L’ingegneria del MIT e il sogno afgano

Scritto da in data Aprile 15, 2020

Ventilatori economici per il Covid-19 da usare solo in caso di emergenza. Dai cassetti del MIT, negli Stati Uniti, torna alla ribalta un vecchio progetto condotto anni fa da un team di ricercatori e divenuto ora attuale con l’epidemia dovuta al coronavirus. Un’idea prestata al mondo che un gruppo di giovani donne afgane ha raccolto e fatto proprio.
Musica: “She’s like the wind” (da Dirty Dancing) di Patrick Swayze
Photo credits: MIT E-Vent

Un ritmo cadenzato, preciso e continuo. È questo il respiro. Un atto involontario, indispensabile alla vita, che compiamo dal primo attimo in cui veniamo al mondo. Quando il corpo non è in grado di pensare da solo alla propria ossigenazione, è necessario intervenire con dispositivi meccanici.
Ce lo ricordano l’epidemia da coronavirus e i suoi gravi effetti. Il rischio è che, con le terapie intensive piene, non vi siano ventilatori a sufficienza per tutti. Ecco quindi che in aiuto della medicina intervengono la meccanica e l’ingegneria.

Quei ventilatori nel cassetto del MIT

Pensare a un progetto e metterlo in un cassetto; non proprio accantonato, ma di certo non attuabile con urgenza. Quante volte sarà capitato a ognuno di noi. È accaduto anche al MIT (Massachusetts Institute of Technology) negli Stati Uniti, dove un gruppo di ingegneri ha sbirciato nel cassetto chiuso da alcuni colleghi anni prima, per trovarci una vera chicca.
Un meccanismo per fare funzionare un comune ventilatore a palloncino, senza però l’ausilio umano. Il punto di partenza è il cosiddetto Ambu (auxiliary manual breathing unit) ovvero il “respiratore manuale ausiliario”. Si tratta di un pallone autoespandibile che viene azionato a mano per pompare aria nei polmoni del paziente attraverso un tubo. Una modalità salva vita ma provvisoria, che deve essere sostituta il prima possibile da un ventilatore meccanico.
Circa 10 anni fa un team di ricercatori del MIT progettò un sistema per rendere automatico il pompaggio dell’aria proprio dal pallone Ambu. Un’idea che l’emergenza Covid-19 ha reso attuale.

Il team MIT E-Vent

Proprio la diffusione del coronavirus ha portato alla formazione del MIT E-Vent, un gruppo di ricercatori dedicato alla realizzazione del ventilatore di emergenza, rispolverando il vecchio progetto dei colleghi dell’istituto di tecnologia.
Il cuore dell’idea è un sistema meccanico in grado di eseguire la compressione e il rilascio della sacca flessibile del pallone Ambu per un periodo prolungato. Il tutto in maniera controllata, alla giusta pressione, quindi senza danneggiare la sacca, e soprattutto con la garanzia di una elevata affidabilità. Il sistema non solo deve assicurare un funzionamento continuo ma deve essere modulabile sulle esigenze del singolo paziente. In ultimo, il dispositivo deve potere passare senza problemi all’utilizzo manuale.

La realtà di 5 giovani “sognatrici” afgane

Il progetto del MIT è finito anche sul tavolo di un gruppo di giovanissime afgane. Sono le cinque ragazze di uno dei team Afghan Dreamers nati da un progetto di Roya Mahboob, imprenditrice e CEO di Afghan Citadel Software Company.
Le cinque studentesse formano l’Afghan Girls Robotics Team che sta lavorando a due prototipi di ventilatori economici da utilizzare nelle strutture ospedaliere del paese che sta affrontando il contagio da Covid-19.
Le cinque ragazze – Somaya Faruqi, Dyana Wahbzadeh, Folernace Poya, Ellaham Mansori e Nahid Rahimi – hanno tra i 14 e i 17 anni e costituiscono il nuovo gruppo tutto al femminile che si occupa di robotica, secondo un programma creato ad Herat dall’imprenditrice per dare opportunità di studio e di emancipazione alle giovani afgane. Un’occasione preziosa in un paese dove lo studio e il lavoro al femminile, molto spesso, sono ancora conquiste da ottenere con fatica. Le giovani studentesse sono selezionate tra le migliori di tutto il paese e partecipano anche a competizioni internazionali, restando nel programma per due anni.

I due prototipi afgani

I prototipi di ventilatori a cui il gruppo afgano sta lavorando sono due:

  • il primo è basato proprio sul progetto americano di modifica meccanica del pallone Ambu, per il quale il team dovrebbe ricevere la consulenza progettuale di un’azienda texana, e il cui costo preventivato si aggira sui 200 dollari
  • il secondo invece prevede l’utilizzo di parti del motore della Toyota Corolla e dovrebbe costare attorno ai 300 dollari.

Entrambi i progetti, anche per contenere i costi ed essere facilmente riproducibili, devono essere realizzati utilizzando materiali reperibili in loco.

Evitare il fai-da-te

Il contenimento dei costi è una caratteristica fondamentale di questi progetti. Anche quella americana è una soluzione economicamente sostenibile: mentre un ventilatore meccanico tradizionale può arrivare a costare 30 mila dollari, il nuovo sistema di ventilazione del MIT può raggiungere un massimo di 500 dollari.
La preoccupazione degli ingegneri dell’istituto statunitense è però che il progetto, se ritenuto apparentemente semplice da realizzare, possa diventare terreno di prova di chiunque abbia un minimo di capacità ingegneristiche, in una sorta di fai-da-te che potrebbe essere davvero molto pericoloso. In realtà, perché il ventilatore possa funzionare al meglio e non mettere in pericolo la vita dei pazienti, è fondamentale che sia realizzato seguendo un rigido protocollo e con la supervisione di un medico, anche durante il suo utilizzo.
Per tale ragione, il MIT ha messo a disposizione sul sito web MIT E-Vent tutte le specifiche e una guida completa alla progettazione, comprensiva di ogni aspetto, da quello clinico a quelli meccanici e di software.
Non caso anche il gruppo delle ragazze afgane si sta muovendo collaborando con i medici e seguendo i protocolli progettuali.

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