Di tennis di politica e di anni 70 – Lato B
Scritto da Giuliano Terenzi in data Maggio 24, 2020
Invece di leggere prova ad ascoltare: la musica e gli inserti presenti nel podcast renderanno l’esperienza più coinvolgente!
L’ascolto e la lettura sono sconsigliati se non avete sentito o letto il “lato A” di questa storia di sport. Qui il link
Una situazione di stallo
L’impasse è pesante e la politica è spaccata: il partito comunista di Enrico Berlinguer, così come tutta la sinistra extraparlamentare, è contraria alla spedizione in Cile e cerca in tutti i modi di fare ostruzionismo; dai cortei di piazza si alzano gli slogan “non si giocano volée contro il boia Pinochet” e “non si mandano i tennisti a giocare coi fascisti” oltre agli ingenerosi “Panatta milionario, Pinochet sanguinario”. Nel frattempo, il terzo governo democristiano di Andreotti – stranamente – tentenna e preferisce non schierarsi, demandando la decisione finale all’organo sportivo di competenza ovvero il CONI dal quale, però, non arrivano disposizioni chiare e definite, anzi, rimpallano la decisione alla Federazione Italiana Tennis che, impreparata a gestire una situazione così complicata, cerca di prendere tempo. Tra i più determinati per far partire la spedizione c’è Nicola Pietrangeli, il capitano non giocatore della nazionale di tennis, che non perde occasione tra radio, televisioni e interviste sui quotidiani di sottolineare la divisione che deve esserci tra sport e politica, cercando così di fare breccia sull’opinione pubblica.
La svolta di Berlinguer
La persona decisiva per sbloccare questa situazione di stallo ed incertezza è il segretario del partito comunista Enrico Berlinguer il quale, dopo essere stato tra i sostenitori del boicottaggio, cambia idea, condizionato dalle parole di uno dei leader comunisti cileni in esilio: Luis Corvalan. Dal Cile, infatti, iniziano a filtrare da parte del partito comunista cileno delle informazioni secondo le quali un eventuale boicottaggio avrebbe potuto rafforzare il regime di Pinochet, dando vita a manifestazioni nazionalistiche di appoggio al regime. Il leader Corvalan è in esilio ma ha ben chiara la situazione e riferisce a Berlinguer:
“Andate in Cile e batteteli per non farne una festa di regime”.
Con il benestare di Berlinguer in molti si schierano a favore della spedizione, anche la Gazzetta dello sport fa retromarcia: se alcune settimane prima la rosa titolava “Perché no!” ora, pubblica un pezzo che legittima la partecipazione degli azzurri alla finale. Paolo Galgani, da poco presidente della Federazione italiana tennis, ora sente di avere le spalle coperte e dà – finalmente – l’ok definitivo. L’Italia andrà in Cile a giocarsi la finale della Coppa Davis.
Dopo ben 23 ore di volo la nazionale italiana arriva a Santiago del Cile che, in quei giorni, sembra una città perfetta: accogliente, festosa e pacifica e l’accoglienza per i tennisti italiani è impeccabile sotto tutti i punti di vista; peccato che Panatta capisce che la situazione è molto più complessa e felice di come appaia a primo acchito.
Finalmente si gioca
È il 18 dicembre 76. È arrivato finalmente il grande giorno. Sul pullman, scortato dalla polizia cilena, gli azzurri, accompagnati dalle rispettive famiglie, si dirigono verso lo stadio di Santiago del Cile. Pinochet non è presente sulle tribune ma poco importa: è arrivato il momento di giocare a tennis e di provare a fare la storia. Gli avversari da battere sono Fillol, Cornejo e Prajoux, capitanati da Luis Ayala, tennista, vecchio rivale di Pietrangeli contro il quale l’italiano ha vinto la finale del Roland Garros del ‘59. Ayala, racconta Pietrangeli, è un tipo piuttosto arrogante e presuntuoso ma soprattutto è convinto di poter vincere la Coppa.
Il primo incontro in programma vede opposti Barazzutti e Fillol, il numero uno cileno. Vista l’importanza della posta in palio, la partita, durata poco più di due ore e mezzo, è tutt’altro che entusiasmante dal punto di vista tecnico ma Barazzutti riesce a fare valere la sua maggiore caratura. Uno a zero per gli azzurri. Ora è il turno di Panatta che, battendo Cornejo, avrebbe la possibilità di portare l’Italia subito sul 2-0 e di mettere, quindi, una seria ipoteca sulla vittoria finale. Il tennista romano non delude le attese e con una partita dominata dall’inizio alla fine regola l’avversario in soli 3 set (6-3 / 6-1 / 6-3). A questo punto all’Italia basterebbe soltanto un’altra vittoria per aggiudicarsi la coppa e ci sono ancora ben tre incontri da disputare, fra cui il doppio, vera specialità in casa azzurri, che si giocherà il giorno successivo.
Sugli spalti il tifo si scalda ed è pronto ad assistere ad un incontro che potrebbe essere decisivo. Ma all’ingresso in campo degli azzurri i presenti allo stadio notano immediatamente qualcosa di insolito: gli azzurri non sono azzurri. Panatta e Bertolucci, infatti, indossano due sgargianti magliette rosse.
La provocazione di Panatta: si gioca con le magliette rosse
Indossare le maglie rosse è un gesto coraggioso e potente, fatto per esprimere un forte dissenso verso la dittatura di Pinochet, forse un gesto di provocazione più importante del boicottaggio stesso. L’inizio dell’incontro è previsto per le 19:30 italiane ma in Italia, viste le polemiche passate, c’è il timore che il regime cileno possa sfruttare propagandisticamente la finale di Davis in casa propria, per questo motivo la RAI ha preso la decisione di trasmettere gli incontri in leggera differita; in questo modo se sulle tribune si fosse palesato qualcosa di propagandistico per il regime ci sarebbe stato il tempo di interrompere le trasmissioni, scongiurando il rischio che l’evento sportivo facesse da cassa di risonanza a Pinochet. Tutto giusto, direte voi. Una misura di prevenzione corretta e necessaria, se non fosse che questa lieve differita genera una situazione di malcontento fra gli spettatori appassionati visto che, nel momento in cui Guido Oddo, il telecronista RAI dell’epoca, si collega per iniziare la telecronaca della partita, l’Italia ha già vinto la coppa e, proprio in quel momento, sta facendo il giro di campo. Oddo non se la sente di non dare la notizia in diretta e pensa bene di annunciare che gli azzurri hanno vinto la partita appena prima che l’incontro venga trasmesso e commentato. Uno spoiler in piena regola insomma, giustificato solo in parte dalla portata unica dell’evento. Nonostante tutto, però, la sostanza non cambia: malgrado avessero perso il primo set, Panatta e Bertolucci strapazzano gli avversari cileni e chiudono la partita in quattro set.
Sconfitti per 4-1 i cileni, per la prima volta in 76 anni le 217 once d’argento della Coppa Davis finiscono nella bacheca del tennis Italiano: un avvenimento da scrivere nei libri di storia che ancora oggi non si è mai ripetuto. Una storia affascinante che racconta di un trionfo memorabile che ha avuto anche il merito di rendere il tennis uno sport popolare. La storia dei quattro moschettieri: Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli.
Inserti audio: La grande storia RAI, Magliette rosse di Calopresti.
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