Coronavirus e disinformazione
Scritto da Barbara Schiavulli in data Aprile 8, 2020
Le notizie false sono sempre esiste. Una notizia non vera, rispetto a un’altra, serve spesso a manipolare le decisioni delle persone, a controllare le loro paure, a confondere, a far sì che qualcuno si avvantaggi su qualcun altro. Niente di nuovo. Per chi segue i conflitti come la sottoscritta è la prima regola del corrispondente: in guerra tutti mentono e i giornalisti devono farsi strada tra la marea di informazioni non vere dalle quali vengono sommersi.
La pandemia ha preteso che ogni governo reagisse
Non si poteva pensare che non sarebbe accaduto anche durante la pandemia del coronavirus, un evento eccezionale che ha colpito il mondo e in qualche modo ha mostrato le reazioni di ogni singolo paese, delle sue genti, dei suoi medici, dei suoi politici. C’è stato chi non ci ha creduto, chi ha diffuso panico e virus, chi è stato repentino ad agire prima ancora di avere dei casi e chi non ci credeva e poi è finito in terapia intensiva. Nessuno nel mondo ha potuto evitare di reagire e nessuno è stato immune al martellamento di notizie false. Il rischio di disinformazione è molto alto in un mondo dove i giornali si sono dovuti in qualche modo isolare, dove tutto diventa difficile da verificare e, soprattutto, dove i social la fanno da padroni. Non ci sono vaccini per tutto questo.
In Nicaragua e Brasile due esempi di fake news
Ci sono due esempi abbastanza eclatanti, lontani da noi, ma piuttosto significativi avvenuti durante il fine settimana in Sudamerica. Grazie alla giornalista Valentina Barile che collabora con Radio Bullets, la scorsa settimana abbiamo provato a sentire i suoi contatti nel continente per cercare di capire cosa stesse accadendo. Esattamente come in Europa, non c’è stata una risposta comune, ogni governo ha fatto come pensava fosse giusto. Il Panama e il Perù si sono inventati un lockdown di genere, dove maschi e femmine escono a giorni alterni. Il Brasile ha fatto finta che non stesse capitando niente e sono state alcune gang che controllano le favelas a chiuderle. L’Ecuador, che invece non ha nascosto il pandemonio che è esploso, ha mostrato le bare di carta in cui vengono riposti i cadaveri dei poveri raccolti dalle case dall’esercito. In Venezuela si teme ancora che la pandemia possa fare una strage, in un paese dove il sistema sanitario era al collasso prima ancora che tutto questo cominciasse e ora non si è sicuri dei casi positivi in quanto nessuno si fida dei dati ufficiali perché l’amministrazione Maduro non sarà di sicuro ricordata per la sua trasparenza.
Ma veniamo alle due notizie che sono balzate agli onori delle cronache nel giro di poche ore nella regione, anzi forse più all’estero che nei rispettivi paesi. Sabato, primo aprile (giorno del Pesce d’Aprile), sono giunte voci che il capo di Stato Maggiore dell’Esercito del Brasile, Walter Sousa Braga Netto, appoggiato dai militari, avesse deposto il presidente Jair Bolsonaro e si fosse dichiarato presidente ad interim, essenzialmente un colpo di Stato dove però Bolsonaro rimaneva figura presidenziale. Queste voci di corridoio sono partite da un sito di notizie diffuse da un editorialista argentino e riprese da vari media stranieri tra cui la cubana Prensa Latina.
Domenica mattina invece, si è sparsa la voce che il presidente Daniel Ortega potesse essere morto o che stesse veramente molto male e fosse stato trasportato dal Nicaragua a Cuba per essere ricoverato.
Trascorre un altro giorno, dove si attendono conferme, anche noi le cerchiamo e in alcuni casi, letteralmente “svegliamo” colleghi in Brasile, in fondo la notizia di un colpo di Stato, è una notizia importante, eppure nessuno dei locali sapeva darci una risposta certa. “Sicuramente Bolsonaro, che nega la pandemia e invita la gente ad uscire, ha tutti i governatori contro, ma altro non posso dire”, ci ha detto un collega brasiliano dopo il primo caffè della giornata. Lunedì non è arrivata alcuna conferma di queste voci che, a meno che non arrivino mentre sto scrivendo questo pezzo, possiamo considerare inconsistenti.
Quando la disinformazione politica sfrutta la realtà
Quello che è interessante però è come delle voci abbiano spazzato via la realtà a così alto livello. Non stiamo parlando di disinformazione sul coronavirus, su come si diffonde o su come prevenirlo che può lasciar spazio a diversi punti di vista. Questi due fatti mostrano come la disinformazione politica sfrutti la situazione attuale.
E questo ci pone delle domande su come risponderà la gente che già poco si fida dei governi e come reagiranno i governi per controllare la diffusione di notizie false. Nelle Filippine e in Indonesia ti arrestano, in altri posti di multano. In Giordania, Oman e qualche altra nazione mediorientale hanno fermato la produzione dei giornali. Insomma, in poche parole, il rischio è la censura, l’ultima cosa di cui la gente ha bisogno in questo momento che, chiusa in casa, necessita di informazioni trasparenti e concrete.
Naturalmente alcune notizie false sono facili da individuare, sono, invece, quelle che contengono elementi di verità che rischiano di diventare potenti. Il rifiuto di Bolsonaro di riconoscere e rispondere alla pandemia rasenta l’assurdo, ma è vero che il presidente si sta scontrando duramente con gli scienziati e membri del suo governo, perfino con i militari per quanto riguarda la risposta al Covid-19. Si è parlato di un suo potenziale impeachment così come di sondaggi sulle dimissioni del presidente, cosa che i brasiliani per il momento non sembrano volere. Le condizioni precarie di salute di Ortega e il fatto che lui non si faccia vedere pongono interrogativi sul vuoto di potere all’interno del suo governo. Queste voci si diffondono perché rappresentano una potenziale logica progressione dell’attuale narrativa di ciascun paese, suonando credibili, e diventano difficili da contrastare.
I governi poco trasparenti sono più esposti alle fake news
L’opinione pubblica in genere ha un impatto sui poteri presidenziali e una presidenza vittima di una campagna di disinformazione può perdere capitale politico. I rivali politici, se non sono già coinvolti in questo, possono anche vederne un’opportunità se si percepisce la debolezza di un leader. I governi, la cui legittimità viene sfidata da voci diffuse dai social media, possono reagire in modo sproporzionato per dimostrare il proprio controllo.
La realtà è che i governi che non comunicano in modo trasparente con la gente sono più esposti alle potenziali campagne di disinformazione. Quando la gente pensa che un governo menta rende più plausibili i tentativi di disinformazione. Il governo del Nicaragua non è stato chiaro sui numeri di casi e sulla serietà del problema nel paese, così come la sottostima del virus dal parte di Bolsonaro è stata ampiamente ridicolizzata.
Usare la censura per combattere la disinformazione ne crea altra
Lo accennavo prima, alcuni governi potrebbero cercare di fermare la diffusione delle voci o delle informazioni che sono ritenute negative per la reputazione di un governo, vere o false che siano. La censura e l’intimidazione dei giornalisti da parte dei governi potrebbe essere considerata legittima a causa della dinformazione durante questa crisi sanitaria. Lo abbiamo già visto in questi anni, in cui politici populisti hanno tentato il mantra delle fake news per screditare i rivali politici e i media critici. E se, in tempi politici normali, è abbastanza evidente chi “grida al lupo”, nel pieno di una crisi globale è tutto più complicato.
Il miglior modo per combattere le dicerie è dare regolari, puntali, affidabili e vere informazioni sul virus e sulla situazione politica di un paese. La censura dei media è non solo moralmente sbagliata, ma aumenterà i casi di voci sui social media, che solo i giornalisti possono confutare. Come in questo caso. I governi e le testate giornalistiche hanno il dovere di respingere le notizie false che possono causare danni alla salute pubblica. Se normalmente bisogna verificare, ora bisogna verificare le notizie ancora di più.
Tutti possono essere vittime di campagne di disinformazione
E questo vale per ogni paese del pianeta, non solo in Sudamerica. Tutti possono essere potenziali vittime della disinformazione. Vero, però, che alcuni paesi sono più vulnerabili proprio per la loro situazione politica. Un paese come il Venezuela, per esempio, dove l’amministrazione Maduro ha dimostrato di mentire sulla situazione sanitaria del paese ben prima dello scoppio del virus, è a rischio di disinformazione più di altri. Voci di rimozione di un presidente o della sua presunta morte sono un forma politica estrema di disinformazione. Dove i governi non sono completamente stabili, queste voci hanno terreno fertile nel pieno della crisi attuale. Senza contare che la gente chiusa a casa vive, attraverso i dispositivi elettronici, una realtà virtuale falsata che rischia di diventare più vera di quella reale e amplificare un singolo evento, è un attimo per i leoni da tastiera con cattive intenzioni.
Foto di copertina: Photo by engin akyurt on Unsplash
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