Coronavirus, la quarantena a Hong Kong

Scritto da in data Aprile 20, 2020

“Ciao, come stai?”. A quante persone abbiamo rivolto questa domanda negli ultimi tempi? Probabilmente la pandemia di coronavirus ci ha resi più attenti alla salute altrui rispetto al solito, con particolare attenzione per chi è lontana o lontano e sta vivendo questo periodo in maniera diversa da come lo stiamo facendo in Italia.

Ho contattato Saema qualche mese fa, dopo anni in cui non la sentivo (meraviglie dei social!) per scoprire che lavorava a Hong Kong. Allo scoppio della prima crisi epidemica, quella relativamente isolata in Cina, la preoccupazione è diventata più pressante e le ho chiesto spesso come andassero le cose là. Da lì l’idea di un’intervista, condotta con orari e ritmi differenti, dettati dal lavoro e dal fuso orario, e da quarantene distanti migliaia di chilometri.

Pedicure durante la quarantena

Saema Rab è forse una di quelle persone che più potremmo definire “cittadine del mondo”: italiana cresciuta nella periferia romana, dove abbiamo frequentato insieme elementari e medie, di origine pachistana, ha studiato nel Regno Unito e ha poi lavorato in Italia e a Hong Kong. Dopo due anni di lavoro in Italia alle risorse umane è stata spostata in Asia e lì gestisce il personale negli uffici di sei Paesi. La nostra conversazione è iniziata mentre… Saema si faceva la pedicure. A Hong Kong la chiusura è stata graduale e i saloni di bellezza erano ancora aperti (e pieni a causa dell’annuncio dell’imminente chiusura).

Quando si sono verificati i primi casi di Covid19 a Hong Kong e come è stata affrontata la diffusione del virus dal governo?

I primi casi a Hong Kong sono stati rilevati il 22 gennaio 2020: erano persone appena rientrate dalla Cina continentale, nello specifico dalla provincia di Wuhan. In seguito all’aumento di casi nel resto della Cina, il governo ha inizialmente adottato alcune misure come la cancellazione delle festività per il nuovo anno. Dal 25 gennaio è stato dichiarato il livello massimo di emergenza e sono stati chiusi tutti i parchi (per esempio Ocean park, Disney Resort, Madame Tussauds etc.). Intanto a fine gennaio sono diminuiti i voli dalla Cina continentale e sono state chiuse del tutto le tratte ferroviarie e aree, per limitare gli ingressi. Il primo decesso, del cosiddetto “paziente 13” (la tredicesima persona colpita dal virus), è avvenuto nella prima settimana di febbraio. Il metodo di contenimento che si è deciso di usare è stato quello di cercare la mappa dei contatti con i pazienti nei quattordici giorni precedenti i sintomi. Le persone che hanno avuto contatti vengono messe in quarantena per altre due settimane. A marzo abbiamo avuto un nuovo aumento di infetti a causa dei ritorni da Europa e USA. Il 25 marzo Hong Kong ha ufficialmente chiuso la frontiera a tutti i non residenti, mentre i residenti hanno l’obbligo della quarantena. Dal 28 marzo tutte le palestre, cinema etc. sono state chiuse (inizialmente per 14 giorni, chiusura rinnovata fino al 23 aprile), mentre ristoranti e bar possono ospitare metà delle persone della capienza del locale, ma si prevede che presto saranno permesse solo consegne a domicilio. La chiusura è stata estesa il 1 aprile ai Karaoke e Mahjong club [N.d.A. gioco da tavolo cinese].

Approvvigionamento di carta igienica

Come si vive nell’Hong Kong della quarantena?

A gennaio è scoppiata la corsa alle compere perché la pregressa esperienza della SARS aveva portato alla chiusura delle frontiere con la riduzione dell’arrivo di beni primari. Mascherine, igienizzanti e riso sono divenuti introvabili, ma anche la carta igienica non se la passava bene! Verso fine febbraio la situazione sembrava rientrata, ma a marzo si è scatenato il panico per il rientro di molte persone da Europa e USA e si attende un nuovo momento difficile quando le frontiere con la Cina continentale saranno riaperte. Al momento, anche “grazie” all’esperienza della SARS, non si può entrare in nessun luogo chiuso senza mascherina, misurazione della temperatura e uso di amuchina.

Come ti senti?

Non mi sento a rischio perché prendo tutte le precauzioni e se mi ammalo so che posso fare affidamento su un sistema sanitario che ha già gestito emergenze simili. Mi preoccupa però il clima economico mondiale. Lavoro per l’elettronica di consumo e vedo l’impatto immediato dei lockdown attraverso il calo del fatturato. Sto iniziando anche a preoccuparmi del cibo, dato che i rifornimenti sono molto lenti (per esempio, le merci vengono spedite meno frequentemente dagli altri paesi in lockdown). Il mio unico hobby era quello di fare fitness e sala pesi che non posso più praticare a causa della chiusura delle palestre. I weekend esco per fare escursioni, ed è una buona pausa dallo stare in casa. Non mi entusiasma il fatto di non poter uscire da Hong Kong ma spero che per giugno riusciremo ad aprire alcune frontiere. Per il resto sono molto curiosa di vedere come cambierà il mondo a causa di questa pandemia.

Come ha influito la pandemia sulle proteste?

Le proteste che hanno interessato Hong Kong nei mesi scorsi si sono fermate perché i cittadini sono consapevoli dei rischi del Covid19, ma stanno pianificando di ricominciare appena passa la pandemia o comunque da settembre, in vista delle elezioni del Consiglio legislativo della Regione Amministrativa Speciale [il Parlamento di Hong Kong]. Inoltre, ogni 21 del mese viene commemorato lo “Yuen Long 2019 attack” (si ricorda quando, tra il 21 e il 22 luglio 2019, un gruppo di persone armate e vestite di bianco attaccò i passanti – compresa una donna incinta – con bastoni e spranghe a Yuen Long, con la polizia che arrivò solo quando erano ormai fuggite, ndr) e anche a marzo ci sono stati raduni e violenze.

Ieri hanno dichiarato che uno dei poliziotti che era stato nella zona delle proteste è risultato positivo al Covid e hanno messo in quarantena l’intera divisione per 14 giorni.

Immagini di Saema Rab e di Ben Cheung su pexels.com

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