Di tennis di politica e di anni 70 – Lato A

Scritto da in data Maggio 17, 2020

Invece di leggere prova ad ascoltare: la musica e gli inserti presenti nel podcast renderanno l’esperienza più coinvolgente!

Siamo nel 1976 e si stanno per disputare le Olimpiadi di Montreal quelle in cui gareggia Nadia Comaneci la quale, per la prima volta nella storia dei Giochi, riceve un 10 dalla giuria. Quelle in cui gareggia Edwin Moses che cambia, per sempre, la storia dei 400m ostacoli e quelle in cui gareggia l’italiano Klaus Dibiasi che, per la terza volta consecutiva, vince l’oro nei tuffi dalla piattaforma. Quelle in cui non gareggia nessun atleta di ben 27 paesi africani che non partecipano alle olimpiadi di Montreal del ‘76 in segno di protesta contro la decisione della nazionale di rugby neozelandese che, pochi mesi prima delle olimpiadi, ha giocato una partita in Sudafrica, dove c’è l’apartheid. Questo gesto eclatante si inserisce perfettamente nel contesto socio politico mondiale degli anni 70: forse uno dei periodi più oscuri e complicati dal secondo dopoguerra. Sono gli anni dello scandalo Lockheed, roba di tangenti e corruzione che coinvolse anche l’Italia, della guerra fredda e dell’operazione Condor, una massiccia operazione politica, orchestrata dal governo americano e dalla CIA, volta sia a limitare l’influenza socialista e comunista negli stati sudamericani, sia a favorire le giunte militari e gli organi di repressione. In questo contesto il tennista romano Adriano Panatta, figlio di un custode di un centro sportivo in zona Parioli a Roma, sta affermandosi nel panorama tennistico internazionale.

I trionfi di Panatta

Nel 1976 Panatta vince per la prima volta gli internazionali di tennis di Roma, uno dei tornei ATP più prestigiosi, battendo l’argentino Vilas, tennista poeta famoso anche per essere un playboy (ebbe anche una storia con la principessa Carolina di Monaco). Per Panatta quella di Roma è la più bella vittoria della sua carriera almeno fino a quando, il mese dopo, vince il Roland Garros contro lo statunitense Solomon, uno specialista sulla terra rossa, molto resistente e “pallettaro”, come si usa dire in gergo quando si vuole indicare un tennista con pochi spunti, abile quasi esclusivamente nel gioco da fondo campo. Per Panatta la vittoria in un torneo dello slam è una consacrazione anche perché, con i trionfi di Roma e Parigi, è riuscito ad eguagliare le vittorie di un altro grande del tennis, Nicola Pietrangeli il quale, quell’anno, è capitano non giocatore della nazionale italiana nella Coppa Davis.

Coppa Davis: Italia-Svezia

Nel luglio dello stesso anno, nel caldo asfissiante di Roma, si gioca proprio una partita di Coppa Davis. Dopo le facili vittorie contro Polonia e Jugoslavia, l’Italia deve vedersela con la temibile Svezia ma, per la prima volta a distanza di anni, si ha la sensazione che, dopo le delusioni delle finali perse ai tempi in cui Pietrangeli impugnava ancora la racchetta, gli azzurri possano finalmente dire la loro e alzare al cielo l’insalatiera d’argento, il premio che si vince trionfando nella Coppa Davis. Il campionissimo svedese Bjorn Borg, fresco vincitore di Wimbledon, non partecipa a causa di un infortunio e questo non fa altro che spianare la strada all’Italia: Panatta, Barazzutti e Bertolucci si sbarazzano degli avversari senza troppi affanni. Nel turno successivo, sempre al meglio dei tre incontri, l’Italia dovrà vedersela contro gli inglesi, a casa loro, nel tempio del tennis mondiale: sull’erba di Wimbledon. L’erba non è affatto un terreno facile per chi non è abituato e gli inglesi lo sono certamente più degli italiani i quali, storicamente, non hanno mai avuto gran fortuna sulla superficie verde: Pietrangeli arrivò al massimo a giocare una semifinale, nel ‘60, mentre Panatta non andò mai oltre i quarti di finale.

Wimbledon: il tempio del tennis

Nel primo incontro singolare della sfida tra Inghilterra e Italia, il capitano Pietrangeli decide, un po’ a sorpresa ma con ragione, di schierare Antonino Zugarelli al posto di Barazzutti. La storia di Zugarelli meriterebbe un capitolo a parte: cresciuto a Roma, nella borgata di Tor di Quinto, ha sempre dovuto guadagnarsi il pane, ogni giorno. La sua passione sportiva è il calcio e riesce, diciassettenne, anche a farsi notare dalla Roma che lo acquista ma lo gira immediatamente all’Almas in serie D. Zugarelli è deluso e smette subito con il pallone. Trova un impiego nei circoli sportivi come raccattapalle e palleggiatore e si scopre molto portato per il tennis; anche se non gli piace per niente – “lo odiavo” racconta in una recente intervista – lo sfrutta perché, parole sue: “è stato l’unico modo che ho trovato per togliermi di dosso l’umiliazione, la frustrazione della povertà, ma non sono mai riuscito a innamorarmi di questo sport”. Zugarelli non fa della resistenza e della potenza i suoi punti di forza ma ha dalla sua un grande talento e tanta tecnica che gli permettono di arrivare a giocare con i tennisti italiani più grandi di sempre nonostante, dettaglio non trascurabile, gli manchino due falangi della mano destra, perdute in un incidente di lavoro; vanta più di cinquanta convocazioni con la nazionale italiana e poco importa se viene schierato in non più di dieci occasioni, anche a causa di un rapporto burrascoso e conflittuale con il capitano Pietrangeli; in una di quelle poche volte riesce comunque ad essere decisivo per l’Italia. Torniamo a Wimbledon e alla sfida contro il favorito Roger Taylor, numero uno inglese: Zugarelli gioca divinamente e vince in quattro set il primo incontro. E bravo Tonino.

La seconda partita vede opposti Adriano Panatta e John Lloyd e a vincere è il tennista romano che batte l’avversario in cinque set. Mancherebbe soltanto la vittoria nel doppio per consentire all’Italia di passare il turno ma la collaudata coppia Bertolucci-Panatta, nonostante conducesse il match per due set a uno, perde prima il quarto set 18-16 e poi capitola nel quinto: vincono gli inglesi che accorciano le distanze fissando il punteggio del computo totale degli incontri sul 2-1. A chiudere definitivamente i conti ci pensa Panatta il giorno successivo: dopo aver perso il primo set in favore di Taylor, vince agevolmente i successivi tre chiudendo il match con uno spettacolare punto in tuffo dopo un eccezionale “serve & volley”. Nell’ultimo match, inutile ai fini del passaggio del turno, visto che gli azzurri sono già qualificati, Zugarelli si toglie comunque la soddisfazione di battere John Lloyd.

La semifinale contro l’Australia

Nel turno successivo la nazionale italiana deve vedersela con l’Australia. Gli azzurri iniziano con il piede giusto grazie alla vittoria in tre set di Barazzutti contro Newcombe ma gli australiani pareggiano subito i conti con Alexander che vince contro Panatta nel secondo incontro della prima giornata. Molti errori non forzati e più di qualche doppio fallo, saranno dodici a fine gara, costano la partita al tennista romano. A questo punto è decisivo l’incontro di doppio in cui, pur non avendo il favore dei bookmakers, Panatta e Bertolucci battono seccamente in tre set la coppia Newcombe-Roche. L’Italia è avanti due a uno e ha l’occasione di archiviare la pratica già il giorno successivo ma Barazzutti perde al quinto set contro Alexander. Per stabilire chi passerà il turno guadagnandosi la finale bisogna aspettare la quinta e ultima partita tra Panatta e Newcombe: l’australiano vince il primo set 7-5, Panatta, prima pareggia i conti vincendo 8-6 il secondo set, e poi, il giorno successivo, visto che non c’era più luce sufficiente per giocare, chiude i conti vincendo il quarto e il quinto set.

L’Italia trionfa, l’Italia è in finale dopo 15 anni: per vincere l’insalatiera d’argento della Coppa Davis, dovrà vedersela contro la nazionale Cilena a Santiago del Cile.

Il colpo di stato di Pinochet

Grazie anche all’operazione Condor a cui ho fatto riferimento all’inizio, in Cile è salito al potere Augusto Pinochet il quale, nel settembre del ’73, con il suo esercito, ha circondato il Palacio de La Moneda in cui si trovava il legittimo presidente in carica il leader marxista Salvador Allende che, per evitare la cattura, decise di togliersi la vita con un kalashnikov che, secondo alcuni racconti, gli era stato regalato dal suo amico Fidel Castro. Pinochet, quindi, sostenuto dagli Stati Uniti in funzione anticomunista, sale al potere e per il Cile comincia un periodo di repressione che prevede lo scioglimento di tutti i partiti di opposizione e l’arresto e la reclusione di dissidenti ed oppositori politici. Usando un eufemismo possiamo dire che contare i morti è complicato: il paese è dilaniato da violenze, sparizioni, torture ma questo, seppur necessario secondo Pinochet, non fa bene all’immagine del Cile nel mondo; è questo il motivo per cui, proprio come Hitler con le Olimpiadi del ’36 a Berlino e come farà alcuni anni dopo Videla in Argentina, Pinochet vuole sfruttare la funzione propagandistica dello sport perché sa che può essere uno strumento molto efficace sia per guadagnare consensi sia per anestetizzare le coscienze; quindi, quale migliore occasione se non la Coppa Davis?

Il Cile non è in finale per meriti sportivi, almeno, non solo per quelli. L’URSS, che avrebbe dovuto giocare la semifinale contro i cileni, infatti, ha deciso di non presentarsi all’incontro in segno di protesta contro il regime militare di Pinochet. In Italia il dibattito è aperto: molti vorrebbero che gli azzurri seguissero l’esempio dell’unione sovietica, altri, invece, spingono affinché si giochi la partita. Il dibattito coinvolge tutto il paese: dai normali cittadini che organizzano manifestazioni di protesta, agli esponenti politici fino ai personaggi dello spettacolo tra cui Domenico Modugno il quale, durante questo dibattito che dura da mesi, (la finale è in programma a dicembre e l’Italia si è guadagnata l’accesso a settembre) scrive una sorta di ballata in cui è chiaro il suo pensiero sulla questione:

Non si giocano volée con il boia Pinochet

Come finirà questa vicenda? L’Italia andrà in Cile oppure rinuncerà alla possibilità di giocarsi il titolo? Per scoprirlo dovrete aspettare il prossimo episodio di Sportcast che arriverà la prossima settimana. Ora, un consiglio: se siete tra i pochi a non sapere come è andata finire questa storia, evitate di cercare in giro e godetevi la suspense. Per chi, invece, sa benissimo cosa accadde vi raccomando comunque l’ascolto o la lettura: sono sicuro che apprezzerete gli inserti e gli aneddoti che ho in serbo per voi.

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Di tennis di politica e di anni 70 – Lato B

Inserti audio: La grande storia, Memory Rai Sport

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