Israele: il governo che non c’è
Scritto da Barbara Schiavulli in data Aprile 16, 2020
La sensazione per gli israeliani è quella di un deja vu perpetuo. Ieri sera è trascorsa un’altra mezzanotte, la terza scadenza persa per i leader israeliani che non sono riusciti a raggiungere il traguardo di formare un governo di unità nazionale. Il presidente israeliano Reuven Rivlin ha dato tre settimane al parlamento, la Knesset, per trovare un nuovo primo ministro che poi avrà due settimane per formare il governo o il parlamento verrà sciolto e si tornerà ad elezioni per la quarta volta in poco più di un anno.
Questa volta era toccato all’ex capo dell’Esercito, Benny Gantz, leader del partito di centro Kahol Lavan, Blu e Bianco, trovare un accordo con il primo ministro Netanyahu, esponente di estrema destra e capo del partito Likud, per una condivisione del potere. L’accordo era praticamente fatto, ma c’erano almeno un paio di punti importanti sui quali non sono riusciti a trovare un compromesso, essenzialmente per questioni ideologiche di non poco conto.
Le differenze
Dopo essere stato eletto poche settimane fa presidente del Parlamento, Gantz ha detto che si sarebbe impegnato a cercare un accordo con Netanyahu. Questo ha causato aspre divisioni all’interno del blocco antiNetanyahu e anche all’interno del suo partito Blue e Bianco, nonostante avesse sottolineato che è necessario trovare una soluzione allo stallo politico per rafforzare la capacità del paese di affrontare la pandemia di coronavirus.
Ma i punti sui quali non si riesce a mettersi d’accordo sono importanti. Uno riguarda la scelta del ministro della Giustizia che visionerà il caso di corruzione contro Netanyahu che al potere dal 2009, è il primo premier ad essere stato incriminato mentre era in carica. (Netanyahu rigetta le accuse).
Un altro punto fondamentale di attrito, riguarda il Piano di Pace proposto dal presidente americano Trump, adorato da Netanyahu che lo vorrebbe implementare subito con tanto di annessione di parti della Cisgiordania, fregandosene del diritto internazionale. Piano condannato da tutti e respinto dai palestinesi, vede Gantz più cauto e restio ad accettarlo.
Quali sono i possibili scenari nelle prossime tre settimane?
Paradossalmente ora se uno qualunque dei 120 parlamentari riuscisse a mettere insieme 61 firme di legislatori, avrebbe un mandato di 14 giorni per formare il governo. Detto questo si aprono delle possibilità, in 21 giorni possono succedere tante cose.
Netanyahu e Gantz raggiungono un accordo
Non ci sono riusciti fino ad ora, però in realtà, un accordo è già sul tavolo. E in buona parte va bene per entrambi, Netanyahu rimarrebbe al potere per altri 18 mesi, mentre Gantz diventerebbe primo ministro ad ottobre 2021, nel frattempo lui e quasi tutti i suoi compagni di Blu e Bianco diventerebbero ministri. Ci sarebbero delle rotazioni, ma se Netanyahu oggi ottenesse le sue 61 firme, in pratica potrebbe far giurare il suo governo con Gatz come vice e porre fine alla paralisi politica.
Elezioni per la quarta volta
Netanyahu potrebbe non escludere questa eventualità, ovvero tornare ad elezioni, perché in questo momento i sondaggi gli sono favorevoli, se ottenesse la maggioranza dei seggi da solo, non solo potrebbe servire un altro mandato senza dover fare compressi con Gantz, ma potrebbe anche far passare la legge sulla sua immunità che lo liberebbe dal procedimento giudiziario in corso contro di lui per corruzione e frode. Netanyahu però, sa che le elezioni non si tengono oggi, dove la gente si stringe intorno agli uomini forti nel pieno della pandemia di coronavirus (con 12 mila casi positivi), quello che la gente penserà a fine luglio o ad agosto quando si potrebbero tenere le elezioni, non è dato sapere. Soprattutto se usciti dalla tragedia sanitaria, si affonderà in quella economica, con milioni di persone disoccupate e disperate. I sondaggi potrebbero completamente ribaltarsi. Quindi una quarta elezione è possibile, ma rischiosa.
Una risicata coalizione tutta di destra
Ora che Orly Levi Abekasi, che è stato eletto in parlamento con i voti degli elettori dei laburisti e del partito di sinistra Meretz, ha ufficialmente disertato per il blocco di Netanyahu, fa si che il premier abbia 59 parlamentari dalla sua parte, gliene servirebbero solo altri due per una maggioranza minima. E si guarda ancora ai disertori, come i parlamentari di destra del partito di centro Blue e Bianco, Yoaz Hendel e Tzivi Hauser che il mese scorso hanno sventato il piano di Gantz di formare una coalizione con la Joint List (partiti arabi), i due hanno poi lasciato il partito per formarne uno nuovo, il Derekh Eretz. Potrebbero essere perfetti per Netanyahu, anche se hanno detto più volte che loro sosterranno solo un governo di unità nazionale, anche se non si possono considerare particolarmente di parola.
Una coalizione contro Netanyahu
In teoria se Netanyahu ha 58 parlamentari dalla sua parte, ce ne dovrebbero essere 62 dall’altra, abbastanza da formare una maggioranza. Ma anche in questo caso ci sono situazioni troppo diverse perché Blu e Bianco riesca a metterle insieme, tanto più che molti non hanno apprezzato che l’ex capo dell’esercito, abbia anche anche solo parlato con il premier e questo ha bruciato a Gantz qualche ponte con vecchi amici. Che riesca a fare pace e riunificarsi con loro in tre settimane è abbastanza probabile.
Un primo ministro del Likud diverso
Questo scenario rasenta la fantascienza, ed è forse il più grande incubo di Netanyahu poter essere sostituito da qualcun altro, anche se in pratica chiunque abbia le 61 firme potrebbe farlo. In passato ci hanno provato Gideon Sa’ar e Yuli Edelstain, ma il partito Likud sembra essere cementificato intorno a Netanyahu ed è improbabile che oggi qualche altro parlamentare abbia voglia di affrontare l’ira di Netanyahu qualora venisse anche solo accennato.
Non resta che aspettare altre tre settimane, per scoprire cosa accadrà nel prossimo futuro politico israeliano. E soprattutto, se la gente avrà la forza di tornare a votare munita di guanti a mascherine, e in questo caso non si tapperebbero il naso solo per il coronavirus.
Foto di copertina: Gpo
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