Coronavirus in Africa, le voci di Amref

Scritto da in data Aprile 23, 2020

A lunedì 20 aprile, i paesi più colpiti dal coronavirus sono il Sudafrica, l’Egitto, l’Algeria, il Marocco e il Camerun. L’Organizzazione Mondiale della Sanità il 17 aprile ha lanciato un allarme: “Nell’ultima settimana i casi confermati di coronavirus in Africa sono aumentati del 51% e il numero delle morti accertate del 60%”, ma in mancanza di kit per i test “è verosimile che i numeri siano più alti” ha dichiarato il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Aumentano i numeri

“I numeri sono in crescita. Non sono impressionanti come quelli che stiamo vedendo in Italia, in Europa in generale o in America, ma dobbiamo stare in allerta. Dobbiamo studiare gli sviluppi della curva dei contagi e capire come evolve. Quindi essere molto cauti. Perché in prospettiva sarebbe davvero difficile poter contenere numeri così alti. Per effetto delle difficoltà nel fare rispettare il distanziamento sociale e della fragilità dei sistemi sanitari. Rafforzare le capacità dei laboratori di analisi e affiancare i governi nella comunicazione a tappeto è un lavoro da fare subito, non solo perché i numeri non crescano, ma perché dobbiamo provare a proteggere ogni vita”, ha detto Gugliemo Micucci, direttore di Amref Health Africa-italia. “Noi lo facciamo formando operatori di salute comunitari attraverso un’app, che si chiama Leap, e che nel solo Kenya ha dato formazione a circa 50mila operatori”. La app è utilizzabile attraverso telefonini sia base che smartphone.

Senegal

Mariem Sané / Amref

Intanto Mariem Sané dal Senegal ci ha raccontato: “Ogni giorno raggiungo 100 persone”. L’operatrice Amref nella regione Kolda spiega: “La vita di molte persone è stata danneggiata dal Covid e dalle misure del governo. Per esempio, le persone come i griot tradizionali – poeti e cantori che svolgono il ruolo di conservare la tradizione orale degli avi – o le persone il cui legame commerciale, in un contesto in via di sviluppo, riguardava le cerimonie. Queste persone non hanno più entrate, perché i loro guadagni quotidiani dipendeno dalle cerimonie familiari (matrimoni, battesimi). Imam e fedeli non hanno più accesso alle moschee, le domestiche non possono più gestire le loro piccole imprese, gli autisti si sono dimessi o hanno interrotto le proprie attività. All’inizio molti di loro erano riluttanti ad accettare le restrizioni governative, tuttavia, grazie alla comunicazione e alla divulgazione di informazioni all’interno della comunità, le persone hanno finalmente compreso queste misure restrittive implementate dal governo. Ma la minaccia rimane reale”. Mariem e gli altri operatori si muovono di mercato in mercato, ogni mattina a controllare se i punti con igienizzanti sono vuoti, e di casa in casa, con le informazioni per la lotta al Covid19.

Uganda

Emmanuel Ebitu / Amref

Emmanuel Ebitu, altro operatore Amref, racconta la paura generata dal Covid-19 in Uganda. Emmanuel è membro della task force distrettuale contro Covid-19 nell’area di Arua, regione in cui c’è il campo per rifugiati sud sudanesi Rhino Camp. “Mi ha colpito la morte di molti bambini e donne incinte, in seguito alla chiusura del Paese, a causa della mancanza di mezzi per raggiungere gli ospedali. La fame nelle famiglie, in quanto molti vivono di lavori manuali quotidiani. La stigmatizzazione di individui che hanno viaggiato di recente all’estero o sono risultati positivi al test per il Covid-19. Le segnalazioni di famiglie o individui inseguiti dalle comunità. L’interruzione dei farmaci per soggetti con problemi di salute come diabete, tubercolosi, HIV, pressione sanguigna. La mancanza di dispositivi di protezione individuale (DPI) per gli operatori sanitari in prima linea negli ospedali. Queste sono le cose che più continuano a addolorarmi di questa lotta”.

Kenia

Repha Kutai / Amref

Sono responsabile di oltre 500 famiglie qui a Kibera”. Repha Kutai è una Community Health Worker (CHW) – una operatrice di salute comunitaria, in una delle baraccopoli più grandi dell’Africa, nella capitale del Kenya, a Nairobi. Il suo lavoro in tempo di Covid-19, in uno spazio in cui è quasi impossibile parlare di distanziamento sociale, è quello di sfatare le false informazioni sul virus e, casa dopo casa, dare supporto alla lotta per la salute delle comunità. I CHW colmano il divario tra la comunità e il sistema sanitario formale. Sono membri delle comunità in cui operano. Conoscono le chiavi per un’educazione comunitaria e la promozione della salute. La comunità ha fiducia di persone come Repha e in lei trovano conforto.

 

Foto di copertina: Enock Osire, un operatore di Amref al lavoro

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