    Il modello di Hong Kong “un paese due sistemi” è morto. È questo il triste commento del giornalista Bill Bishop, esperto di affari cinesi, dopo che è stata confermata che l’assemblea nazionale del popolo cinese discuterà e probabilmente introdurrà una legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong.
    Ieri il premier cinese Li Keqiang, in apertura dei lavori dell’Assemblea Nazionale del popolo, l’appuntamento legislativo annuale della Cina dove il Partito delinea le linee guida che la Repubblica Popolare Cinese vuole attuare in campo politico ed economico, ha affermato che saranno “istituiti solidi sistemi giuridici e meccanismi di applicazione per salvaguardare la sicurezza nazionale nelle due regioni amministrative speciali e permettere che i rispettivi governi assumano le loro responsabilità costituzionali”: è un chiaro riferimento alle Regioni Amministrative Speciale di Hong Kong e Macao. Nell’arco di questa settimana, l’Assemblea nazionale del popolo discuterà l’istituzione di una cornice normativa con cui introdurre una legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, senza dover passare per il Consiglio Legislativo, il parlamento locale di Hong Kong. Si tratta di una legge sulla sicurezza nazionale che vieterà ‘la secessione, le attività sovversive, le interferenze straniere e il terrorismo’ nell’ex colonia britannica. Ci sarà quindi una stretta su qualsiasi forma di dissenso. Pechino aveva tentato già 17 anni fa, nel 2003, di introdurre una simile normativa attraverso il controverso “Articolo 23” della Basic Law, ma le proteste dei cittadini avevano fatto fare un passo indietro al LegCo.  Ora Pechino, stanca delle manifestazioni che hanno scosso l’ex colonia britannica per mesi, ha deciso di rendere operativa la legge sulla sicurezza di Hong Kong introducendo l’Allegato 3 della Basic Law. La mossa supererebbe lo scrutinio del parlamentino dell’ex colonia e spianerebbe la strada all’apertura nella città di un Ufficio sulla sicurezza nazionale di Pechino, senza le autorizzazioni che devono essere richieste al governo locale.  La Chief Executive di Hong Kong, Carrie Lam, ha fatto sapere che appoggia il nuovo impianto legislativo, dato conferma della collaborazione del governo di Hong Kong “con il Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo per completare al più presto la legislazione pertinente”. La nuova legge sull’anti sedizione spegnerebbe i moti democratici nell’ex colonia britannica, e non si esclude quindi una tornata di manifestazioni anche in vista delle prossime elezioni del parlamento honkonghese il prossimo settembre. Già su telegram, i gruppi che si organizzano per le manifestazioni in strada stanno pianificando di dare inizio a una stagione di nuove proteste già da oggi.

Nei sette giorni di lavori, tra i vari dossier al vaglio dell’Assemblea, ci sarà anche quello dell’introduzione del primo codice civile. La bozza di Codice civile comprende 1.260 articoli in sei parti: proprietà, contratti, diritti della personalità, matrimonio e famiglia, eredità e responsabilità civile. Sarà il primo codice giuridico della Repubblica Popolare Cinese e una pietra miliare per la codificazione della Cina.
Mentre i delegati del Partito Comunista discuteranno le nuove politiche da attuare, gli Stati Uniti osservano. Non si escludono sanzioni e ripercussioni che alimenteranno il clima di guerra fredda tra i due giganti economici. È arrivata la risposta  del segretario di stato americano Mike Pompeo, che su twitter ha scritto che gli “Stati Uniti condannano la proposta di imporre una legge nazionale su Hong Kong e incitano Pechino a riconsiderarla. Siamo a fianco della gente di Hong Kong”. In una nota, Pompeo ha affermato che “la decisione di aggirare il processo legislativo di Hong Kong e ignorare la volontà della popolazione sarebbe un colpo fatale all’autonomia promessa da Pechino a Hong Kong”. Rispondendo alle critiche Usa sull’ex colonia, il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha detto che Pechino “cerca cooperazione e dialogo” con Washington, ma reagirà se gli Usa tenteranno “di opprimere” la Cina. La stessa condanna è arrivata dalla speaker della Camera Nancy Pelosi, che ha condannato la legge introdotta da Pechino. Ma anche Gran Bretagna, Australia e Canada, con una dichiarazione congiunta firmata dai ministri degli Esteri dei tre Paesi, hanno espresso profonda preoccupazione per la legge sulla sicurezza che la Cina intende introdurre a Hong Kong. I politici pro-Pechino di Hong Kong hanno cercato di dissipare le preoccupazioni sull’impatto della proposta di legge sulla sicurezza nazionale nell’hub finanziario asiatico, secondo cui la legge rafforzerebbe gli investimenti. Banchieri e manager hanno detto che potrebbe  lasciare la città.  Quando è tornata da Pechino ieri, la leader di Hong Kong, Carrie Lam, ha affermato che il mercato azionario “sale e scende” ed è stata in effetti la protesta della democrazia a larga scala nel 2019 a destabilizzare l’imprenditoria locale. Henry Tang, membro del comitato permanente della conferenza consultiva politica del popolo cinese, ha affermato che la legge è “vantaggiosa” per l’ambiente imprenditoriale in quanto porta stabilità e rafforza lo stato di diritto.

Cina

La Camera americana si appresta a votare la settimana prossima una misura che impone sanzioni ai ad aziende e funzionari cinesi per le violazioni dei diritti umani contro la minoranza musulmana degli uiguri. Il provvedimento è stato approvato dal Senato a maggioranza repubblicana il 14 maggio e chiede la chiusura dei campi in cui sono tenuti gli uiguri e richiede che il presidente Donald Trump imponga sanzioni e revochi i visti dei funzionari responsabili delle violazioni. Gli Stati Uniti hanno per questo imposto sanzioni a 9 aziende cinesi per violazioni dei diritti umani a Xinjiang sugli uiguri, sottolineando che le aziende incontreranno restrizioni nell’accedere alla tecnologia americana.Gli stati uniti hanno anche inserito 33 aziende cinesi in una sorta di blacklist perché delle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang, in particolare per detenzione arbitraria, lavoro forzato ed uso dell’intelligenza artificiale per sorvegliare gli uiguri della provincia. Infatti, le società nella lista nera sono principalmente quelle che si occupano intelligenza artificiale e riconoscimento facciale, mercati in cui le società di chip statunitensi come Nvidia Corp e Intel Corp hanno investito molto.

Vietnam

La Apple avrebbe chiesto ai partner asiatici che costruiscono l’iPhone di spostare parte della produzione dalla Cina al Vietnam e all’India. Lo riferisce il quotidiano taiwanese DigiTimes citando fonti interne all’industria. La mossa punterebbe a diversificare i luoghi di produzione, anche alla luce delle crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina. Il Vietnam sembra essere il Paese scelto da Apple anche per produrre parte degli auricolari AirPods. A darne notizia è stato due settimane fa il quotidiano giapponese Nikkei, secondo cui la produzione degli AirPods in Vietnam sarebbe iniziata a marzo. Già alcuni AirPods Pro presentano la scritta “assemblato in Vietnam”

Indonesia

 

L’Indonesia sta indagando su come siano trapelate online informazioni personali di 2 milioni e 3mila elettori. La violazione dei dati, che include nomi, indirizzi di casa e numeri di identificazione nazionali, sembra essere collegata alle liste degli elettori delle elezioni del 2014, secondo quanto afferma la Commissione elettorale generale.Il commissario dell’agenzia ha dichiarato che all’inizio della settimana è stata avviata un’indagine sulla fonte della fuga dei dati. Il commissario ha inoltre negato che i dati sono state raccolti dai server della commissione. All’inizio di questo mese, il sito di e-commerce indonesiano Tokopedia ha dichiarato che stava indagando sulla presunta perdita di dati di circa 91 milioni di account

Rimaniamo in Indonesia. Gli indonesiani si stanno rivolgendo a contrabbandieri e documenti di viaggio fasulli per aggirare i divieti su un esodo annuale di fine Ramadan che potrebbe mandare alle stelle casi di coronavirus alle stelle nella più grande nazione a maggioranza musulmana del mondo. Migliaia di persone stanno usando qualsiasi trucco per raggiungere le loro città di origine in tempo per le celebrazioni la fine del santo mese di digiuno dell’Islam questo fine settimana, un festival noto come Eid al-Fitr. Ogni anno milioni di viaggiatori si imbarcano in aeroporti, stazioni ferroviarie e porti attraverso l’arcipelago lungo quasi 5.000 km (3.100 miglia) in una migrazione di massa simile alla festa di Capodanno lunare della Cina. Temendo un disastro per la salute pubblica, il mese scorso il governo ha imposto il divieto di viaggi marittimi e aerei nazionali e ha istituito blocchi stradali.

 

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