Proteggere la prima linea

Scritto da in data Maggio 13, 2020

 

Allo studio tessuti high tech per la protezione da virus e agenti chimici o batteriologici pericolosi. Si costruiscono così, in laboratorio, i materiali protettivi per tutti coloro che operano in prima linea, che si trovino sui fronti di battaglia o lungo le corsie degli ospedali.
Musica: “Protection” di Massive Attack
Foto di Kevin Olson da Unsplash

Tessuti intelligenti studiati in laboratorio per proteggere da virus, armi chimiche e pericolosi contagi. Se c’è qualcosa di buono che possiamo trarre dalla pandemia da coronavirus è lo studio di sistemi per la protezione della salute, soprattutto di coloro che sono in prima linea, i più esposti in caso di contagio o di attacco chimico: dagli operatori sanitari ai militari.

Tessuti high tech traspiranti solo quando serve

Tra gli innumerevoli studi che sono in corso in tutto il globo, quello condotto negli Stati Uniti presso il National Laboratory (LLNL), in collaborazione con il MIT (Massachusetts Institute of Technology), è particolarmente interessante. Il gruppo di ricercatori guidato da Francesco Fornasiero sta studiando una nuova tipologia di tessuti high tech i quali permettono di proteggere da virus, infezioni, agenti chimici o batteriologici.

Sono caratterizzati da due elementi:

  • uno strato formato da trilioni di nanotubi di carbonio
  • una membrana costituita da polimeri adattivi.

Immagine di Ryan Chen (LLNL).

Piccoli pori che si aprono e chiudono

Il loro punto di forza sono proprio i nanotubi di carbonio a parete singola, ovvero formati da uno solo strato di carbonio, conosciuti anche con il loro acronimo inglese SWNT (Single-Walled carbon NanoTube). Si tratta di strutture cilindriche, di dimensioni microscopiche, che hanno una spiccata permeabilità all’umidità. Una caratteristica che, come hanno dimostrato i ricercatori, aumenta al diminuire del diametro dei pori. In sostanza più stretti sono e più velocemente le molecole di acqua vi passano attraverso, mentre gli agenti biologici non riescono a penetrare.
Il problema potrebbe presentarsi però in caso di agenti chimici che, avendo dimensioni più piccole, potrebbero riuscire a entrare nei pori del tessuto. Ecco quindi che interviene il secondo elemento di questi innovativi tessuti high tech: la membrana polimerica adattiva.
In un ambiente sicuro, le catene dei polimeri rimangono estese permettendo il passaggio del vapore acqueo, dunque la traspirazione. Mentre nel momento in cui entrano in contatto con una sostanza chimica pericolosa reagiscono collassando sulla superficie della membrana, ostruendo così i pori dei nanotubi.
Una barriera intelligente, quindi, capace di reagire a precisi stimoli, adattandosi all’ambiente esterno e proteggendo la persona che l’indossa, finché ce n’è necessità. L’occlusione dei pori è un processo reversibile.

Sulla pelle di militari, medici e infermieri

I tessuti high tech realizzati con queste tecnologie si dimostrano ideali per garantire dispositivi di protezione individuale (DPI) efficaci e anche più confortevoli, senza risultare soffocanti. Sono pensati per i militari in missione e per medici e infermieri. Costituiscono quindi una soluzione che ben si adatta anche alle esigenze di protezione che sono richieste in questi mesi al personale che lotta ogni giorno contro il Covid-19.

I risultati di questa prima fase sono stati pubblicati sulla rivista Advanced Functional Materials, ma il progetto ora proseguirà. L’intento è di adattare il materiale ad altre minacce chimiche e renderlo estensibile, affinché aumenti la propria vestibilità e diventi – come affermano i ricercatori stessi – una vera e propria “seconda pelle”.

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