L’economia di baci e abbracci

Scritto da in data Maggio 13, 2020

I dati sul Covid ci confondono. Ma qualcosa possiamo fare.

Qualche settimana fa avevamo colto l’occasione per applicare l’approccio Radio Bullets ai dati epidemiologici sul coronavirus. Ovvero, per “bucare il silenzio”  in cui forse troppo spesso molti media relegano la comparazione dei dati italiani con quelli relativi alla situazione nel resto del mondo. Ci eravamo limitati all’Europa, in particolare, notando come il confronto tra la ‘conta” dei contagiati rischia di essere falsato se non si considera anche la frequenza e il modo con cui questa “conta” avviene, cioè le densità di test sulla popolazione, espressa in particolare con il numero di test effettuati ogni 1.000 abitanti.

Torniamo a dare un occhio ai dati d’insieme del continente Europeo, come elaborati anche in questo caso da OMS Europe e  Ourworldofdata. Rispetto alla volta precedente, si nota come siano entrati in scena – loro malgrado – paesi che in precedenza era stato poco più che lambiti dal virus: su tutti Russia, Regno unito e – in misura minore – Turchia.

Quanto dipende dalla densità di tamponi questa variazione di scenario?

Dal grafico seguente potremmo dedurre che la Russia oggi registra più casi anche perché probabilmente ne effettua di più rispetto a un mese fa. Molto più del Regno Unito e della Turchia, ad esempio; anche di Germania, Francia e Spagna, che pur figurano da tempo tra i paesi intensamente colpiti dal virus; e anche della Svezia, che nelle ultime settimane è stata motivo di discussione per la strategia molto poco restrittiva.

L’Italia figurava e figura tutt’ora tra i paesi a maggior densità di tamponi, Al 9 di maggio facevano di più solo Portogallo e Danimarca, su scala europea. E’ del resto, anche una delle nazioni più provate dal “case fatality rate”, ovvero dalla frequenza con cui i decessi seguono l’accertamento del contagio: più della media del continente, come del resto fa la stessa Svezia, la Francia e l’Olanda.

Come già il mese scorso, resta in piedi l’impressione che il quadro effettivo dei contagi sarebbe diverso se tutti i paesi effettuassero tamponi con la stessa intensità.  Non solo: a farci prendere con le molle i dati che riguardano l’epidemia dovrebbe indurci anche la constatazione che rilevazione e diffusione dei dati non  seguono le stesse identiche dinamiche.

Diffusione e intensità del virus

Tra le poche certezze continua ad essercene una, che in realtà è…un’incertezza:  la diffusione e l’intensità del virus sono probabilmente frutto di svariati fattori, un negativo cocktail in cui l’incidenza di un ingrediente e dell’altro probabilmente varia – e anche di molto – da paese a paese.

Come anche altrove si sta mettendo in risalto, le misure di  prevenzione variano presumibilmente di efficacia, passando da un contesto all’altro, e forse anche da un periodo all’altro. Di certo, molte di queste misure hanno cambiato pesantemente la quotidianità della popolazione, anche nei piccoli gesti. Anche quei gesti che per alcuni di noi hanno un grande significato: si pensi al non poter andare nei luoghi di culto per i praticanti delle religioni, siano essi cattolici o musulmani.  Ma si pensi anche solo alle effusioni condivise con le persone più care.

A proposito di effusioni, tra gli epidemiologi c’è chi indica nella tendenza a “mantenere le distanze” diffusa in alcune società un importante fattore di prevenzione. Tra i paesi in cui la diffusione del virus per ora è stata piuttosto contenuta ci sono ad esempio Thailandia e India, dove normalmente  le persone si salutano senza contatti, unendo i palmi delle mani come si fa nelle preghiere. Mentre in Giappone e in Corea del Sud le persone si salutano con un inchino, e avevano già l’abitudine di indossare spesso le mascherine in caso di malessere, anche prima del Cvirus.  Come detto, la certezza è l’incertezza: ci sono anche paesi del Medio oriente dove l’abitudine  di abbracciarsi e stringersi le mani è invece assai diffusa. Eppure finora i contagi sono rari.

Abitudini che cambiano

E però, se è vero che qualcosa dovremo pur imparare da questo periodo, al punto da cambiare possibilmente in meglio le nostre abitudini, qualche passo in questa direzione potremmo iniziare a compierlo. Magari proprio ora, con una fase 2 al debutto  e – si spera – una fase 3 all’orizzonte. Magari cominciando proprio da baci, abbracci, strette di mano. Che sono un diritto ed un valore inestimabile quando sono scambiati sinceramente con persone per le quali proviamo qualcosa. Ma che troppo spesso sono anche espressione di un convenevole gratuito, e poco più.

Pensiamoci un attimo: fino al mese di febbraio 2020, quante strette di mano puramente formali eravamo abituati a scambiarci, nell’arco della settimana? Quanti baci sulla guancia più o meno distaccati e finti, messi in atto alla vista di parenti di ennesimo grado,  o di conoscenti cui fingevamo di sorridere? Quante di tutte quelle effusioni erano realmente sincere, e quante indotte da  convenzione?

Se la maggior parte erano del secondo tipo, vuol dire che probabilmente abbiamo un grosso potenziale di miglioramento alla nostra portata. Quando tornerà ad essere consentito e gradito scambiarci effusioni, facciamone economia. Concentriamoli sulle persone e le occasioni realmente “vicine”. Limitiamoci quando possibile ad esprimere i nostri sentimenti con la faccia o anche solo con gli occhi, come ci siamo allenati a fare in queste settimane. Così facendo non è detto che limiteremo nuovi contagi, ma saremo probabilmente più sinceri. E se un domani, sfortunatamente, dovessimo tornare ad indossar mascherine, ci costerà meno farlo.

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