Il coronavirus e le sfide alla MacGyver

Scritto da in data Aprile 29, 2020

 

L’IIT ha progettato un avatar semi autonomo, costruito con robot aspirapolvere e tablet, per la telepresenza e la comunicazione con i pazienti infetti. Mentre dall’Università di Milano-Bicocca arriva il brevetto di un circuito anti spreco per la ventilazione polmonare. Soluzioni ingegnose che utilizzano quanto è già disponibile per affrontare l’emergenza coronavirus.
Musica: “MacGyver” di Randy Edelman

Quanti abbiano memoria del telefilm degli anni Ottanta “MacGyver”, si ricorderanno dell’omonimo protagonista della serie: un agente dell’intelligence statunitense che riusciva a districarsi da situazioni impensabili escogitando soluzioni ingegnose. La sua particolarità era di sfruttare solo ciò che aveva a disposizione. Con un coltellino svizzero, un po’ di nastro adesivo, l’anima della carta igienica e una gomma da masticare, sarebbe stato in grado di costruire un razzo Saturn da fare invidia alla NASA. Il tutto – ovviamente – tra una pubblicità e l’altra…
Ma senza volere scomodare l’indiscusso ingegno di MacGyver, la capacità di creare nuove soluzioni con mezzi e strumenti conosciuti, destinandole a inaspettate funzionalità, diventa davvero molto utile in situazioni emergenziali, se non addirittura essenziale.

Da aspirapolvere a robot avatar

In questi giorni di inattività per molti, c’è chi ha continuato a lavorare, portando avanti progetti, sviluppando nuove idee e mettendo a disposizione tutta la propria competenza per trovare soluzioni rapide ai problemi creati o accentuati dall’epidemia di coronavirus.
Tra loro vi sono i ricercatori dell’IIT (Istituto italiano di tecnologia) che hanno dato il via a una serie di progetti per venire incontro alle necessità del momento, soprattutto a quelle del personale ospedaliero. Uno di questi riguarda la robotica. Si chiama LHF-Connect ed è un progetto per la realizzazione di un dispositivo di piccole dimensioni che possa permettere la cosiddetta telepresenza e la comunicazione in sicurezza con pazienti affetti da Covid-19 o, comunque, posti in isolamento. È realizzato utilizzando tecnologie destinate ad altro.
Cuore del progetto è il robottino aspirapolvere che si muove in autonomia e che diventa così la base di un avatar capace di spostarsi tra i corridoi dei luoghi di degenza, in totale sicurezza per gli operatori e per i pazienti stessi.
A completare l’opera due display video, che possono essere costituiti da tablet o da smartphone. Uno collegato alla parte alta dell’avatar, per permettere ai pazienti di parlare in videochat con il personale medico o con i propri parenti a casa. L’altro posto in basso, a livello del pavimento, per poter guidare in sicurezza il robot lungo il proprio percorso.
La gestione dell’avatar avviene, invece, da remoto, attraverso un apposito software da scaricare su una postazione pc, dalla quale il personale sanitario invia nella stanza del paziente l’avatar e gestisce le videochiamate.

Un esempio di robot avatar realizzato al centro Asfarm di Induno Olona secondo il progetto LHF-Connect dell’IIT.

Un progetto aperto

Per realizzare l’avatar del progetto LHF-Connect, in sintesi, servono:

  • un robottino aspirapolvere
  • due tablet o smartphone, uno per le videochiamate e uno per monitorare gli spostamenti
  • un cavalletto o una struttura di supporto per collocare i display
  • una postazione pc di comando su cui scaricare il software.

Il progetto è open source ovvero è aperto e modificabile. Gli scienziati dell’IIT l’hanno studiato in modo che, usando dispositivi in commercio online – come appunto gli aspirapolvere e i tablet – e scaricando semplicemente il software, fosse riproducibile dalle strutture di degenza in maniera autonoma e a un costo contenuto: circa 1.200 euro.
Non occorre certo essere esperti per realizzarlo, basta seguire i manuali e le istruzioni che si trovano sul sito web del progetto.

Un brevetto salva ossigeno

Il robot avatar dell’IIT non è l’unica innovazione pensata per sfruttare in emergenza ciò che già si possiede. In questi giorni è stato approntato un altro interessante progetto. Ne è coinvolto il laboratorio di Anestesia e Rianimazione dell’Università di Milano-Bicocca presso l’Ospedale San Gerardo di Monza.
L’idea è venuta al professore Giacomo Bellani, del dipartimento di Medicina e chirurgia dell’università milanese, e al dottor Andrea Coppadoro, medico al San Gerardo, che hanno studiato e brevettato un sistema per il recupero dell’ossigeno erogato dai ventilatori polmonari.

Giacomo Bellani (Università di Milano-Bicocca) e il dottor Andrea Coppadoro (Ospedale San Gerardo, Monza).

Il principio alla base del progetto è il non spreco. I due ricercatori hanno studiato un meccanismo che permette di riutilizzare l’ossigeno prodotto dai sistemi di ventilazione meccanica in uso normalmente sulle ambulanze o per i primi soccorsi. Il gas medicale vi è prodotto in quantità tali da non essere consumato completamente dal paziente. La parte restante quindi finisce per essere dispersa, inutilizzata, nell’ambiente, aumentando per altro il rischio di contagio per gli operatori sanitari.

Un kit di ricircolo adattabile ed economico

Il “kit di ricircolo” – come è stato ribattezzato dai due ricercatori – è formato da una bocca di recupero che, posta tra il generatore del flusso di ossigeno e il punto di fuoriuscita della frazione non consumata – chiamato dotto espiratorio –, recupera l’ossigeno in avanzo prima che questo finisca nell’ambiente. Un assorbitore di anidride carbonica ha invece il compito di purificare ulteriormente il gas, prima che venga reintrodotto nella camera di ventilazione perché possa essere così riutilizzato.
Un metodo adattabile ai dispositivi normalmente utilizzati su ambulanze e in ospedale che permette di sfruttare in toto una risorsa così preziosa come l’ossigeno, soprattutto in situazioni di emergenza.
Per realizzarlo, spiegano Bellani e Coppadoro, sono sufficienti materiali economici, ma è indispensabile trovare aziende che lo mettano in produzione.
La speranza degli ideatori è di poterlo mettere a servizio degli ospedali il prima possibile.
Insomma, soluzioni ingegnose che non hanno nulla da invidiare a quelle dell’agente MacGyver.

Foto in copertina: Sperimentazione a Pisa (10 aprile 2020) del robot avatar – progetto LHF-Connect.

Ascolta/leggi anche:

Il respiro del sub

Gli affetti sospesi

Tagged as

[There are no radio stations in the database]