Casa Bianca: il primo leader siriano in visita dal 1946
Scritto da Radio Bullets in data Novembre 10, 2025
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ospiterà oggi alla Casa Bianca il suo omologo siriano Ahmed al Sharaa, accogliendo così l’ex Stato paria in una coalizione globale guidata dagli Stati Uniti per combattere il gruppo terroristico Daesh.
Si tratta della prima visita di un capo di Stato siriano alla Casa Bianca da quando la Siria ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1946, e arriva dopo che Washington ha revocato le sanzioni imposte a Damasco durante i decenni di dominio della famiglia Assad.
Al Sharaa, ex leader fondamentalista – almeno in apparenza, dal 2017 al 2025 aveva carica di emiro di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) – ha guidato le forze che hanno rovesciato l’ex dittatore Bashar al Assad lo scorso dicembre ed è stato poi nominato leader del Paese.
I due presidenti
Trump e al Sharaa si erano già incontrati a maggio in Arabia Saudita. All’epoca, il presidente statunitense aveva descritto il leader siriano come un «giovane, affascinante. Uomo duro. Con un passato forte, molto forte. Un combattente».
Era stato il primo incontro ufficiale tra Stati Uniti e Siria dal 2000, quando l’allora presidente Bill Clinton aveva incontrato Hafez al Assad, padre di Bashar.
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato che la visita «rientra negli sforzi diplomatici del presidente per incontrare chiunque nel mondo in nome della pace».
Trump ha recentemente affermato che al Sharaa «sta facendo un ottimo lavoro» e che «sono stati fatti molti progressi con la Siria» dopo l’alleggerimento delle sanzioni americane.
Un funzionario a conoscenza dei piani dell’amministrazione ha spiegato che l’ingresso della Siria nella coalizione globale contro il Daesh permetterà al Paese di collaborare più strettamente con le forze statunitensi.
Condizioni per la revoca delle sanzioni
Prima dell’arrivo di al Sharaa negli Stati Uniti, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha votato per revocare le sanzioni nei confronti del presidente siriano e di altri funzionari governativi.
Mike Waltz, ambasciatore USA presso le Nazioni Unite, ha definito la decisione «un forte segnale che la Siria è entrata in una nuova era dopo la caduta di Assad».
Al Sharaa si presenta all’incontro con le sue priorità: vuole una revoca permanente delle sanzioni che punivano la Siria per le diffuse accuse di violazioni dei diritti umani da parte del regime di Assad.
Sebbene Trump abbia sospeso temporaneamente le sanzioni del Caesar Act, una revoca permanente richiederebbe un voto del Congresso.
Due le proposte sul tavolo: quella della senatrice democratica Jeanne Shaheen, che prevede la fine delle sanzioni senza condizioni, e quella del repubblicano Lindsey Graham, alleato di Trump, che vuole invece mantenere condizioni e verifiche semestrali per la revoca.
Il Medioriente che cambia
L’incontro tra Trump e Ahmed al Sharaa segna una svolta epocale nella storia delle relazioni tra Washington e Damasco, ma anche una ri-scrittura della narrativa sul Medio Oriente post-Assad.
Dopo decenni in cui la Siria è stata isolata, accusata di terrorismo e sottoposta a un regime di sanzioni internazionali, il suo reintegro nel consesso diplomatico occidentale rappresenta una vittoria strategica per Trump: un messaggio al mondo che gli Stati Uniti restano l’attore centrale nella ridefinizione degli equilibri in Medio Oriente.
Al tempo stesso, l’apertura verso il nuovo leader siriano è anche una scommessa rischiosa.
Una nuova Siria o solo un nuovo volto?
Ahmed al Sharaa è salito al potere dopo un rovesciamento militare, in un paese ancora devastato da anni di guerra civile, crisi economica e fratture settarie.
L’ingresso di Damasco nella coalizione anti-Daesh appare più come un gesto politico che una reale convergenza militare, volto a rilegittimare il nuovo regime piuttosto che a trasformarlo in un partner affidabile.
Dal punto di vista interno, Trump capitalizza l’incontro come un trofeo diplomatico: la normalizzazione con un ex “Stato canaglia” conferma la sua strategia di deal-making, in cui i rapporti internazionali si riducono a scambi pragmatici e a riconoscimenti reciproci di forza.
Sul piano multilaterale, la decisione del Consiglio di Sicurezza di revocare le sanzioni ONU sottolinea la volontà, soprattutto russa e cinese, di chiudere la stagione Assad e aprire un nuovo capitolo nella ricostruzione siriana, dove gli interessi economici — infrastrutture, energia, rotte commerciali — saranno determinanti.
E poi, la spaccatura al Congresso americano tra chi, come Shaheen, spinge per una normalizzazione senza condizioni e chi, come Graham, vuole vincolare la Siria al rispetto dei diritti umani, riflette le due anime della politica estera statunitense: il realismo cinico di Trump e dei suoi alleati, e l’idealismo liberale che, seppur indebolito, tenta ancora di porre limiti morali alla realpolitik.
E cosi, la Siria rientra nel gioco mondiale, ma a prezzo della memoria delle sue vittime.
E mentre le bandiere si rialzano sul prato della Casa Bianca, resta la domanda: la pace è davvero possibile se nasce dal compromesso con l’oblio?
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